Crisi, il Quirinale prepara l’alternativa

Pubblicato il 5 Settembre 2013 alle 10:48 Autore: Gabriele Maestri

Il carico da undici, in grado di “strozzare” (neanche tanto metaforicamente) il governo, Silvio Berlusconi non l’ha ancora calato. Per ora. Potrebbe farlo presto (subito prima o subito dopo l’inizio della discussione in Senato sulla decadenza del Cavaliere), potrebbe attendere molto. In ogni caso, il Quirinale non vuole farsi cogliere impreparato.

Mentre pare quasi certo che Berlusconi abbia registrato in anticipo il videomessaggio con cui dare il sostanziale benservito al governo Letta (ritirando ministri e fiducia), ma voglia prima accertarsi di avere i numeri per farlo, chi conosce bene le dinamiche del Colle avverte che i timori che la situazione possa realmente diventare ingestibile e, di conseguenza, metta a rischio la stabilità dell’intero sistema, ci sono eccome.

L’eventuale scelta definitiva del Pdl punterebbe, come è ovvio, a ottenere elezioni in tempi brevi, magari entro novembre, giocandosi il tutto per tutto pur di vincere: naturalmente, però, gli uffici elettorali potrebbero facilmente eliminare Berlusconi dalle liste (a norma della nota e fin qui applicabile e applicata “legge Severino”) qualora si candidasse, mentre nulla potrebbero fare se fosse solo il capo della coalizione di centrodestra (non è una candidatura a tutti gli effetti).

giorgio napolitano nomina quattro senatori a vita

Questa ipotesi, tuttavia, non farebbe i conti con il suo ostacolo maggiore: il Quirinale. Napolitano, da sempre convinto che lo scioglimento delle Camere sia esclusivamente una sua prerogativa (senza che il Governo o altri possano avere parte significativa), nelle ultime dichiarazioni ha fatto capire senza ombra di dubbio che, di far finire ora la legislatura (specie mentre è in vigore il Porcellum) non ha la minima intenzione.

A quel punto, se si arrivasse davvero al ritiro dei ministri del Pdl, resterebbero in campo pochissime ipotesi. La prima: rinviare Letta alle Camere, chiedendogli di verificare l’esistenza di una “nuova” maggioranza. Che non potrebbe prescindere – per lo meno a Palazzo Madama – da un certo numero di transfughi del Pdl e del M5S, oltre che dal sostegno dei neocreati senatori a vita. Sulla stabilità (e prima ancora sulla fattibilità) di un’opzione simile, tuttavia, sarebbe impossibile fare previsioni. 

La seconda possibilità sarebbe costituita dal varo di un nuovo esecutivo, presieduto sempre da Enrico Letta o da un altra personalità politica (ma chi?), che si assuma l’impegno di traghettare l’Italia verso un non meglio precisato obiettivo, che sia il superamento della legge elettorale attuale o (magari) la conclusione del semestre italiano di presidenza UE. Anche qui, però, valgono le stesse incognite di prima (e, come prima, non è dato sapere come la prenderebbero i mercati).

La terza soluzione, in realtà, il Colle non la considera proprio: un modo di garantire una completa “agibilità politica” a Berlusconi – quello che, senza molti giri di parole, il centrodestra pretenderebbe – non c’è, men che meno è nella disponibilità del Capo dello Stato. La partita, insomma, è ancora concitata e il tavoliere scotta: rischiano di bruciarsi tutti, a partire dal Paese.

Tutte soluzioni però che vengono smentite da fonti vicine al Quirinale. Il capo dello Stato non starebbe “studiando o meditando il da farsi, nel caso in cui venga aperta una crisi di governo”. Questo perché Napolitano “conserva fiducia nelle ripetute dichiarazioni di Silvio Berlusconi a sostegno del governo Letta”.

L'autore: Gabriele Maestri

Gabriele Maestri (1983), laureato in Giurisprudenza, è giornalista pubblicista e collabora con varie testate occupandosi di cronaca, politica e musica. Dottore di ricerca in Teoria dello Stato e Istituzioni politiche comparate presso l’Università di Roma La Sapienza e di nuovo dottorando in Scienze politiche - Studi di genere all'Università di Roma Tre (dove è stato assegnista di ricerca in Diritto pubblico comparato). E' inoltre collaboratore della cattedra di Diritto costituzionale presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Parma, dove si occupa di diritto della radiotelevisione, educazione alla cittadinanza, bioetica e diritto dei partiti, con particolare riguardo ai loro emblemi. Ha scritto i libri "I simboli della discordia. Normativa e decisioni sui contrassegni dei partiti" (Giuffrè, 2012), "Per un pugno di simboli. Storie e mattane di una democrazia andata a male" (prefazione di Filippo Ceccarelli, Aracne, 2014) e, con Alberto Bertoli, "Come un uomo" (Infinito edizioni, 2015). Cura il sito www.isimbolidelladiscordia.it; collabora con TP dal 2013.
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