Berlusconi incalza Letta “più coraggio con la Merkel”

Pubblicato il 7 Giugno 2013 alle 12:19 Autore: Gianluca Mercuri
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Silvio Berlusconi chiede al Governo una linea più aggressiva nei confronti  di Angela Merkel e della supremazia tedesca in Europa.

In una intervista in edicola quest’oggi sul Foglio del direttore Giuliano Ferrara l’ex premier chiede a Enrico Letta di far sentire con prepotenza la voce dell’Italia nei prossimi vertici internazionali, per contrastare quelle che definisce “forze negative e paralizzanti” che non vorrebbero l’uscita dalla recessione.

Arrivando a minacciare l’uscita dall’Euro: “serve un braccio di ferro – con la Germania del Cancelliere Angela Merkel – allo scopo di convincere i Paesi trainanti dell’Europa che siamo di fronte ad una alternativa secca”. O si cambia strategia politica in senso espansivo, riattivando la domanda, oppure si è destinati a vedere scomparire tutti i processi unificatori dell’Unione Europea.

Nell’analisi del contesto economico europeo Berlusconi sembra focalizzare una minaccia esterna ai patrimoni ed alla ricchezza nazionale: “un’Italia che perde ancora peso e ricchezza oltre quello che ha già perso, pronta ad essere messa all’incanto con metodi egemonici da chi è in posizione di forza, non è una prospettiva accettabile.

Questo è il contenuto vero di “quello che chiamo il braccio di ferro”. Una possibile interpretazione di questa dichiarazione riguarda i grandi patrimoni industriali che il nostro Paese ancora possiede: Eni-Finmeccanica in testa, da tempo nel mirino di colossi stranieri. Berlusconi pare preoccupato da uno scenario di movimenti finanziari pronti a colpire il Belpaese.

L’affermazione “Italia pronta ad essere messa all’incanto” delinea da parte del Cavaliere il sentire del pericolo di una asta straniera sui gioielli nazionali. Inquadrata in un contesto internazionale, questa prospettiva pare ben conciliarsi con l’analisi, proposta su “Il Giornale” da Gian Micalessin, di un quadro geopolitico che avrebbe in qualche misura ostacolato l’asse che Berlusconi, in politica estera, ha sviluppato con Mosca, Ankara e Tripoli.

Micalessin nelle sue considerazioni collega l’ostilità dell’amministrazione Obama e della Germania nei confronti di Berlusconi al progetto South Stream, di grandissimo peso economico e geopolitico. Si tratta di un gigantesco corridoio destinato a trasportare gas dalla Russia al cuore dell’Europa, avendo come punti strategici Turchia ed Italia, per aggirare l’ostacolo ucraino da tempo avverso a Mosca.

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Questo progetto e la posizione di naturale ponte dell’Italia sul Nordafrica – e da qui la politica di amicizia con Gheddafi avanzata esplicitamente da Berlusconi, ma iniziata da Prodi e ancor prima dai rapporti Fiat-Tripoli – contrastano con le strategie tedesche e statunitensi. Berlino ha da tempo avallato un progetto simile al South Stream ma nel nord Europeo, e chiaramente i due progetti simili collidono.

Gli Usa d’altra parte temono una eccessiva dipendenza europea dal gas russo, soprattutto in vista di future alleanze. In questo contesto l’Italia si trova proprio nel crocevia dei due corridoi del gas, e per questo la politica internazionale italiana può giocare un ruolo davvero importante. Annotazione storica che in qualche modo pare confermare la tesi di Micalessin.

In tre anni la caduta di Mubarak e Gheddafi (in rapporti più che cordiali con Berlusconi) ed ora la crisi politica che Erdogan sta affrontando in Turchia sembrano avere, come filo conduttore, questa nascosta ma importantissima battaglia del gas.

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