Berlusconi, Giunta verso il no alla Consulta?

Pubblicato il 2 Settembre 2013 alle 12:00 Autore: Gabriele Maestri

Probabilmente il 9 settembre non si deciderà nulla, magari la seduta sarà più “tecnica” e interlocutoria che “concreta”, ma oggi si può dire che è ufficialmente iniziato il conto alla rovescia della settimana che separa dal momento in cui la Giunta delle elezioni del Senato inizierà a discutere della decadenza di Silvio Berlusconi in seguito alla sua condanna definitiva, in base alla “legge Severino”.

Le posizioni ufficiali degli schieramenti sono ben note: da una parte il Pd, Sel e il M5S intenzionati a votare per la decadenza di Berlusconi, dall’altra il Pdl (ma anche la Lega) su posizioni opposte, che prevedono anche l’opportunità che la Giunta di Palazzo Madama decida di rinviare le disposizioni che dispongono l’incandidabilità alla Corte costituzionale, perché si pronunci sulla legittimità delle norme, in particolare della loro applicazione retroattiva. Quest’ipotesi, tuttavia, da oggi sembra più lontana.

Ufficialmente il Partito democratico non ha ancora preso una posizione sul comportamento da tenere di fronte a una richiesta del Pdl (e del relatore del “caso Berlusconi”, Andrea Augello, dello stesso partito) di ricorrere alla Consulta e sospendere nel frattempo il procedimento; l’ipotesi, come è noto, è stata contemplata anche da Luciano Violante, non senza reazioni negative da parte di dirigenti e iscritti Pd. Il quotidiano La Stampa, tuttavia, ha intervistato via posta elettronica i componenti della Giunta e, dalle risposte, sembra di capire che la maggioranza dei membri escluda l’ipotesi di una questione di legittimità costituzionale.

dario stefàno

L’idea, in particolare, sarebbe condivisa da quasi tutti i senatori del Pd (che conta 8 componenti), oltre che dal presidente della Giunta Dario Stefàno (Sel), dal M5S (4 membri) e da Benedetto Della Vedova, rappresentante del gruppo Scelta Civica. In tutto, dunque, la soluzione dell’intervento della Consulta sarebbe scartata da 14 componenti, chiaramente in maggioranza su un numero totale di 23.

Molte delle risposte, tuttavia, sono legate a aspetti soprattutto formali, primo tra tutti il dubbio sul fatto che la Giunta sia un organo giurisdizionale e possa sollevare questioni di costituzionalità. Molti giuristi intervenuti in questi giorni ritengono che questo sia possibile, ma non ci sono precedenti e, di contro, lo stesso presidente Stefàno cita casi recentissimi in cui questioni di legittimità costituzionale sulla vigente legge elettorale sono stati respinti (anche se il contesto era in parte diverso da quello che si ha ora).

Altri sostengono che sarebbe assurdo mettere in discussione la costituzionalità di una legge approvata (a larga maggioranza)  pochi mesi fa, quando il Parlamento potrebbe semplicemente cambiarla. Alcuni giuristi, peraltro, hanno fatto notare che – ferma restando la possibilità che le Camere cambino la legge – qui non si discute tanto dell’incostituzionalità di una norma in sé, quanto la sua applicabilità in modo retroattivo, cosa su cui il Parlamento uscente non si era certo pronunciato con chiarezza.

In ogni caso, se i numeri saranno quelli che si possono desumere ora, si dovrebbe arrivare a una decisione della Giunta in tempi relativamente brevi (qualche giorno o al più qualche settimana, mentre l’intervento della Consulta richiederebbe una sospensione di alcuni mesi).

Difficilmente quella decisione potrebbe essere favorevole a Berlusconi, che comunque nel giro di qualche settimana dovrà fare i conti anche con la sentenza della Corte d’Appello di Milano che ricalcolerà la durata dell’interdizione dai pubblici uffici. Sempre che, naturalmente, i suoi avvocati non scelgano di ricorrere, anche stavolta, in Cassazione.

L'autore: Gabriele Maestri

Gabriele Maestri (1983), laureato in Giurisprudenza, è giornalista pubblicista e collabora con varie testate occupandosi di cronaca, politica e musica. Dottore di ricerca in Teoria dello Stato e Istituzioni politiche comparate presso l’Università di Roma La Sapienza e di nuovo dottorando in Scienze politiche - Studi di genere all'Università di Roma Tre (dove è stato assegnista di ricerca in Diritto pubblico comparato). E' inoltre collaboratore della cattedra di Diritto costituzionale presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Parma, dove si occupa di diritto della radiotelevisione, educazione alla cittadinanza, bioetica e diritto dei partiti, con particolare riguardo ai loro emblemi. Ha scritto i libri "I simboli della discordia. Normativa e decisioni sui contrassegni dei partiti" (Giuffrè, 2012), "Per un pugno di simboli. Storie e mattane di una democrazia andata a male" (prefazione di Filippo Ceccarelli, Aracne, 2014) e, con Alberto Bertoli, "Come un uomo" (Infinito edizioni, 2015). Cura il sito www.isimbolidelladiscordia.it; collabora con TP dal 2013.
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