“Il volto di un’altra” di Pappi Corsicato

Pubblicato il 16 Aprile 2013 alle 15:51 Autore: Nadia Ruggiero

Forbici e bisturi: la chirurgia estetica torna al cinema. “Il volto di un’altra”, ultimo film del regista Pappi Corsicato, tratteggia gli eccessi di un mondo patinato e illusorio. Direttamente sul corpo delle pazienti. E dei pazienti anche. Sì, perché la ricerca dell’eterna gioventù non è una questione di genere.

Nella clinica Belle Vie, immersa nel verde dei monti, scorre una vita parallela e surreale. Donne e uomini, lividi in viso e bendati qua e là, aspettano di cancellare le proprie imperfezioni fisiche e assurgere a vita nuova. Intanto i proprietari della struttura, la conduttrice televisiva Bella  interpretata da Laura Chiatti – e suo marito René, chirurgo estetico un convincente Alessandro Preziosi , sono ormai sul lastrico, quando apprendono che Bella è stata rimossa dalla conduzione dello show televisivo in cui René pratica interventi chirurgici agli ospiti. Bella minaccia vendetta, offesa dalla rivelazione inaccettabile che il suo viso ha stancato il pubblico, e a René tocca dover contenere le ire della moglie. Ma con scarsi risultati: Bella si infila in auto e sparisce inviperita, dirigendosi verso la clinica.

Mentre la radio trasmette la minaccia di un asteroide che si abbatte sulla terra, ben altro oggetto si schianta contro il parabrezza della sua vettura: una tazza del water, schizzata dal furgone di Tru TruLino Guanciale –, addetto all’impianto fognario di Belle Vie. Accortosi dell’incidente che ha involontariamente provocato e per non far ricadere la colpa su di sé, Tru Tru raccoglie Bella dall’auto in una maschera di sangue e la accompagna in clinica, raccontando di averla trovata così ridotta passando di lì per caso.

In una sala operatoria in bianco e nero, dove si esorcizza il senso del macabro e persino il sangue non sembra più sangue, allontanate tre infermiere che osservano la scena dietro una grottesca vetrina di occhi, orecchie e labbra posticci – stile non vedo-non sento-non parlo –, in completa solitudine René interviene sul viso di Bella. Completamente fasciato in seguito all’intervento, a nessuno è permesso di vedere quello che René ha annunciato come un volto del tutto sfigurato. Intanto il destino avverso toccato alla donna attira curiosi, giornalisti e fotografi, che si appostano all’esterno della clinica, trasformandola in una sorta di luna park del voyeurismo.

Ne Il volto di un’altra si assiste al trionfo del grottesco. Le pareti avorio della clinica e i suoi luminosissimi corridoi contrastano con i colori accesi e lo stile pop che caratterizzano certe scene. Il film è una continua ricostruzione del surreale. A partire da ciò che causa l’incidente di Bella, il vaso sanitario infranto contro il vetro. Surreale è la cinica suora – interpretata da Iaia Forte che si aggira per la struttura con l’intento di somministrare purghe ai pazienti. Surreale è la scena degli obesi che tentano, saltellando, di levarsi dal suolo per addentare una mela sospesa in aria. Surreale è l’esibizione dei ventriloqui canterini, capitanati da Tru Tru. E chi più ne ha più ne metta.

In questo mondo ovattato, in cui non esiste un confine netto tra essere e apparire, l’unica cosa che conta sembra essere il successo, da raggiungere – e mantenere – ad ogni costo. Pur di tenere accese le luci di ribalta, Bella è disposta a farsi cambiare i connotati. Pur di arricchirsi e diventare famoso, Tru Tru cede al ricatto e alla tentazione di imboccare facili scorciatoie. Pur di non vivere più all’ombra di sua moglie e di diventare egli stesso protagonista, René trama alle sue spalle ed è disposto a sacrificarla.

Così, mentre si svelano le debolezze e le miserie umane, un pubblico amorfo e sedato sciuperà la possibilità di scoprire la menzogna e smascherare i bugiardi, applaudendo all’inganno come fosse una trovata geniale. Incredula di fronte a tanta ottusità, persino Bella abbandonerà questa platea compiaciuta e compiacente, inevitabilmente destinata ad essere sommersa da litri di feci sgorganti dalle fognature impazzite. In una scena che rende ovvia ogni metafora.

L'autore: Nadia Ruggiero

Di origini campane, si è specializzata in Mass Media e Comunicazione presso l'Università degli Studi di Napoli Federico II e ha conseguito il master Social Media Marketing & Digital Communication alla IULM di Milano. Giornalista pubblicista iscritta all'Albo, per la testata online Termometro Politico ha inaugurato le rubriche culturali e contribuito alla redazione di numerosi articoli. Come addetta stampa ha curato una campagna di comunicazione per il lancio di un progetto musicale basato sul crowdfunding. Vive e lavora a Bologna.
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