Giuliano Gemma, addio al cow-boy più fascinoso d’Italia

Pubblicato il 1 Ottobre 2013 alle 23:43 Autore: Gabriele Maestri

Giuliano Gemma, addio al cow-boy più fascinoso d’Italia

Non è stato un colpo di pistola sparato nel vecchio West ricostruito in perfetti luoghi italiani a spegnere la sua vita, ma un drammatico incidente d’auto a Cerveteri, scontrandosi con un’altra vettura. Così se n’è andato Giuliano Gemma, 75 anni, una delle icone del cinema italiano, ben noto anche per i suoi ruoli televisivi cui si era prestato sempre di più negli ultimi anni. L’attore è morto all’ospedale di Civitavecchia; nel frontale sono rimasti feriti anche un altro uomo e il figlio.

Oltre cento pellicole all’attivo, Giuliano Gemma – due matrimoni e due figlie – si era conquistato di diritto un posto di riguardo nel cuore dei cultori del filone degli spaghetti-western  (e delle donne che ne apprezzavano l’aspetto nei panni del cow-boy): titoli come Una pistola per Ringo e Il ritorno di Ringo di Duccio Tessari (ma anche Arizona Colt di Michele Lupo e Adiòs Gringo di Giorgio Stegani) hanno reso indimenticabile una carriera iniziata come cascatore e proseguita con incursioni fortunate nel genere peplum e mitologico (su tutti, la parte di un centurione in Ben Hur e la partecipazione a Maciste, l’eroe più grande del mondo).

Aveva lavorato con registi di valore, da Dino Risi a Luchino Visconti (fu un generale garibaldino nel Gattopardo), fino a Sergio Corbucci e allo stesso Tessari, fino a incrociare persino il mito di Bud Spencer (quella volta senza Terence Hill) in Anche gli angeli mangiano fagioli.

La successiva svolta verso pellicole più impegnate (Il deserto dei Tartari, Il prefetto di ferro e Un uomo in ginocchio), la collaborazione con Dario Argento e Mario Monicelli e la pagina più recente – quella delle fiction televisive, da Il capitanoButta la luna – non avevano cancellato la fama legata ai ruoli del West, come in tanti ancora lo ricordavano. C’è da giurarlo, quel viso scolpito e la voce profonda e ispirata non se ne andranno dalla memoria tanto facilmente.

L'autore: Gabriele Maestri

Gabriele Maestri (1983), laureato in Giurisprudenza, è giornalista pubblicista e collabora con varie testate occupandosi di cronaca, politica e musica. Dottore di ricerca in Teoria dello Stato e Istituzioni politiche comparate presso l’Università di Roma La Sapienza e di nuovo dottorando in Scienze politiche - Studi di genere all'Università di Roma Tre (dove è stato assegnista di ricerca in Diritto pubblico comparato). E' inoltre collaboratore della cattedra di Diritto costituzionale presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Parma, dove si occupa di diritto della radiotelevisione, educazione alla cittadinanza, bioetica e diritto dei partiti, con particolare riguardo ai loro emblemi. Ha scritto i libri "I simboli della discordia. Normativa e decisioni sui contrassegni dei partiti" (Giuffrè, 2012), "Per un pugno di simboli. Storie e mattane di una democrazia andata a male" (prefazione di Filippo Ceccarelli, Aracne, 2014) e, con Alberto Bertoli, "Come un uomo" (Infinito edizioni, 2015). Cura il sito www.isimbolidelladiscordia.it; collabora con TP dal 2013.
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