Decadenza di Berlusconi, “duello” tra Grasso e Beppe Grillo sul voto segreto al Senato

Pubblicato il 15 Settembre 2013 alle 19:11 Autore: Gabriele Maestri

Segreto sì, segreto no. Non si ferma il dibattito sulla natura del voto con cui la Giunta delle elezioni e l’aula del Senato dovranno esprimersi sulla vicenda di Silvio Berlusconi, decidendo sulla sua decadenza in base alla “legge Severino”. A mettere nuova legna al fuoco, il presidente del Senato, Pietro Grasso, interpellato a Cortona a margine della Scuola di formazione politica del Pd.

GRASSO: SEGRETO, MA PARLIAMONE

“Si applicheranno i regolamenti – ha dichiarato ieri la guida di Palazzo Madama -. Non è previsto il voto palese, quando si vota per una persona il voto e’ segreto”. Con queste parole Grasso ha dimostrato di aderire, almeno in prima battuta, alla tesi espressa dal Pdl che nega la possibilità che si possa procedere a scrutinio palese per il voto su Berlusconi (“Il Pdl farà da argine a qualsiasi forzatura di regole – ha dichiarato con fermezza il capogruppo dei senatori Renato Schifani – che fino ad oggi hanno caratterizzato il corretto funzionamento del Senato“).

piero grasso su tav e muos possibile approccio diverso

La posizione di Grasso, va detto, è figlia di una lettura molto “letterale” del regolamento, che effettivamente prevede sempre lo scrutinio segreto quando si voti su una persona. Essa non tiene però conto di pronunciamenti interpretativi precedenti che hanno invece ritenuto che per i voti di Giunta e di Aula nell’ambito della verifica delle elezioni lo scrutinio debba rigorosamente essere palese.

Lo stesso Grasso, peraltro, si è detto disponibile a un intervento sulle regole, qualora siano i senatori a chiederlo: “Io applico il regolamento – ha precisato – ma se le forze politiche trovano l’accordo per cambiarlo, non sarà certamente il presidente del Senato a impedire una cosa del genere. Io sono pienamente rispettoso del volere della maggioranza delle forze politiche”.

GRILLO: VOTO SEGRETO? UN ABOMINIO

Lungi dall’accontentarsi delle parole del Presidente del Senato, Beppe Grillo oggi ha rilanciato sul suo blog la proposta del M5S sull’abolizione totale del voto segreto (non dunque limitatamente al “caso Berlusconi”) e, immancabilmente, ha di nuovo attaccato i due maggiori partiti in Parlamento.

Il post inizia con la trama “grillesca” della “telenovela del voto segreto su Berlusconi”: due amanti (Pdl e Pd, “è il primo quello che tromba”) e uno che regge il moccolo (Monti). “I tre vogliono salvare il delinquente acclarato, ma ognuno a modo suo. I voti sono dalla loro parte. Nel segreto dell’urna però tutto può succedere. I pdmenoellini hanno fucilato Prodi dietro a una tendina e sono pronti a ripetere le gesta in ogni momento per salvare il loro caro leader Berlusconi. Come fidarsi di un’amante così volubile in confronto alla quale Cicciolina è vergine?

beppe grillo nessun compromesso

Non si fiderebbe Schifani, ma (secondo Grillo), nemmeno Bersani e Epifani: “Vogliono l’abolizione del voto segreto per evitare che i loro parlamentari salvino Berlusconi, si mostrino al Paese per quello che sono (reggitori di coda del sovrano di Arcore) e riducano il pdmenoelle a un prefisso telefonico”. Il voto segreto, nella ricostruzione “stellata”, salverebbe Berlusconi e ucciderebbe il Pd, il voto palese farebbe decadere Berlusconi e ucciderebbe il Pdl: “Comunque vada – Grillo ne è convinto – sarà un successo“.

Finita la storiella, ecco il condensato del Grillopensiero: “Il voto segreto è un abominio, un tradimento degli elettori. Io voglio sapere come vota il mio candidato, cosa vota, perché vota. Il MoVimento 5 Stelle ha chiesto la votazione palese e l’abolizione del voto segreto dal regolamento del Senato. Preparate le verdure per celebrare l’ultimo atto della rappresentazione”. La proposta del M5S arriverà a Palazzo Madama martedì: verdure o no, non avrà vita semplice

L'autore: Gabriele Maestri

Gabriele Maestri (1983), laureato in Giurisprudenza, è giornalista pubblicista e collabora con varie testate occupandosi di cronaca, politica e musica. Dottore di ricerca in Teoria dello Stato e Istituzioni politiche comparate presso l’Università di Roma La Sapienza e di nuovo dottorando in Scienze politiche - Studi di genere all'Università di Roma Tre (dove è stato assegnista di ricerca in Diritto pubblico comparato). E' inoltre collaboratore della cattedra di Diritto costituzionale presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Parma, dove si occupa di diritto della radiotelevisione, educazione alla cittadinanza, bioetica e diritto dei partiti, con particolare riguardo ai loro emblemi. Ha scritto i libri "I simboli della discordia. Normativa e decisioni sui contrassegni dei partiti" (Giuffrè, 2012), "Per un pugno di simboli. Storie e mattane di una democrazia andata a male" (prefazione di Filippo Ceccarelli, Aracne, 2014) e, con Alberto Bertoli, "Come un uomo" (Infinito edizioni, 2015). Cura il sito www.isimbolidelladiscordia.it; collabora con TP dal 2013.
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