Quell’emendamento che avrebbe cancellato Mani Pulite

Pubblicato il 27 Luglio 2013 alle 12:57 Autore: Gabriele Maestri
depistaggio

Chissà se, dopo la maratona di discussione alla Camera per approvare il “decreto del Fare” qualcuno dei deputati sarà sufficientemente sveglio per leggere con cura e capire le norme che dovrebbe votare…La domanda è lecita, visto che può bastare un emendamento, dall’aspetto innocente, piazzato lì in mezzo a tanti, e improvvisamente viene cancellata una disposizione fondamentale del sistema penale, quasi senza che qualcuno se ne accorga.

Ad esempio, quella sul finanziamento illecito ai partiti, minata da giorni da una proposta di modifica targata Pdl.

Capita così che nel disegno di legge (Atto Camera 1154) che dovrebbe superare il sistema del finanziamento pubblico diretto  ci sia l’articolo 10 che prevede il già noto (e non troppo gradevole) meccanismo della destinazione volontaria ai partiti del 2 per mille dell’Irpef e che alla commissione Affari costituzionali il 17 luglio sia presentato l’emendamento 10.03 che richiede l’inserimento di un articolo 10-bis, che vista la collocazione si presume riguardi anch’esso il 2 per mille o qualcosa di simile.

Di tutt’altro tenore il testo dell’unico comma: «All’articolo 7, terzo comma, della legge 2 maggio 1974, n. 195, le parole da “reclusione” a “triplo” sono sostituite dalle seguenti: “sanzione amministrativa pecuniaria pari al triplo”».

Detto così non si capisce nulla, ma a digitare su Google gli estremi della legge (rubricata «Contributo dello Stato al finanziamento dei partiti politici») si scopre che il terzo comma dell’articolo 7 oggi prevede il carcere (da 6 mesi a 4 anni) e una multa fino al triplo delle somme versate in violazione della legge per «Chiunque corrisponde o riceve contributi in violazione dei divieti previsti dai commi precedenti»: vale quando a finanziare partiti o gruppi parlamentari siano organi della pubblica amministrazione, di enti pubblici, di società con partecipazione di capitale pubblico superiore al 20 per cento (o anche con partecipazione minore, se il pubblico controlla la società) o altri soggetti, magari privati, controllati da quelle stesse società, oppure quando il finanziamento viene da ogni altro tipo di società e il contributo non sia stato deliberato dagli appositi organi o non sia stato iscritto nel bilancio della società stessa.

Per farla breve, se un’ex azienda municipalizzata oggi finanzia un partito, i suoi dirigenti vanno (o dovrebbero andare) in galera e devono pagare una multa; se passasse l’emendamento in questione, la cella non la vedrebbero mai, mentre continuerebbero a dover pagare il triplo del versato, ma sarebbe solo una sanzione amministrativa e la “fedina penale” non risulterebbe macchiata.

maurizio bianconi emendamento anti mani pulite

Se si va a vedere chi ha proposto una decina di giorni fa l’emendamento, escono i nomi di Maurizio Bianconi (vicesegretario amministrativo del Pdl, dunque tra coloro che si occupano più da vicino dei conti del partito), Annagrazia Calabria (coordinatrice nazionale di Giovane Italia), Elena Centemero (coordinatrice nazionale scuola e cultura del Pdl), Laura Ravetto (ex sottosegretario per i rapporti col Parlamento nell’ultimo governo Berlusconi) e Francesco Saverio Romano (già ministro dell’agricoltura in quota Popolari di Italia domani, dopo aver abbandonato a tempo debito l’Udc).

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L'autore: Gabriele Maestri

Gabriele Maestri (1983), laureato in Giurisprudenza, è giornalista pubblicista e collabora con varie testate occupandosi di cronaca, politica e musica. Dottore di ricerca in Teoria dello Stato e Istituzioni politiche comparate presso l’Università di Roma La Sapienza e di nuovo dottorando in Scienze politiche - Studi di genere all'Università di Roma Tre (dove è stato assegnista di ricerca in Diritto pubblico comparato). E' inoltre collaboratore della cattedra di Diritto costituzionale presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Parma, dove si occupa di diritto della radiotelevisione, educazione alla cittadinanza, bioetica e diritto dei partiti, con particolare riguardo ai loro emblemi. Ha scritto i libri "I simboli della discordia. Normativa e decisioni sui contrassegni dei partiti" (Giuffrè, 2012), "Per un pugno di simboli. Storie e mattane di una democrazia andata a male" (prefazione di Filippo Ceccarelli, Aracne, 2014) e, con Alberto Bertoli, "Come un uomo" (Infinito edizioni, 2015). Cura il sito www.isimbolidelladiscordia.it; collabora con TP dal 2013.
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