‘Villa Wanda’ di Licio Gelli sequestrata dalla Gdf

Pubblicato il 10 Ottobre 2013 alle 10:34 Autore: Redazione

Sequestro preventivo ad Arezzo di villa Wanda, dell’ex gran maestro della loggia P2 Licio Gelli, accusato di sottrazione fraudolenta delle imposte.

Lo stesso Gelli risulta indagato insieme con la moglie e i figli. Il “debito” con l’erario ammonterebbe a 17 milioni.

Il sequestro preventivo è stato disposto dal gip del Tribunale di Arezzo, Annamaria Loprete, su richiesta del procuratore, Roberto Rossi.

La storica dimora di Licio Gelli, meglio conosciuta come ‘Villa Wanda’, si trova sulla collina di Santa Maria delle Grazie ad Arezzo, ed è composta da due fabbricati, per un totale di 32,5 vani, con annessi piscina e locale serra, e da terreni agricoli della superficie complessiva di 11.150 metri quadrati.

licio gelli sequestrata la sua villa per frode fiscale

L’indagine condotta dal nucleo di polizia tributaria di Arezzo assieme alla locale direzione provinciale dell’agenzia delle entrate ha consentito di scoprire un sistema di frode architettato dalla famiglia Gelli al fine di non pagare le imposte dovute allo Stato e evitare che Equitalia potesse pignorare la villa di famiglia, tentando di venderla fittiziamente ad una società terza.

La vicenda risale al 1998, quando l’agenzia delle entrate aretina entrava in possesso di un testamento olografo di Licio Gelli, rinvenuto dalle autorità di polizia giudiziaria francesi, attestante sue significative disponibilità patrimoniali in territorio estero, nonché di documentazione comprovante il sostenimento di spese a favore dei tre figli, Raffaello, Maria Rosa e Maurizio, per rilevantissimi importi, ben superiori ai redditi dichiarati.

Da qui le contestazioni di omessi pagamenti di imposte sui redditi e di registro, che, dopo i ricorsi vinti dall’amministrazione finanziaria davanti alle commissioni tributarie, sono stati quantificati in cartelle esattoriali nei confronti di Licio Gelli per 8,8 milioni di euro, del figlio Maurizio per 7,2 milioni, della figlia Maria Rosa per 1,1 milioni e del primogenito Raffaello per 500 mila euro.

Dalle indagini è emerso anche che, già nel 2007, gli indagati, consapevoli dei rilevanti debiti da pagare all’erario e prevedendo l’attivazione prossima ventura delle procedure di riscossione coattiva da parte di Equitalia, hanno pianificato e realizzato, in un brevissimo arco temporale, una serie di atti e negozi giuridici fittizi per svestirsi della proprietà di “Villa Wanda”, mediante la simulazione della dismissione a terzi da parte della storica società proprietaria che era al 100% controllata dai tre figli.

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