Legge di stabilità: cosa c’è nella prima bozza (ma per Franceschini sono voci infondate)

Pubblicato il 14 Ottobre 2013 alle 18:05 Autore: Gabriele Maestri

Legge di stabilità: cosa c’è nella prima bozza

Le indiscrezioni lamentate da Enrico Letta forse possono avere una fine: ora si sa qualcosa di più del testo della legge di stabilità che il Parlamento dovrà discutere e che sembra un vero equilibrio di compromessi tra tutte le istanze emerse in questi giorni. Non la pensa così però il ministro Dario Franceschini: secondo lui il lavoro del governo sulla legge di stabilità è ”ancora in corso” e le anticipazioni sugli organi di informazioni sono ”quasi sempre infondate” e ”si susseguono a una velocità tale da renderne impossibile smentite puntuali”. Staremo a vedere…

PATTO DI STABILITA’ INTERNO ALLENTATO

La prima bozza della legge innanzitutto prevede che sia escluso il patto di stabilità interno ”al fine di consentire agli enti locali nel 2014 e 2015 i pagamenti in conto capitale“: si calcolano oneri ”sull’indebitamento e sul fabbisogno di 1.000 milioni di euro per l’anno 2014 e di 1.000 milioni per l’anno 2015”. Gli enti locali e le regioni, peraltro, non potrebbero più ricorrere ai derivati, che finora erano stati sottoposti a una sorta di blocco temporaneo, in attesa di un regolamento (che a questo punto non ci sarà, visto il divieto assoluto).

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RITOCCHI FISCALI

Sul piano fiscale, come già annunciato in precedenza, sparisce la Tares e viene istituito “un tributo sui servizi comunali, denominato Trise“: la prima componente (Tari) copre in effetti i costi per la gestione dei rifiuti urbani, mentre l’altra (Tasi) serve a coprire i costi relativi ai servizi indivisibili dei comuni e l’aliquota base è fissata all’1 per mille. Abolita poi l’Imu sulla prima casa, che diventa invece permanente per tutti gli altri immobili.

Un ritocco interessa invece l’imposizione sulle rendite finanziarie, che passerebbe dal 20% al 22%: un ritocco importante, ma inferiore rispetto a quanto chiesto dalla Cgil.

SALUTE E PREVIDENZA

Uno dei capitoli più delicati, anche per le polemiche che ci sono state, è costituito dalla sanità. In base alla bozza, la spesa sanitaria sarà ridotta nei prossimi tre anni di complessivi 2,65 miliardi di euro: 500 milioni per il 2014, 1,04 miliardi per il 2015 e 1,11 miliardi dal 2016. Questo comporterebbe anche una rideterminazione dei tetti di spesa farmaceutica territoriale e ospedaliera: passeranno rispettivamente dall’11,35 all’11,3% e dal 3,5 al 3,3%. con un risparmio annuo di 220 milioni a partire dal prossimo anno.

Sul piano previdenziale, se ci sono 250 milioni di euro in più per la cosiddetta social cardaltri 6mila lavoratori “esodati” saranno ammessi al pensionamento con le vecchie regole, dunque più tutelati (prima erano poco più di 10mila). L’indennità di accompagnamento per chi ha più di 65 anni, invece, non spetterà più a chi ha redditi personali di importo annuale superiore a 40mila euro; il limite vale anche se coniugati e qualora il reddito cumulato con quelli del coniuge sia di importo superiore a 70mila euro.

Stretta sulle “pensioni d’oro”: niente rivalutazione automatica (solo per il 2014) per gli assegni superiori a sei volte il minimo (superiori ai 3mila euro), mentre viene previsto un contributo di solidarietà per le pensioni oltre i 100mila euro per “concorrere al mantenimento dell’equilibrio del sistema pensionistico” (il contributo sarebbe del 5% per la parte eccedente i 100mila euro fino a 150mila, del 10% oltre i 150mila e del 15% oltre i 200 mila).

La dotazione aggiuntiva del Fondo per lo Sviluppo e la Coesione, poi, è incrementata di 43.800 milioni di euro per il periodo di programmazione 2014-2020,

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LAVORO

Altre misure riguardano il lavoro e i lavoratori. In particolare, la detrazione ‘base’ riconosciuta ai lavoratori dipendenti potrebbe salire da un valore di 1.338 a 1.450 euro: lo “sconto” si riduce in proporzione al reddito e si annulla attorno ai 55mila euro (non cambia nulla invece per chi non supera gli 8.000 euro). Sono previste poi deduzioni Irap, fino ad un massimo di 15 mila euro a dipendente, per i nuovi assunti la Cassa integrazione in deroga è incrementata di 600 milioni di euro nel 2014. 

Restano invece bloccati i contratti nel pubblico impiego: lo stop relativo al triennio 2010-2012 viene esteso fino al 31 dicembre 2014 e la norma vale anche per il personale del servizio sanitario nazionale. In più per le amministrazioni statali cala del 10% il tetto di spesa per gli straordinari.

ALZATA DI SCUDI CONTRO TAGLI A SANITA’

Com’era prevedibile, gli enti locali e alcune forze politiche aprono il fuoco contro la possibilità di tagli alla sanità. I malesseri sono innanzitutto interni al governo, a partire dal ministro della Salute Beatrice Lorenzin, secondo la quale con tagli alla sanità per 3 miliardi “non sarebbero più sostenibili l’assistenza ospedaliera e l’erogazione dei farmaci. Io sto lavorando perché si abbia un’azione contenuta che non vada a inficiare la sostenibilità del sistema”.

I tagli per la Lorenzin vanno fatti “in modo intelligente”, ad esempio incidendo sulla governance sanitaria (chiedendo ai manager di rispondere agli stessi requisiti richiesti nel settore privato) e di applicare istituti come i costi standard, la Centrale unica d’acquisto e il fascicolo sanitario elettronico. A lei risponde indirettamente il ministro per i rapporti con le regioni Graziano Delrio: “Stiamo lavorando per evitare altri sacrifici alla gente e per evitare tagli alla sanità e agli enti locali”.

Rabbrividisco di fronte all’idea che la sanità venga tagliata – dichiara Roberto Maroni per la Lega, oltre che come governatore della Lombardia -. Siamo già ridotti all’osso e qualunque taglio rischia di tagliare i servizi: mi auguro davvero che il governo non faccia i tagli”.

“Magari per finanziare la cancellazione della rata dell’Imu anche per i ricchi – attacca Nichi Vendola (Sel), presidente della Puglia – si puo’ considerare normale dare un altro colpo all’edificio già terremotato della sanità pubblica. Le nostre comunità stanno soffocando a causa dell’isteria ideologica dei tecnocrati che intimano tagli e povertà, l’Europa intera sta traballando a causa delle politiche di austerità, dissanguare la spesa sociale significa tagliare la carne viva dei diritti elementari dei cittadini”.

L'autore: Gabriele Maestri

Gabriele Maestri (1983), laureato in Giurisprudenza, è giornalista pubblicista e collabora con varie testate occupandosi di cronaca, politica e musica. Dottore di ricerca in Teoria dello Stato e Istituzioni politiche comparate presso l’Università di Roma La Sapienza e di nuovo dottorando in Scienze politiche - Studi di genere all'Università di Roma Tre (dove è stato assegnista di ricerca in Diritto pubblico comparato). E' inoltre collaboratore della cattedra di Diritto costituzionale presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Parma, dove si occupa di diritto della radiotelevisione, educazione alla cittadinanza, bioetica e diritto dei partiti, con particolare riguardo ai loro emblemi. Ha scritto i libri "I simboli della discordia. Normativa e decisioni sui contrassegni dei partiti" (Giuffrè, 2012), "Per un pugno di simboli. Storie e mattane di una democrazia andata a male" (prefazione di Filippo Ceccarelli, Aracne, 2014) e, con Alberto Bertoli, "Come un uomo" (Infinito edizioni, 2015). Cura il sito www.isimbolidelladiscordia.it; collabora con TP dal 2013.
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