Il cinema piange, addio a Carlo Lizzani

Pubblicato il 5 Ottobre 2013 alle 16:26 Autore: Gabriele Maestri

Il cinema piange, addio a Carlo Lizzani – 05/10/2013

Ha scelto di andarsene a modo suo, senza aspettare, con un salto nel vuoto. Si può raccontare così, velando con un briciolo di poesia una profonda tristezza, la fine di Carlo Lizzani, tra i registi più (giustamente) celebrati del cinema italiano. Si è probabilmente suicidato, lanciandosi dal terzo piano di un palazzo nel centro di Roma. Hanno dato l’allarme dei vicini, che hanno visto il corpo nel cortile dello stabile in cui abitava. Lizzani aveva 91 anni.

Gli appassionati del cinema italiano non possono rivivere il dramma già conosciuto quando scelse di andarsene anche un altro grande come Mario Monicelli: teatro del suo “volo”, il quinto piano dell’ospedale San Giovanni di Roma, in cui era ricoverato. Non a caso, Lizzani commentò il 29 novembre del 2010 il gesto del collega: “Nasce anche dal fatto che era un super laico, uno che voleva gestire la sua vita fino in fondo, un gesto da lucidità giovane”.

Noto a tutti come regista e sceneggiatore, fu anche attore e persino critico cinematografico. Se il suo esordio fu appunto come sceneggiatore di autori quali Vergano, De Santis, Rossellini e Lattuada, passò al ruolo di regista con il documentario Nel Mezzogiorno qualcosa è cambiato (1950) e con il film Achtung! Banditi! (1951).

Nella sua filmografia personale spiccano titoli di pregio come Cronache di poveri amanti (1954, versione cinematografica del romanzo di Vasco Pratolini), L’oro di Roma (1961), Il processo di Verona (1963) e La vita agra (1964, frutto della collaborazione con Luciano Bianciardi). Più avanti si ricordano Banditi a Milano (1968), Mussolini ultimo atto (1974). Storie di vita e malavita (1975) e Fontamara (1977, dal libro di Silone, ricevendo più avanti il premio intitolato allo scrittore).

In seguito il regista – che dal 1979 al 1982 ha pure diretto la Mostra del cinema di Venezia – ha lavorato anche per pellicole destinate alla televisione. Si è espresso poi nella scrittura, pubblicando nel 1998 la raccolta Attraverso il Novecento (ricca di aneddoti e ricordi) e nel 2007 la sua autobiografia Il mio lungo viaggio nel secolo breve. Un’altra perdita, che la fabbrica dei sogni di casa nostra deve mettere in doloroso conto.

L'autore: Gabriele Maestri

Gabriele Maestri (1983), laureato in Giurisprudenza, è giornalista pubblicista e collabora con varie testate occupandosi di cronaca, politica e musica. Dottore di ricerca in Teoria dello Stato e Istituzioni politiche comparate presso l’Università di Roma La Sapienza e di nuovo dottorando in Scienze politiche - Studi di genere all'Università di Roma Tre (dove è stato assegnista di ricerca in Diritto pubblico comparato). E' inoltre collaboratore della cattedra di Diritto costituzionale presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Parma, dove si occupa di diritto della radiotelevisione, educazione alla cittadinanza, bioetica e diritto dei partiti, con particolare riguardo ai loro emblemi. Ha scritto i libri "I simboli della discordia. Normativa e decisioni sui contrassegni dei partiti" (Giuffrè, 2012), "Per un pugno di simboli. Storie e mattane di una democrazia andata a male" (prefazione di Filippo Ceccarelli, Aracne, 2014) e, con Alberto Bertoli, "Come un uomo" (Infinito edizioni, 2015). Cura il sito www.isimbolidelladiscordia.it; collabora con TP dal 2013.
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