Letta più forte dopo la fiducia di ieri

Pubblicato il 3 Ottobre 2013 alle 11:55 Autore: Gabriele Maestri

“Ciò che non uccide, fortifica”. Non è solo un vecchio proverbio (e non è una citazione di Tiziano Ferro), ma è soprattutto il riassunto molto stringato della giornata parlamentare di ieri. Perché il governo di Enrico Letta, che nell’ipotesi di qualcuno (tra i più vicini a Silvio Berlusconi) ieri avrebbe potuto concludere ufficialmente la sua storia, è uscito rafforzato dal doppio voto di fiducia, “costringendo” persino lo stesso Berlusconi ad appoggiarlo.

Tanto alla Camera, quanto al Senato, l’esecutivo ha ottenuto un’ampia maggioranza, con numeri certamente più favorevoli di quelli che il suo presidente si attendeva fino a poco tempo prima. Il punto, però, è che il discorso non è solo di numeri. Ieri dal Pd hanno ripetuto più volte che quella ottenuta ieri è innanzitutto una nuova maggioranza politica, una maggioranza che avrebbe potuto reggersi anche senza la svolta – del tutto inattesa – del Cavaliere in zona Cesarini.

Non può essere ignorato il dato politico per cui, per la prima volta, l’esecutivo di Letta può contare sul sostegno di una parte di parlamentari che al momento sono ancora “diversamente berlusconiani” nel Pdl (Forza Italia non è ancora stata riattivata ufficialmente), ma potrebbero anche fare scelte autonome nel giro di qualche tempo, se dovesse ripresentarsi qualche fattore particolarmente divisivo che impedisca la convivenza nella stessa sigla politica.

Il premier Enrico Letta

Il colpo di teatro finale messo in scena da Berlusconi, di cui hanno fatto le spese personaggi di primo piano come Sandro Bondi (che, di fatto, a Palazzo Madama è stato sconfessato dal suo stesso leader), è forse la presa d’atto che la scelta di non votare la fiducia (o di uscire dall’aula) avrebbe spaccato davvero il partito compromettendo la sopravvivenza politica dello stesso Cavaliere: già azzoppato dalla sua incandidabilità (per la legge Severino o per l’interdizione dai pubblici uffici), potrebbe continuare a far pesare il suo ruolo dall’esterno, ma con un partito fortemente “svuotato” sarebbe molto più difficile.

Si spiega così l’improvvisa decisione di ieri, che ha compattato (nella sola decisione) il Pdl, dando nella sostanza ragione ad Alfano ma creando un “credito” che Berlusconi potrà esigere in futuro (i passi indietro, in politica, generalmente non sono mai privi di contropartita). Votando la fiducia, però, lui ha di fatto accettato il contenuto del discorso di Letta, che ha negato al suo caso l’applicazione di leggi contra personam, ma soprattutto ha ribadito con fermezza che l’attività di governo e la vicenda di Berlusconi “non potevano né possono essere sovrapposti”. Con il suo voto, Berlusconi ha inevitabilmente reso il governo Letta più forte.

RUBY: BERLUSCONI, IMPEDIMENTO 'GRAVE DISTURBO VISTA'

Il capo del governo questo lo sa, c’era anche questo nella sua espressione ineffabile di ieri, mentre soffocava una risata e – guardando Alfano – diceva “Grande!…”, Letta, almeno sulla carta, ha un’arma in più da schierare alla prossima fibrillazione (che ci sarà, non potrà non esserci): la fiducia di ieri è la firma su un “nuovo patto di governo”, il tempo dei ricatti e dei giochi al massacro è finito. Poi qualcuno potrà comunque scegliere di romperlo, ma attribuire la responsabilità agli altri sarà quasi impossibile.

L'autore: Gabriele Maestri

Gabriele Maestri (1983), laureato in Giurisprudenza, è giornalista pubblicista e collabora con varie testate occupandosi di cronaca, politica e musica. Dottore di ricerca in Teoria dello Stato e Istituzioni politiche comparate presso l’Università di Roma La Sapienza e di nuovo dottorando in Scienze politiche - Studi di genere all'Università di Roma Tre (dove è stato assegnista di ricerca in Diritto pubblico comparato). E' inoltre collaboratore della cattedra di Diritto costituzionale presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Parma, dove si occupa di diritto della radiotelevisione, educazione alla cittadinanza, bioetica e diritto dei partiti, con particolare riguardo ai loro emblemi. Ha scritto i libri "I simboli della discordia. Normativa e decisioni sui contrassegni dei partiti" (Giuffrè, 2012), "Per un pugno di simboli. Storie e mattane di una democrazia andata a male" (prefazione di Filippo Ceccarelli, Aracne, 2014) e, con Alberto Bertoli, "Come un uomo" (Infinito edizioni, 2015). Cura il sito www.isimbolidelladiscordia.it; collabora con TP dal 2013.
Tutti gli articoli di Gabriele Maestri →