Fredrik Reinfeldt, l’uomo che ha rivoluzionato la destra svedese

Pubblicato il 1 Giugno 2011 alle 08:00 Autore: Antonio Scafati

Non sarà ricordato come Olof Palme o Tage Erlander, ma Fredrik Reinfeldt si è ritagliato lo stesso il suo spazio sui libri di storia della Svezia. C’è riuscito diventando il primo conservatore a vincere due elezioni di seguito, nel 2006 e poi nel 2010. Lo ha fatto in Svezia, paese dalla forte tradizione socialdemocratica, tradizione che appunto Reinfeldt ha contribuito a interrompere. Come? Rivoluzionando la politica svedese e compiendo quella ‘invasione di campo’ che gli è valsa la riconferma alle elezioni dello scorso settembre.

Classe 1965, Fredrik Reinfeldt ha meno di trent’anni quando viene eletto presidente del partito dei giovani Moderati. È il 1992 e la sua gavetta politica dura una decina di anni perché nell’ottobre del 2003 prende il posto di Bo Lundgren, diventando leader del Partito Moderato Unito. Gli bastano tre anni per rivoluzionare prima il suo stesso partito, poi tutta la destra svedese e infine l’intero sistema politico.

Reinfeldt è l’uomo giusto al momento giusto. I socialdemocratici danno segni di stanchezza, Göran Persson è un leader che in tanti considerano ai titoli di coda. L’intera socialdemocrazia in Svezia non riesce più a esercitare il fascino degli anni d’oro: né riesce a gestire efficacemente un tema caldo come la disoccupazione, che non scende come dovrebbe. Il partito di Persson affronta le elezioni del 2006 senza l’energia mostrata altre volte, con gli stessi linguaggi e le stesse proposte, sottovalutando la portata di quello che nel frattempo è successo dall’altra parte della barricata.

Perché a destra tanto è successo. Sin dalla nomina a leader del partito, Reinfeldt insieme ad alcuni stretti collaboratori incomincia la sua rivoluzione con un gesto semplice ma simbolico: cambia il nome del partito da Moderati a Nuovi Moderati. Non si tratta solo di aggiungere una parola, si tratta di lanciare il partito verso le nuove sfide e di farlo armandolo di argomenti nuovi. Rispetto a Bo Lundgren, Reinfeldt sfuma le critiche nei confronti del governo socialdemocratico: propone una politica rivolta soprattutto al lavoro, propone di abbassare le tasse ai lavoratori (soprattutto a coloro che non guadagnano molto) e in generale si pone di fronte alla ‘questione tasse’ (storico cavallo di battaglia della destra) in maniera meno spregiudicata; afferma che si deve guardare di più alla giustizia sociale; promette di difendere il grande edificio del welfare e di non stravolgere il mercato del lavoro pur volendo introdurre più flessibilità. In pratica sconfina in quello che per decenni era stato il giardino privato dei socialdemocratici: stato sociale e lavoro. E si presenta come un’alternativa in grado di apportare modifiche a una struttura oliata ma che necessita comunque di qualche correzione.

A questo aggiunge un altro elemento. Reinfeldt stringe accordi con gli altri partiti di centro-destra: il Partito di Centro, il Partito Popolare Liberale e i Democratici Cristiani. L’Alleanza per la Svezia nasce ufficialmente il 30 agosto 2004, con la pubblicazione di un articolo firmato dai quattro leader sul quotidiano Dagens Nyheter. È un passaggio fondamentale. I partiti conservatori avevano già governato la Svezia (l’ultima volta tra il 1991 e il 1994, con Carl Bildt primo ministro), ma i rapporti tra le varie forze erano sempre stati difficili. Reinfeldt invece costruisce un gruppo coeso, con un’organizzazione e un programma definiti. È una scelta lungimirante: alle elezioni del 2006 l’Alleanza per la Svezia ottiene il 51% dei seggi in Parlamento. Il partito Moderato cresce di 11 punti rispetto al 2002, raggiungendo il 26,2% e rubando voti anche ai socialdemocratici.

Nei quattro anni del suo primo governo, Reinfeldt ha dovuto affrontare soprattutto la crisi economica. Ne è uscito bene. I conti pubblici hanno tenuto e ha tenuto pure la politica che l’Alleanza ha messo in campo per farvi fronte. Ma il successo più grande è quello di aver traghettato la sua coalizione attraverso quattro anni di legislatura: nella storia svedese, le alleanze conservatrici si erano logorate e poi sfaldate proprio una volta al governo. Così non è stato per l’Alleanza, che ha chiuso il 2010 (e ha dunque affrontato le elezioni dello scorso settembre) potendo vantare una disoccupazione in diminuzione, un bilancio in equilibrio e un Pil al +7,3%, addirittura oltre le previsioni. Così Reinfeldt ha affrontato le elezioni da una posizione molto forte, al contrario di quello che nel frattempo succedeva nello schieramento avversario. L’unione delle formazioni di centro-destra ha spinto infatti i socialdemocratici a correre ai ripari tentando a loro volta via delle alleanze con gli altri partiti di sinistra, che per le elezioni del 2010 hanno stretto un accordo: ma i risultati non sono stati positivi, i Rödgröna (la coalizione dei ‘rosso-verdi’) non è stata premiata dagli elettori che l’hanno vista più come un pasticcio. Non solo. Nella campagna elettorale del 2010 Reinfeldt non ha permesso ai socialdemocratici di tornare ad esercitare un ruolo egemone sugli argomenti cari alla sinistra. Incentrando il proprio programma sul welfare, l’istruzione e l’economia, nella campagna del 2010 Reinfeldt ha continuato a presentarsi come l’incrocio tra homo liberalis e homo socialdemocraticus, secondo la definizione che diede di lui Maurizio Ferrera sulle colonne del Corriere della Sera del settembre 2006, all’indomani della prima elezione: l’uomo, cioè, che propone una soluzione di compromesso tra mercato e welfare.

La Svezia lo ha scelto di nuovo: Fredrik Reinfeldt è stato il primo premier conservatore a essere rieletto nella storia della politica svedese. La svolta è epocale. Non ha raggiunto la maggioranza assoluta (il 5,7% ottenuto dai Democratici svedesi gli ha di fatto sottratto i seggi necessari) eppure l’Alleanza per la Svezia ha navigato serenamente in questi primi mesi di governo. Un governo che è di minoranza, come è prassi nella storia svedese, ma che non ha dovuto affrontare scogli particolarmente difficili.

È una vittoria che Fredrick Reinfeldt può vantare. Nel suo palmares ci sono già due elezioni vinte. Ha battuto Göran Persson e ha battuto Mona Sahlin, entrambi leader dei socialdemocratici ed entrambi costretti alle dimissioni. Il suo prossimo avversario si chiama Håkon Juholt, ma le elezioni sono lontane: si voterà nel 2014, in un paese che, vada come vada, non è più lo stesso rispetto al 2003, quando Reinfeldt diventava leader dei Moderati e incominciava a cambiare la storia politica della Svezia.

 

L'autore: Antonio Scafati

Antonio Scafati è nato a Roma nel 1984. Dopo la gavetta presso alcune testate locali è approdato alla redazione Tg di RomaUno tv, la più importante emittente televisiva privata del Lazio, dove è rimasto per due anni e mezzo. Si è occupato per anni di paesi scandinavi: ha firmato articoli su diverse testate tra cui Area, L’Occidentale, Lettera43. È autore di “Rugby per non frequentanti”, guida multimediale edita da Il Menocchio. Ha coordinato la redazione Esteri di TermometroPolitico fino al dicembre 2014. Follow @antonio_scafati
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