Scelta civica: sostegno a Letta, addio all’Udc

Pubblicato il 23 Ottobre 2013 alle 12:09 Autore: Gabriele Maestri

Alla fine il direttivo di Scelta civica una decisione l’ha presa, anche se manca ancora il passaggio dell’assemblea degli eletti, in programma questa sera. Unità di intenti del partito (che non si scioglie) intorno alle ragioni che l’hanno fatto nascere, sostegno leale al governo stimolandolo alle riforme, separazione dall’Udc: sono questi i punti fondanti del documento che ha ricevuto 9 voti a favore. Una vittoria dei “montiani”, che lascia decisamente scontenta l’anima “popolare” di Sc.

LA LINEA DI MAURO

Voti contrari non se ne sono registrati, ma sul documento – uscito da quattro ore di discussione – un membro si è astenuto, altri due non hanno partecipato al voto; era invece assente Mario Mauro, impegnato a Bruxelles, ma certamente tra i motivi di frizione all’interno del partito c’è stato anche il suo agire. Mauro aveva scritto ad Alberto Bombassei (vicepresidente vicario) per chiedere un congresso che misuri la consistenza delle sue ragioni e “definisca l’identità del partito prima ancora della linea politica”.

mario mauro ministro difesa

Per Mauro occorrerebbe l’evoluzione di Sc verso un soggetto collocato in un centro popolare liberale, collaborante con la sinistra riformatrice ma distinto da essa: ha insistito sull’adesione al Ppe, invitando nel caso a non rompere con l’Udc.

IL DOCUMENTO VOTATO

Il direttivo invece, proiettando Bombassei alla presidenza, ha scelto di raccogliere l’appello lanciato da Mario Monti “affinché Scelta Civica ritrovi unità di intenti intorno ad una linea politica chiara e coerente con le ragioni della nascita del partito”. Anche per questo, i parlamentari sono invitati ad astenersi da ogni iniziativa che miri al perseguimento di progetti politici che postulino il superamento di Sc o sia contraria alla linea politica definita negli organi dirigenti”. In pratica, una pietra tombale sui progetti di Mauro (e non solo suoi).

mario monti attacca casini mauro e berlusconi

Se è prioritario il mantenimento dell’identità plurale (popolare, liberale ed europeista) con cui Scelta civica è nata, tenendo fermo lo scopo di modernizzare il paese con le riforme, nel documento si ribadisce il sostegno convinto al governo Letta “proseguendo nel suo ruolo di costante stimolo all’esecutivo per la realizzazione di un ambizioso piano di riforme” necessarie all’Italia per diventare una economia sociale di mercato.

L’ultimo capitolo è quello dell’Udc e le parole del documento sono nette: “sono purtroppo venuti meno i presupposti che avevano dato vita al patto di alleanza con l’Udc“, per la volontà dichiarata dei suoi dirigenti di costruire un progetto politico diverso rispetto a Sc. Toccherà a Bombassei incontrare i vertici del partito di Casini per definire “gli aspetti politici e giuridici della separazione consensuale dei gruppi parlamentari di Camera e Senato”. I termini, che ricalcano l’opinione espressa dal capogruppo al Senato Gianluca Susta, sono quelli di un matrimonio finito male, con la speranza che almeno la separazione avvenga “senza conflitti”.

LE REAZIONI

Mentre torna a parlare l’ex ministro Elsa Fornero, difendendo il comportamento di Monti (“Il modo in cui lo stanno trattando è un po’ una vergogna. La politica è arrivata a un livello di cinismo e a un grado di crudeltà’ sconcertanti”) e ritenendo il governo Letta “probabilmente il meglio che la politica italiana può dare oggi al Paese”, all’interno di Scelta civica le due fazioni appaiono chiaramente distinte.

Dellai

I primi a parlare sono i popolari, molto delusi: subito dopo il voto era intervenuto il capogruppo alla Camera Lorenzo Dellai, negando che sul documento ci sia stata identità di vedute ed esprimendo un personale “netto dissenso” sui tre punti messi al voto. Oggi Dellai e l’ex coordinatore Andrea Olivero sottolineano di non avere condiviso le dimissioni di Monti: “A fronte di problemi politici posti da esponenti del Partito – fanno sapere – sarebbe stato preferibile ricercare un chiarimento franco e sincero sulla base delle normali dialettiche interne

Sul futuro del partito non hanno dubbi: “Scelta Civica, se non coglie la necessità di costruire un progetto politico stabile e maturo, rischia di tradire le aspettative e le speranze che ha suscitato. Nessuno dentro i gruppi parlamentari di Scelta Civica intende partecipare in nessun modo al rilancio del Pdl. Prestare attenzione a ciò che si muove in quel partito e soprattutto nel suo elettorato non significa certo fare accordi di alcun tipo con Berlusconi o con chi ancora ritenga che il futuro consiste in un grande centro destra con Berlusconi padre nobile”. Come a dire: ci avete fraintesi, ma non rompiamo con l’Udc.

Lorenzo cesa

Arriva anche la reazione molto dura dal segretario dell’Udc, Lorenzo Cesa “Siamo stati obbligati in campagna elettorale a firmare un patto che ci vincola per la legislatura nel gruppo parlamentare di Scelta civica. Ora non abbiamo alcuna intenzione di scioglierlo, assecondando le bizze di chi non tollera il dissenso politico“.

Non la pensa esattamente così la montiana Linda Lanzillotta: ”Credo che Pierferdinando Casini dovesse essere leale con Mario Monti, anche perché ha goduto del suo traino alle elezioni per tornare in Parlamento. E poi Casini sbaglia del tutto quantomeno i tempi, vuole andare di là ma di là c’è Berlusconi e non è un Berlusconi al tramonto. Alle prossime elezioni europee dovremo presentare il nostro simbolo, quello di Scelta Civica, per poi andare a condizionare le politiche del Partito popolare europeo da posizioni non democristiane, ma più avanzate, grazie all’autorevolezza di Mario Monti e la nostra linea liberaldemocratica”. 

linda-lanzillotta

Qualcuno, intanto, pensa già di andarsene, come lo scrittore Edoardo Nesi, eletto con Scelta civica alla Camera:  “Con l’addio di Monti l’esperienza di Scelta Civica come la conosciamo è finita; se Scelta Civica finisce qui, l’unica possibilità di riformare l’Italia è Renzi. Finita l’esperienza di Monti, dentro e fuori al Parlamento le persone con le quali mi trovo meglio sono i renziani: sto meditando di uscire dal gruppo e di seguire la mia testa”.

L'autore: Gabriele Maestri

Gabriele Maestri (1983), laureato in Giurisprudenza, è giornalista pubblicista e collabora con varie testate occupandosi di cronaca, politica e musica. Dottore di ricerca in Teoria dello Stato e Istituzioni politiche comparate presso l’Università di Roma La Sapienza e di nuovo dottorando in Scienze politiche - Studi di genere all'Università di Roma Tre (dove è stato assegnista di ricerca in Diritto pubblico comparato). E' inoltre collaboratore della cattedra di Diritto costituzionale presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Parma, dove si occupa di diritto della radiotelevisione, educazione alla cittadinanza, bioetica e diritto dei partiti, con particolare riguardo ai loro emblemi. Ha scritto i libri "I simboli della discordia. Normativa e decisioni sui contrassegni dei partiti" (Giuffrè, 2012), "Per un pugno di simboli. Storie e mattane di una democrazia andata a male" (prefazione di Filippo Ceccarelli, Aracne, 2014) e, con Alberto Bertoli, "Come un uomo" (Infinito edizioni, 2015). Cura il sito www.isimbolidelladiscordia.it; collabora con TP dal 2013.
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