L’INTERVISTA Giachetti: “Sciopero della fame per estirpare presto il cancro del Porcellum”

Pubblicato il 10 Ottobre 2013 alle 16:35 Autore: Gabriele Maestri
Comunali Roma, Roberto Giachetti, candidato sindaco, Pd, il vicepresidente della Camera con una mano nei pressi del mento

L’INTERVISTA Giachetti: “Sciopero della fame per estirpare il cancro del Porcellum”

(10/10/2013) E’ al suo quarto giorno di sciopero della fame. Robetta, forse, per uno che di giorni senza mangiare l.’anno scorso ne aveva già accumulati 123, fino a mettere seriamente a rischio la sua salute. Eppure il motivo è rimasto lo stesso: l’inerzia (consapevole) del Parlamento nel permettere la sopravvivenza di una legge elettorale mostruosa, che a parole quasi nessuno vuole ma nei fatti è ancora lì.

La battaglia del Pd Roberto Giachetti (52 anni, vicepresidente della Camera, vicino alle posizioni di Matteo Renzi) contro la legge n. 270/2005, il cosiddetto Porcellum, dopo vari tentativi andati a vuoto (anche per mano del suo partito) di sollecitare le aule parlamentari a muoversi concretamente per eliminare quelle norme, da lunedì ha ripreso la forma dello sciopero della fame e continuerà fino a quando le Camere non daranno un segno concreto per eliminare la “legge Calderoli”.

Ha accettato di parlare con noi per una intervista esclusiva, durante una breve assenza dall’aula, per spiegare le ragioni della sua protesta, parlare del cammino verso il No Porcellum Day (previsto per il 31 ottobre) e per discutere eventuali alternative al sistema oggi in vigore. Con la convinzione che la sua sia una “buona battaglia”.

roberto giachetti mattarellum letta governo

* * *

Onorevole Giachetti, innanzitutto una domanda non di rito: come sta?

Bene, ma per ora sono solo quattro giorni di sciopero della fame, quindi sto benissimo.

Lunedì, in conferenza stampa, lei ha detto “Le ho provate tutte sul piano parlamentare per cancellare il Porcellum, da non violento mi resta solo questa strada”. Ma davvero è l’ultima possibilità per ottenere questo risultato?

Mah, se sia l’ultima non lo so. So che è l’estrema. La cosa che più mio preoccupa è che, più si va avanti, più si delinea una sorta di serpente che si morde la coda: si sostiene che riforme serie del Porcellum non se ne possono fare perché così cade il governo, ma questo governo e questa situazione noi ce l’abbiamo proprio a causa del Porcellum. Una morsa infernale, praticamente non possiamo modificare una legge che realizza le condizioni in cui ci troviamo. Il Pdl si dice disponibile solo a piccole modifiche di questa legge, non ad abrogarla, mentre noi sappiamo perfettamente che il presupposto da cui partire è abrogare questa legge elettorale.

E’ questa la molla che l’ha spinta allo sciopero della fame?

Mi sono reso conto che da una parte stagnava una situazione di inattività, nonostante l’urgenza votata; dall’altra, c’è il rischio enorme che, per fare finta di fare qualcosa, si faccia peggio di quello che c’è con piccole modifiche del Porcellum.

A chi le chiedeva se avesse il sospetto che in fondo le forze politiche non volessero cambiare la legge lei ha risposto sì. Crede che ci sia un accordo tra loro o ognuna ha i suoi motivi per pensare questo?

Non direi questo. Chi certamente ora non vuole cambiare il Porcellum è il Pdl. Poi c’è il mio partito, il Pd, che già dal governo Monti vive subendo il ricatto del Pdl e in questa condizione c’è sicuramente la parte predominante del partito; all’interno però c’è sicuramente una parte che ha interesse a non veder cambiare questa legge elettorale. Però è il sistema in sé, è la politica che è “incartata”, perché da sette anni a questa parte la formazione del personale politico-parlamentare avviene attraverso la nomina e non l’elezione. Per questo, quando si deve poi decidere sul serio, ciascuno agisce molto di più in ragione degli ordini di scuderia.

Anche se la pensa diversamente?

Guardi, quello che è successo sulla mozione è sintomatico: l’hanno firmata cento parlamentari Pd e poi l’ho votata solo io. E’ allora evidente che in libertà di azione e di spirito sono in molti a pensare che si debba fare un passo avanti; quando arriva il richiamo all’ordine, inevitabilmente tutti rientrano nei ranghi. Questo è un problema per la politica: io faccio questa battaglia anche perché penso che sia arrivato il momento di mettere in campo una nuova classe dirigente che non è “nuova” soltanto perché ha vent’anni di meno, ma perché nasce, cresce e diviene in un modo diverso.

scheda elettorale

Lei dice che nel Pd c’è chi non vuole cambiare il Porcellum, ma perché? Per la questione delle “liste bloccate”?

Al di là delle primarie per i parlamentari, che pure sono state una cosa importante – ma non esageriamo, sono state fatte il 30 dicembre e hanno visto muoversi soprattutto l’establishment del partito – la situazione è tale per cui la selezione dei candidati avviene comunque a cura dei partiti. A partire dal “listino”, quindi le posizioni di testa delle liste, che avrebbero dovuto ospitare alte personalità mentre, a parte alcune che effettivamente ci sono, si traduce in una spartizione tra i vari capicorrente che si sono accordati. In più, anche nelle primarie per i parlamentari entrano in ballo spesso e volentieri, in cordate, le correnti. Nessuno nel Pd dice scopertamente “Io sono a favore del Porcellum“, ma ripeto che questo è un cancro immesso nella politica da Berlusconi e che noi ormai abbiamo addosso, ha preso tutti: possiamo liberarcene solo se facciamo una delicata operazione e lo estirpiamo, con le cure palliative non andiamo da nessuna parte.

Come si inquadra in tutto questo la posizione del MoVimento 5 Stelle, quel “La legge elettorale la cambierà il M5S quando sarà al governo, ma ora votiamo con questa”?

Si ricordi che alla fine del 2012, quando gli stessi sostenitori di Grillo erano per la riforma elettorale e sembrava che in Parlamento ci fossero le condizioni per cambiare le regole, Grillo aveva gridato al “colpo di Stato”. Fanno così da una vita. Lo stesso è accaduto sulla mia mozione: fino a tre ore prima il M5S aveva dichiarato che avrebbe votato contro. Poi ha visto che il Pd aveva espresso orientamento contrario sulla mozione e ha legittimamente scelto di sostenere la mozione per il ritorno del Mattarellum. Però, siccome facciamo politica, quella poteva essere un’occasione per i democratici per “incastrare” il M5S e poter usare l’esito del voto nelle battute successive. E invece agli atti parlamentari risulta che i deputati legati a Grillo hanno votato la mozione per tornare al Mattarellum e noi no. E’ vero però che passate tre settimane Grillo ha detto esattamente quello che diceva Bersani in campagna elettorale: “Non siamo riusciti a fare la riforma elettorale, ma la faremo noi. E comunque mai più col Porcellum“. Beh, sono passati sette mesi dalle elezioni, quasi cinque dalla formazione del governo e stiamo al “pillolario”, cioè l’elenco delle possibili modifiche su cui c’è accordo.

Morale, vale sempre il vecchio principio da volpi politiche: “Ci vuole una legge elettorale che non ci faccia perdere”?

Questo lo pensano tutti (ride)… diciamo che quasi quasi il punto di mediazione sia “manteniamo una legge che fa perdere un po’ tutti”, soprattutto il Paese.

corte-costituzionale

Nel frattempo c’è l’incognita della Consulta, che a dicembre è chiamata a valutare la questione di legittimità costituzionale di alcuni punti della legge elettorale. Da costituzionalista, però, non posso dimenticare che negli ultimi anni, quando la Corte è stata chiamata a intervenire sulla legge elettorale, ha sempre cercato il modo più “elegante” di sbarazzarsi delle varie questioni, limitandosi a lanciare moniti al legislatore…

E’ esattamente così. Sono andato a rivedermi le sentenze della Corte costituzionale sui referendum elettorali, che nel gennaio 2012 dovevano limitarsi a valutare l’ammissibilità dei quesiti sull’abolizione totale o parziale del Porcellum: ovviamente non era quella la sede per valutare la costituzionalità delle norme, ma la Corte disse comunque che la disciplina dei premi di maggioranza era il punto dolente, soprattutto per la mancanza di una soglia perché possano scattare. Il fatto è la Corte sulle leggi elettorali va comunque coi piedi di piombo, potrebbe al massimo dichiarare l’illegittimità costituzionale di piccole parti che però lascino in piedi e funzionante il resto della legge.

Già, le famose “leggi a contenuto costituzionalmente vincolato” che i giudici costituzionali hanno individuato soprattutto come limite all’ammissibilità dei referendum, ma anche nel giudizio di legittimità. Per cui si può smontare un pezzo della normativa elettorale, purché si possa votare il giorno dopo con le regole rimaste in vigore.

Benissimo, per cui intuisco che se la Corte costituzionale ritenesse ammissibile la questione e decidesse di dichiarare l’incostituzionalità, potrebbe farlo solo con riguardo al premio di maggioranza, trasformando di fatto il sistema in un proporzionale, con soglie di sbarramento e liste bloccate. Una cosa che ci fa schifo, ma con cui tecnicamente si può votare anche il giorno dopo. Non potrebbero invece intervenire facilmente sulle liste bloccate (che pure sono presenti nell’ordinanza della Cassazione che ha sollevato il caso, ndr), perché mancherebbe l’indicazione su come determinare gli eletti e quindi non si potrebbe votare.

Perfetto, esattamente così.

A questo punto io mi sono convinto che i giudici costituzionali, per evitare di infilarsi in questa situazione, possano emettere un’ordinanza con cui dichiarano inammissibile la questione, approfittando però delle motivazioni per dire che senza dubbio il Parlamento deve intervenire per cambiare i punti più dubbi della legge elettorale. E’ chiaro allora che, se succede questo, posto che non credo proprio che avremo approvato una qualunque legge elettorale da qui ad allora, ci sarà sicuramente qualcuno che dirà “Ma se la Corte non è intervenuta, se non per dire che ci sono alcune cose da cambiare, arrivederci e grazie!” Così lasceranno tutto com’è, oppure realizzeranno il disegno che hanno in animo tanti, quello di inserire semplicemente una soglia al 40% per il premio di maggioranza… e a quel punto ci teniamo le larghe intese per i prossimi vent’anni.

camera_fiducia_monti

Lei aveva suggerito di votare la sua “leggina” di due articoli o proposte analoghe, per abrogare il Porcellum e far rivivere il Mattarellum in vigore prima. Simulazioni di esperti autorevoli come Antonio Agosta e Nicola D’Amelio però hanno mostrato che pure con il vecchio sistema non sarebbe uscita una maggioranza chiara. Come si fa?

Innanzitutto sono convinto che, per volontà o per casualità, questa manfrina è destinata a protrarsi per non so quanto tempo, ai danni della pubblica opinione che viene presa in giro da due anni, cosa che rischia di aggravare ulteriormente il risibile rapporto di fiducia che c’è tra politica e cittadini. Non so se ci sarà mai una legge elettorale che possa essere risolutiva da questo punto di vista per l’Italia, ma c’è un problema. Tutti, più o meno convinti, abbiamo sottolineato che questa legge va tolta non solo perché non dà governabilità, ma perché toglie all’elettore il suo diritto a scegliere chi votare ed eleggere e, nel suo insieme, è una bomba che ormai è esplosa, ha fatto danni e dev’essere tolta anche simbolicamente.

E quindi l’unico sistema immediato, a portata di mano, è restaurare il Mattarellum.

Una legge elettorale che nemmeno a suo tempo era stata la panacea di tutti i mali, ma che ha una grande forza: è uno switch, tu giri da una parte, chiudi il Porcellum e ripristini una cosa per la quale hai già risparmiato il 95% del dibattito che si protrarrà – ne sono certo – in commissione sulla legge elettorale, perché in quel modo si ripristinerebbe una legge che è già stata testata, su cui non c’è alcun problema di costituzionalità. Con due articoli, che le due Camere possono esaminare in quindici giorni, proprio per stare larghi, si può fare quello che si sta dicendo da due anni. Eppoi ricordiamoci che sarebbe solo una legge di salvaguardia, una cosa che comunque, oltre a togliere di mezzo il Porcellum, sono convinto che accelererebbe il percorso di riforma verso una legge definitiva. Non risolverebbe tutti i problemi, ma almeno ne affronterebbe uno, restituendo alla politica credibilità e agli elettori la possibilità di scegliere gli eletti. E non è poco.

Tornando al Mattarellum potrebbero aversi altri problemi: è vero che i cittadini, specie nei collegi uninominali, potrebbero scegliere tra singoli candidati, ma sarebbero sempre i partiti a monte a scegliere chi piazzare in questo o in quel territorio. Si passerebbe dal potere di stilare le liste al potere di gestire i collegi, non crede?

Eh, allora dovremmo pensare all’abolizione dei partiti… potrei dirle che sono un assoluto sostenitore di un intervento normativo sull’articolo 49 della Costituzione, che detti regole sulla “democrazia interna” ai partiti, compresa la selezione delle candidature, ma non mi va di cavarmela così. Quello che lei dice è vero, ma tenga presente che l’arrivo sulla scena politica di una terza forza (il MoVimento 5 Stelle, ndr) che può arrivare al 25% i famosi “collegi sicuri” diventano un’opzione assolutamente improbabile, ormai prossima allo zero. Eppoi non si dimentichi che anche quando si è votato con il Mattarellum i collegi maggioritari videro molte vittime “illustri”, pensi a Clemente Mastella che nel 2001 fu segato in un collegio uninominale in Campania e entrò alla Camera solo con la quota proporzionale. Diciamo allora che i partiti, con i collegi uninominali, hanno almeno l’esigenza di piazzare nella stragrande maggioranza dei casi dei candidati competitivi, altrimenti la gente non li vota.

Quindi, se prima nei collegi “in bilico” spesso era il centrosinistra a valutare meglio le candidature, ora tutti i conti dovrebbero essere rifatti?

Certamente il Mattarellum, nelle condizioni attuali, impone ai partiti nella selezione delle candidature una profonda rivisitazione. E penso che questo sia molto utile anche per Grillo. Qui alla Camera ci sono tanti colleghi che stimo e che alle parlamentarie magari hanno ricevuto 30, 40, 50, 60, forse 100 voti: se si misurassero collegio per collegio con le altre forze, potrebbero anche riuscire a conquistare vari seggi. Si immagini un collegio in cui il Pd mette un candidato fiacco, il Pdl sceglie un candidato forte e il M5S una persona mediamente forte: può anche darsi che una parte dei democratici non voti il suo candidato ma quello a 5 Stelle. A patto, ovviamente, che i candidati non si limitino a occuparsi degli scontrini e abbiano qualche idea per il paese; e Grillo non potrebbe certo candidarsi in ogni collegio.

elezioni amministrative urna elettorale

A livello pratico, per il Pd e per il Pdl significherebbe dire basta ai “paracadutati”?

Assolutamente sì, se intende un laziale che viene candidato in Sicilia, magari perché si ritiene che lì possa essere eletto comunque. Ma, prima ancora di “basta ai paracadutati”, io direi “basta ai nominati”, soprattutto per correnti, inutile girarci intorno. Delle primarie abbiamo già parlato, come anche dei “listini”: io sono arrivato ottavo alle primarie a Roma, mentre in lista ero quindicesimo, davanti a me avevo sette persone che non avevano fatto le primarie, se non avessimo avuto il premio di maggioranza loro sarebbero entrate e io che mi ero sottoposto alle primarie sarei rimasto fuori.

Un altro problema che col Mattarellum si avrebbe è quello delle spese delle campagne elettorali, che rischierebbero di aumentare a dismisura, dovendo promuovere ogni singolo candidato. Anche se, certo, non sarebbe mai costoso come il voto con le preferenze…

Quelle le abbiamo conosciute a suo tempo, quindi sappiamo già come funziona. Comunque, da una parte il problema si risolve imponendo norme che limitino le spese per i candidati, oppure immaginando dei servizi da mettere a disposizione dei partiti in alternativa all’attuale sistema di finanziamento pubblico. Dall’altra parte, però, tenga conto che con il Porcellum chi accetta la candidatura in un partito come il Pd, se è in posizione “eleggibile” dà un contributo fino a 50mila euro come contributo alle spese elettorali di cui si fa carico il partito: con i mezzi di oggi, web compreso, se ci fossero i collegi potrei dirle che con quei soldi si fa tranquillamente una campagna elettorale. Piccola postilla: nel 2006 si è pagata la stessa cifra, che però è stata calcolata in base all’intera legislatura, mentre si è tornati a votare dopo due anni…

Tornando alla sua richiesta al Parlamento, lei con il suo gesto dice chiaramente “Io le ho provate tutte, ora fatela voi questa riforma elettorale, ma fatela rispettando le cose che avete detto”. Eppure in questo momento sembra quasi chiedere troppo…

Da questo non schiodano, per quanto mi riguarda. Io a questo ho legato il mio sciopero della fame: siccome gli scioperi non si fanno per ottenere delle cose per se stessi o per far passare le proprie proposte, ma per imporre agli altri di rispettare gli impegni che hanno preso loro, io non arretrerò di un millimetro. Nessuno può accusarmi di non avere fatto proposte: io prima ho fatto la mozione, poi la procedura di urgenza quando tutti dormivano e non se ne faceva niente. La mozione è stata bocciata e abbiamo detto come, l’urgenza è stata stuprata perché è stata portata al Senato dove ovviamente si è incagliata. Il mio sciopero della fame serve per dire: “Adesso l’avete voi l’onere di dare una risposta e la dovete dare in base a quello che avete detto” e io li incalzerò su questo.

Lei ha indetto per il 31 ottobre il “No Porcellum Day”, la manifestazione presso Eataly con Oscar Farinetti, ma nel frattempo ha annunciato una serie di iniziative lasciate alla libera scelta di ciascun sostenitore. Di che si tratta?

Basta guardare sulla mia pagina Facebook per rendersi conto di cosa sta accadendo. Io sono disorientato, non volevo dare l’idea di partire con una cosa organizzata: voglio solo un gran casino e voglio che tutti quelli che in queste settimane e mesi mi hanno scritto chiedendomi di continuare la mia battaglia si sentano investiti della responsabilità di fare qualcosa, dando alla loro fantasia il massimo della libertà. Mi fa piacere se me lo fanno sapere attraverso la Rete, l’importante è che ognuno faccia qualcosa.

Tra i suoi colleghi parlamentari coglie qualche segno?

Oggi al Senato sarà presentato questo “pillolario”, mi sembra un tentativo un po’ goffo di uscire da questa situazione di impasse, attraverso un camuffamento di questa legge elettorale: un pericolo immenso. Colgo però in senso positivo la sensazione che, di fronte a questo ennesimo episodio, il corpo del partito e anche la sua classe dirigente stiano iniziando a reagire in modo concreto. Cuperlo l’altro giorno ha detto “Ha ragione Giachetti”, Civati è da sempre d’accordo con me, Pittella si era già espresso e di Renzi non parlo neppure. Sto verificando tante altre cose, parlando con i colleghi che non mi insultano in questi giorni: vedo che forse il tema che più mi stava a cuore, cioè far capire che se il partito si incapretta in una presa in giro che non risponde agli impegni presi è un danno incommensurabile, specialmente alla vigilia del percorso congressuale, comincia a penetrare ed è molto positivo, il Pd non può essere solo il contenitore dei ricatti del Pdl.

Il Pd si salva se toglie il Porcellum?

Se si toglie il Porcellum si inizia un’opera di salvezza e recupero della politica, di cui godrà sicuramente anche il Pd. Dopodiché, il partito ha ancora molto da fare, questa è una questione ma ce ne sono ancora tante altre. Per questo penso che chi non ha avuto responsabilità in questi venti anni, periodo che io ritengo abbia realizzato assai poco per il nostro paese, deve ora avere la possibilità di giocarsi le sue carte e noi abbiamo il dovere di permettere a queste persone di farlo, senza lasciare alle loro spalle solo macerie.

L'autore: Gabriele Maestri

Gabriele Maestri (1983), laureato in Giurisprudenza, è giornalista pubblicista e collabora con varie testate occupandosi di cronaca, politica e musica. Dottore di ricerca in Teoria dello Stato e Istituzioni politiche comparate presso l’Università di Roma La Sapienza e di nuovo dottorando in Scienze politiche - Studi di genere all'Università di Roma Tre (dove è stato assegnista di ricerca in Diritto pubblico comparato). E' inoltre collaboratore della cattedra di Diritto costituzionale presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Parma, dove si occupa di diritto della radiotelevisione, educazione alla cittadinanza, bioetica e diritto dei partiti, con particolare riguardo ai loro emblemi. Ha scritto i libri "I simboli della discordia. Normativa e decisioni sui contrassegni dei partiti" (Giuffrè, 2012), "Per un pugno di simboli. Storie e mattane di una democrazia andata a male" (prefazione di Filippo Ceccarelli, Aracne, 2014) e, con Alberto Bertoli, "Come un uomo" (Infinito edizioni, 2015). Cura il sito www.isimbolidelladiscordia.it; collabora con TP dal 2013.
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