Si ama la pubblicità anche senza essere pubblicitari. Parola di Bill

Pubblicato il 9 Agosto 2013 alle 14:51 Autore: Francesca Garrisi

Un motto fondamentale per i pubblicitari? “Puoi dire la cosa giusta su un prodotto e nessuno ti ascolterà; devi dirla in modo che la gente la senta realmente dentro di sé; perché se non se la sente veramente dentro, allora sicuramente non succederà nulla”.

In queste parole troviamo una sorta di summa del pensiero di William “Bill” Bernbach (New York, 13 agosto 1911 – New York, 2 ottobre 1982), pubblicitario che animò la cosiddetta seconda rivoluzione creativa dell’advertising made in USA negli anni Cinquanta.

Advertising Age, una delle più influenti riviste di settore a livello mondiale, ha definito Bernbach la figura più importante nella storia della pubblicità del XX secolo. A lui s’ispira Bill, testata a cura di Tita srl, che, come si legge sul sito “non si rivolge solo alla gente del mestiere. Nasce per raccontare la ricchezza dell’advertising anche attraverso i suoi rapporti con la cultura, la società, l’economia, la politica”. Per comprendere lo spirito che anima la rivista è necessario prima di tutto fare un passo indietro, ricostruendo i tratti fondamentali del percorso di Bernbach.

William Bernbach

Cosa ha reso praticamente indelebile e decisivo il suo contributo in materia di pubblicità? Il suo sguardo visionario e coraggioso, che rifiutava di seguire pedissequamente i dettami connessi alla teoria comunicativa dell’Ago Ipodermico (Bullet Theory), all’epoca largamente condivisa.

In base a essa, il messaggio veicolato da un mezzo di comunicazione di massa raggiunge ciascun individuo, alla stregua di un proiettile, quasi impallinandolo. Come una sostanza inoculata direttamente nel sangue, il messaggio agisce sul singolo senza che quest’ultimo abbia possibilità alcuna di opporsi a esso, in una condizione di totale passività.

Dal canto suo, Bernbach sosteneva invece che “la verità non può essere tale fino a quando la gente non crede effettivamente in te. E non può credere in te se non sa ciò che stai dicendo. E non sa ciò che stai dicendo se non ti ascolta. E certo non ti ascolterà se non riuscirai a essere interessante. E non sarai interessante finché non dirai le cose con fantasia, originalità e freschezza”.

Bernbach ideò un metodo di lavoro definito Negative Approach, che poneva l’accento su aspetti apparentemente critici e/o lacunosi del prodotto, rovesciandone la visione. Così, per “aggredire” un mercato come quello statunitense in cui le automobili di grandi dimensioni erano un vero e proprio status symbol, lui pensò bene di suggerire al consumatore di “pensare in piccolo” (un’auto di dimensioni ridotte comporta, tra i tanti vantaggi, un prezzo più basso, consumi contenuti)… e acquistare il maggiolone Volkswagen.

(Per proseguire la lettura cliccate su “2”)

L'autore: Francesca Garrisi

31 anni, una laurea in Scienze della Comunicazione e poi un master in comunicazione d’impresa e comunicazione pubblica. Ha collaborato con l’Osservatorio di Comunicazione Politica dell’Università del Salento, e come stagista con il settore Comunicazione Istituzionale della Regione Puglia. Ha scritto per l’mPAZiente, bimestrale d’inchiesta salentino, e a oggi collabora con Termometro Politico e il settimanale salentino Extra Magazine. Un po’ Monty Python un po’ Cuore Selvaggio, è innamorata della lingua tedesca, che ritiene ingiustamente sottovalutata e bistrattata
Tutti gli articoli di Francesca Garrisi →