INTERVISTA Rotondi: “Silvio unico erede Dc Finché c’è lui, no a primarie o congresso”

Pubblicato il 14 Ottobre 2013 alle 14:35 Autore: Gabriele Maestri
gianfranco rotondi candidato a guidare il centrodestra

L’INTERVISTA Rotondi: “Silvio unico erede Dc. Finché c’è lui, no a primarie o congresso”

E’ nato democristiano, si ritiene ancora tale e, soprattutto, al momento vede un trionfo di chi ha fatto parte della Balena bianca, anche se le persone sono ormai sparse qua e là. Gianfranco Rotondi però è soprattutto il più fervido sostenitore di Silvio Berlusconi: in quasi vent’anni, dubbi su di lui non ne ha avuti: per lui Berlusconi è la reinterpretazione della Dc.

Per cui, finché c’è lui, niente primarie e niente congresso, posto che votare ora sarebbe stato meglio. E se proprio il Pdl ha voglia di spaccarsi, Rotondi non si dimentica della sua Democrazia cristiana per le autonomie e pensa a tutelarsi. In una pausa dei lavori parlamentari, accetta di parlare con noi e mette in guardia: l’idea di far scegliere i parlamentari ai cittadini è solo una favola per ingenui.

* * *

Rotondi, sui quotidiani di oggi si legge di tutto in area Pdl: chi chiede un congresso per azzerare tutto, chi parla di primarie… Dunque, congresso, primarie o nessuno dei due, a breve termine?

Il congresso riguarda il partito, primarie l’indicazione del candidato Presidente del Consiglio, quindi sono due cose diverse, sono mele e patate.

D’accordo, ma lei vede l’urgenza o la necessità di una di queste due cose, di entrambe o di nessuna delle due?

Dipende: se si vota in primavera e a candidarsi premier è Silvio Berlusconi, non c’è bisogno né del congresso né delle primarie. Se invece la legislatura si allunga, allora … il fatto stesso che io mi sia candidato premier indica che è necessaria una conta democratica, perché non do per scontato di avere l’unanimità come Silvio Berlusconi.

gianfranco rotondi contro famiglia cristiana

Può essere ritrovato o mantenuto il binomio Berlusconi-Alfano, che in queste settimane è sembrato incrinarsi?

Tra Alfano e Berlusconi c’è il rapporto di tutti i maestri con i loro allievi: prima o poi l’allievo si emancipa ed è scontro. Sono entrambi concavi e convessi, girano intorno al tavolo vorticosamente. Ma prima o poi si fermeranno e – se sono due leader, come lo sono – sarà testa contro testa.

E quindi si faranno male…

No, chi ama la politica sa che va così. Chirac e Bayrou stanno oltre le Alpi e possono raccontarlo in un altro modo.

Ma così non rischiate di essere Berlusconi-dipendenti e non preparare alcuna successione?

Ma in politica l’eredità non si prepara, si raccoglie dopo un funerale che in questo caso mi sembra molto lontano. Berlusconi sta benissimo, ha un’età che gli permette ancora molti anni di impegno politico. Finché c’è Berlusconi c’è lui, poi chi vivrà vedrà, non ci si fascia mai la testa prima di rompersela.

Ma lei dubbi su Berlusconi ne ha mai avuti?

In che senso?

Sul fatto che potesse essere il leader indiscusso di un partito o di una coalizione.

Guardi, io ho avuto un solo dubbio quando è entrato in politica, perché non lo conoscevo: come sa, io ero un candidato del Ppi, opposto a lui. In quella fase sì, ho avuto un dubbio… e non è colpa mia se in questi venti anni lo ha spento e invece ha acceso la certezza che si è trattato dell’unico possibile erede di quel mondo elettorale complesso che era la Democrazia cristiana.

Quindi “Berlusconi democristiano”, secondo lei?

Ma sì, sociologicamente è democristiano: ha preso i voti del Veneto bianco, della Lombardia che un tempo votava al 65% per la Dc, del sud… tutta l’Italia democristiana ha votato per Berlusconi, ad eccezione di piccole frange della sinistra. Sul fatto che Berlusconi abbia ereditato il voto democristiano sono d’accordo sociologi, sondaggisti, analisti politici: poi quel voto l’ha interpretato in un altro modo…

Berlusconi

Alla fine, il rischio che il Pdl (e non ancora Forza Italia) si scinda in due partiti c’è?

Il rischio c’è, penso che bisogna mettere nel conto che vi siano patti non ancora dichiarati. Quando 50 parlamentari su 200 hanno firmato la sfiducia a Berlusconi – perché dando la fiducia al governo sfiduciavano Berlusconi – bisogna vedere quali patti sottostanti c’erano.

Dunque è un’eventualità che non si sente di escludere?

Sinceramente no. Del resto Cicchitto, con l’onestà intellettuale che lo contraddistingue, lo mette nero su bianco, no?

Ma è un’eventualità che non le fa piacere…

No, non mi fa piacere assolutamente, però per analizzare la situazione bisogna partire dagli strumenti ermeneutici che io adotto: per me Alfano è l’allievo che ha sfidato il maestro e, a differenza di altri, non vedo niente di traumatico in questo. L’importante è che si apra un franco confronto politico e che non si cerchi di nascondere tutto con un’unità di facciata.

Sarebbe più dannosa di altre soluzioni?

Certamente, perché allungherebbe l’ombra delle furbizie e diminuirebbe il vantaggio di questo di più di confronto che si sta finalmente avendo dentro al partito.

Lei però ha iniziato a pensare alla tutela del suo partito di origine, la Democrazia cristiana per le autonomie…

Beh, questo è normale. Noi abbiamo in Berlusconi il nostro garante. Io avevo un partito che era presente in Parlamento con gruppi parlamentari propri assieme al Nuovo Psi di Caldoro, abbiamo sottoscritto dei patti che riguardavano la riconferma dei parlamentari e anche sul simbolo e sull’esperienza comune del Pdl. Mi ritrovo dopo cinque anni io da solo in Parlamento, tutti gli altri cacciati dalle liste, un quadro debitorio non previsto all’atto della fondazione, pur con il Pdl che ha introitato cospicui contributi..

Parla di debiti del Pdl?

No, del partito mio. Quadro debitorio da me fronteggiato, dunque insussistente. Faccio un esempio: i parlamentari del Pdl danno al partito 800-900 euro, i miei parlamentari, me compreso, ne hanno dati 5mila per tutta la legislatura, quindi ci siamo “autosovvenzionati”. Ci siamo tassati ma non per virtù, per necessità. Vuole altri esempi? Il nostro personale non è stato garantito: avevamo personale proveniente dalla Dca cui non è stata data nessuna sicurezza nel Pdl. Di questo a me chi risponde, Berlusconi? Alfano? Le primarie? Boh… è inevitabile che se ne occupino i miei avvocati.

Come?

Nessuno vuole andare in tribunale, ma è inevitabile che, se decidono di spaccarsi… i parlamentari ormai sono andati a casa, ma il personale meriterebbe qualche attenzione in più, no? Chiariamo subito: soldi non ne vogliamo, chi ha avuto ha avuto e chi ha dato ha dato… ma il personale per strada non lo lascio.

Ma ha l’impressione che, visto che per qualche tempo c’è stata l’impressione che la legislatura potesse chiudersi qui…

… mah, direi che forse era meglio se si concludeva qui!

… dicevo, pensa che qualcuno possa aver fatto qualche conto di convenienza proprio sul personale? Ci sono partiti che hanno trasferito ai parlamentari i collaboratori che il ridotto finanziamento ai partiti non consentiva più di pagare…

Beh, questa è tutta ipocrisia italiana, come chi chiede la legge elettorale per far scegliere i cittadini e candidano persone da liquidare… Il Parlamento non è uno scivolo, né una stanza di compensazione dei rapporti di lavoro.

Qualcuno può averlo pensato…

Spero proprio di no…

Letta e Alfano

Lei ha iniziato la sua attività politica nella Dc, dice di essere sempre rimasto democristiano; ora è cambiato tutto, sono cambiate molte figure…

Mah, intorno a me di diverso non vedo molto. Alfano era uno sveglio ragazzo della sinistra Dc di Agrigento, Fitto era l’allievo pugliese di Carlo Donat Cattin, intorno a loro sono tutti democristiani… fuori posto vedo solo il povero Berlusconi.

… ma ci sono motivi per prendere ancora la politica sul serio?

Sicuramente sì, perché tutte le persone che ho elencato potranno avere commesso tutte qualche errore, ma penso che vada salvata la generale buona fede.

Ha citato solo persone di centrodestra però, vuol dire che dall’altra parte le cose stanno diversamente?

No, trovo invece che sia una fase in cui ci sia un riassetto a sinistra e a destra, in cui i democristiani sono forse per la prima volta protagonisti: di qui ci sono Alfano e Fitto, di là ci sono Renzi e Letta, mi pare indubbio che la scuola democristiana funziona almeno come scuola quadri.

Con effetto postdatato…

Beh, vuol dire che tutte le cose che nel ventennio hanno occupato la cronaca non hanno tolto nulla che prenoti la storia.

Quando fallì il tentativo di modificare o archiviare il Porcellum nella scorsa legislatura lei fu forse l’unico a dire: “Tutto sommato, quella che abbiamo è una buona legge”. Lo crede ancora?

Lo penso ancora. Non ho mai creduto alla favola degli sciocchi per cui sono i cittadini a scegliere i parlamentari: non avveniva nemmeno con le preferenze. Erano una gara interna, ma in lista ci andavi se voleva il partito, la corrente, la lobby. Chi entrava in lista, per la Dc o il Pci, senza trafile interne spietate? Poi c’erano le preferenze, ma in lista si mettevano esattamente quelli che dovevano essere eletti, non c’erano incertezze su questo. Erano liste bloccate anche quelle, a modo loro; le sorprese riguardavano il 10%, la stessa incertezza che c’è anche oggi. E non parliamo dei collegi uninominali: c’erano quelli in cui si era eletti senza andarci, quelli in cui vincere era probabile, e quelli in cii non si vinceva nemmeno con l’apparizione di Padre Pio…

Quindi non c’è spazio per la scelta vera da parte dei cittadini?

Quella della scelta dei parlamentari rimessa ai cittadini è una balla raccontata al cittadino ingenuo, perché quello più smaliziato non ci credeva allora e non ci crede adesso. Per far scegliere i parlamentari ai cittadini servirebbe  un’elezione diretta senza liste, una fantasia che nemmeno Casaleggio ha fin qui proposto.

Secondo lei è più grave credere a un politico o non credergli?

Bisogna avere il coraggio di credergli, ma anche la prudenza di dubitare.

E come si fa?

Non prendere per oro colato tutto quello che dice, fare qualche verifica ed essere anche un po’ tolleranti: qualche bugia a fin di bene si può anche concedere e far finta di non essersi accorti di una bugia, sempre se è a fin di bene.

E come si capisce se è a fin di bene?

Eh, quello attiene al giudizio individuale,  per cui ciascuno decide se rivotare quel politico o no.

L'autore: Gabriele Maestri

Gabriele Maestri (1983), laureato in Giurisprudenza, è giornalista pubblicista e collabora con varie testate occupandosi di cronaca, politica e musica. Dottore di ricerca in Teoria dello Stato e Istituzioni politiche comparate presso l’Università di Roma La Sapienza e di nuovo dottorando in Scienze politiche - Studi di genere all'Università di Roma Tre (dove è stato assegnista di ricerca in Diritto pubblico comparato). E' inoltre collaboratore della cattedra di Diritto costituzionale presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Parma, dove si occupa di diritto della radiotelevisione, educazione alla cittadinanza, bioetica e diritto dei partiti, con particolare riguardo ai loro emblemi. Ha scritto i libri "I simboli della discordia. Normativa e decisioni sui contrassegni dei partiti" (Giuffrè, 2012), "Per un pugno di simboli. Storie e mattane di una democrazia andata a male" (prefazione di Filippo Ceccarelli, Aracne, 2014) e, con Alberto Bertoli, "Come un uomo" (Infinito edizioni, 2015). Cura il sito www.isimbolidelladiscordia.it; collabora con TP dal 2013.
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