Perché il doping?

Pubblicato il 16 Luglio 2013 alle 10:04 Autore: Stefano Merlino

Doping: cosa c’è nella testa dell’atleta che assume sostanze dopanti?

Sicuramente la voglia di vincere, di successo, di essere, per almeno una volta nella propria vita, sul gradino più alto.

Ma anche la volontà di cancellare dalla propria vita sportiva la sofferenza degli allenamenti e delle rinunce: ottenere il massimo con il minimo degli sforzi, questa è la ricetta.

L’atleta che ricorre alle sostanze proibite è una persona normalissima, con tutto le proprie fragilità e debolezze. Ma è allo stesso tempo una mente spaventosamente diabolica, che non vuole accettare i limiti del proprio corpo. Che non vuole accettare il proprio corpo.

Perché la parola più vergognosa che esista per uno sportivo non può definitivamente scomparire? La lotta al doping segna un altro momento “importante”, inaspettato perché colpisce un mondo che già nel passato era stato colpito, e che sembrava definitivamente ripulito. Forse non lo era del tutto.

Il primo era stato Ben Johnson alle Olimpiadi di Seul del 1988. L’esasperazione da millesimo di secondo miete ancora delle vittime tra i velocisti, nomi illustri dell’atletica.

ben johnson

L’atleta giamaicano Asafa Powell, che assieme al suo connazionale Usain Bolt, fortunatamente estraneo alla vicenda, ha sfidato qualsiasi legge della fisica, è stato trovato positivo ad uno stimolante chiamato oxilofrine.

Le analisi, effettuate a Maggio in Giamaica, hanno dimostrato che l’atleta avrebbe assunto questa sostanza, chissà se volontariamente o no.

Da Lignano Sabbiadoro, location anche quest’anno scelta da diversi atleti giamaicani per degli allenamenti, Powell grida la sua innocenza.

Prevedibile per chi è considerato tra i più veloci di sempre. Purtroppo per lui, la vicenda rischia di allargarsi, dato che, pare, siano state trovate in diverse stanze d’albergo ingenti e quindi anomale quantità di farmaci. Non si sa se proibiti o meno, ma che non dovevano esserci nella stanza di un campione dell’atletica.

tison gay

La vergogna non finisce qui, perché da Amsterdam arriva una confessione scioccante: «Non ho una storia di sabotaggio da raccontare. Sostanzialmente mi sono fidato di qualcuno che mi ha deluso. So esattamente cosa è successo, ma non posso parlarne ora. Spero di correre ancora ma accetterò qualunque punizione da uomo». E’ l’uomo più veloce del 2013 con il suo 9’’75 da paura, è Tyson Gay a parlare, a dichiarare al mondo di aver assunto una non precisata sostanza proibita, forse (c’è da crederci?) inconsapevolmente. Fidandosi di qualcuno che ha rovinato la sua carriera, il suo anno del rilancio, che l’ha fatto allontanare dal suo sponsor.

L'autore: Stefano Merlino

Sono nato nel 1987 e da sempre mi piace scrivere. stefano.merlino@termometropolitico.it (Twitter: @stefano_mago)
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