Berlusconi, Russo (Pd): “Margini molto stretti per chi non vuole il voto palese” INTERVISTA

Pubblicato il 31 Ottobre 2013 alle 19:09 Autore: Gabriele Maestri

Berlusconi, Russo (Pd): “Margini molto stretti per chi vuole evitare il voto palese”

Sul piano tecnico, è stato certamente il principale artefice del voto di ieri alla Giunta per il Regolamento del Senato. E’ stata la sua relazione ad essere di fatto accolta dall’organo, nel parere che invita a votare a scrutinio palese sulla decadenza da incandidabilità sopravvenuta in base alla legge Severino. E che varrà innanzitutto per Silvio Berlusconi, quando l’aula di Palazzo Madama dirà la sua.

Da Russo, appena tornato a Trieste, ci facciamo raccontare la giornata di ieri, i ragionamenti che hanno portato alla decisione e proviamo a guardare più in là. Alle modifiche delle regole opportune al Senato, ma soprattutto agli spazi (quasi inesistenti) che il Pdl potrebbe avere per ritornare al voto segreto.

* * *

Senatore Russo, allora ieri ha vinto lei da un certo punto di vista?

(Ride) Beh, diciamo che ha vinto il Partito democratico, la linea che poi sono stato incaricato di approfondire e di difendere. Diciamo che, visto com’era la situazione in partenza, non era così scontato.

Soprattutto perché mi pare di capire che la decisione determinante di Linda Lanzillotta sia maturata nelle ultime ore…

Sicuramente si è pronunciata al termine dei lavori, ma credo che anche il suo convincimento sia stato frutto di un dibattito che – come ho detto anche a molti altri colleghi – è stato comunque interessante, di buon livello tecnico-giuridico e molto diverso da quello cui si è assistito nel momento in cui abbiamo concluso i lavori della Giunta e si sono accese le telecamere. Onestamente, anche i colleghi del Pdl fino a quel momento avevano discusso semplicemente di quale fosse nel merito, norme e regolamenti alla mano, la soluzione da adottare. Poi, ahimè, è prevalsa un po’ di propaganda politica: me ne dispiaccio ma, insomma, dall’altro punto di vista la discussione era stata interessante.

annamaria-bernini

Quindi in Giunta il clima era stato sereno?

Con la collega Bernini avevamo fatto un percorso di approfondimento, ci eravamo anche scambiati impressioni precedentemente, anche con esperti e funzionari del Senato: non dico che si sia giocato a carte scoperte, ma quasi. La cosa è stata assolutamente cordiale, tra persone che “ne sapevano”. Non c’è stato nessuno scadimento nella polemica politica che poi invece si è scatenata un momento dopo.

La base del Pd era piuttosto convinta dell’opportunità del voto palese; non tutti i parlamentari o i dirigenti, però, sembravano contrari al voto segreto. Quanto della posizione finale del partito, secondo lei, è stato merito dell’approfondimento svolto dal Pd e quanto invece è stato sollecitato dalla posizione del MoVimento 5 Stelle, che per primo ha esplicitato l’obiettivo del voto palese?

Mah, il Pd ha sempre avuto – a parte alcuni distinguo che ho letto sui giornali, ma che secondo me sono anche frutto del fatto che alcuni colleghi non hanno letto la mia relazione e quindi istintivamente difendono un istituto che difendo anch’io, perché il voto segreto in alcuni momenti va difeso – una posizione a favore del voto palese. Certamente il MoVimento 5 Stelle si è battuto, ma parallelamente a quanto abbiamo fatto noi da subito. Anche se lo ha fatto in modi che rischiavano di portare alla soluzione opposta: non solo con la proposta di cambiare il regolamento, che era sbagliata perché avrebbe fatto giustamente gridare alla scelta contra personam, ma anche con il tentativo maldestro di far passare una calendarizzazione del dibattito sulla decadenza il 5 di novembre. Rischiava di vanificare il lavoro fatto in Giunta e di farci arrivare con il voto segreto. Insomma, eterogenesi dei fini ma… non hanno dimostrato grande “sapienza parlamentare”, nel senso di strategia e tattica: per fortuna è andata bene. Io ho un po’ “sfottuto” Grillo che si è premurato di rivendicare meriti non totalmente suoi, ma va bene così.

Grillo

Ma si possono riconoscere meriti al M5S, visto che spesso la politica non è prodiga di riconoscimenti verso di loro?

Riconosco che quella del voto palese è una posizione che hanno sempre mantenuto anche loro. Ma da qui a farne una vittoria a 5 Stelle, ce ne passa un pochino.

Nel dibattito di questi giorni credo siano emerse due questioni di rilievo. Da una parte, sono emerse differenze di peso nei regolamenti tra Camera e Senato che hanno complicato la discussione, visto che a Montecitorio la configurazione del voto sulla decadenza era un po’ più chiara di quanto non fosse al Senato…

No, era molto più chiara alla Camera! (ride) Magari fossimo stati alla Camera!

Ecco, da questo punto di vista, non si poteva cogliere l’occasione per modificare o uniformare su questo piano i regolamenti?

Beh, io mi sto battendo, contro il mio interesse, per il superamento del Senato in questa legislatura, vado oltre la sua domanda… Se così non fosse, è chiaro che, soprattutto in alcuni elementi come questo, la mia risposta è chiaramente “sì” ed è stata una delle argomentazioni che ho utilizzato: la necessità di armonizzare le regole e allinearsi alla decisione che la Camera aveva già assunto nel 2007.

Non si rischia però di avere creato una distinzione un po’ anomala tra incandidabilità da una parte e ineleggibilità dall’altra, quanto alle modalità di voto? Per lo meno, mi pare che il dispositivo vada in quella direzione…

Noi ieri ci siamo limitati, anche per evitare di dare l’idea che volessimo riformare il Regolamento in maniera surrettizia, a dare un parere sulle modalità di voto sulla fattispecie che emerge dall’applicazione della “legge Severino”. Punto. Abbiamo parlato solo di incandidabilità sopravvenuta per parlare della “Severino” e non prestare il fianco a polemiche che poi ci sono state lo stesso, ma formalmente era ineccepibile così. E’ chiaro che questo sarà un precedente per chi prenderà in mano la questione dopo di noi, nel caso, per allargare quella considerazione come ha fatto la Camera. Il mio parere originario riprendeva sostanzialmente quello della Giunta per il Regolamento della Camera del 2007.

Antonio Leone

Parere provocato da un elemento di spicco di Forza Italia e poi del Pdl come Antonio Leone…

Certo, infatti si sono un po’ arrabbiati in Giunta quando l’ho ricordato… Comunque voglio fare presente a chi ha detto che si è sempre votato con voto segreto che, dal 1995 in poi, si sono verificati ben 25 casi di voto palese addirittura quando si doveva decidere su restrizioni importanti della libertà personale come l’arresto, la perquisizione, la detenzione, le intercettazioni o il sequestro di corrispondenza. Ipotesi molto più “personali” di quanto non sia quella del voto sulla decadenza.

Ora però inizia la ricerca della “ventina” di senatori che dovranno prima presentare l’ordine del giorno contrario alla proposta di decadenza della Giunta delle elezioni e poi, volendo, chiedere che si torni al voto segreto sulla base di una delle disposizioni costituzionali elencate dall’art. 113, comma 4 del Regolamento del Senato. Lei vede uno spazio per questa eventualità, magari sulla base dell’art. 25, comma 2 della Costituzione che sancisce l’irretroattività delle pene?

Guardi, è chiaro che è uno degli argomenti che ha attraversato il dibattito in queste settimane. Si parla anche di altri articoli, come il 24 sul diritto di difesa ad esempio. L’ipotesi credo possa esserci, ma credo che lo spazio sia molto ridotto. Quell’ordine del giorno è relativo a ciò che la Giunta delle elezioni ha deciso: inserire surrettiziamente altri elementi non qualificanti, come riaprire il dibattito sull’irretroattività – che tra l’altro è già stato deciso in maniera ancora più autorevole in un procedimento paragiurisdizionale in Giunta, dove la tesi dell’irretroattività è stata bocciata – non credo abbia molto margine. A quel punto, comunque, spetterebbe al Presidente decidere, il Presidente immagino vorrà sentire di nuovo la Giunta: non voglio anticipare un giudizio, ma mi pare che i margini siano stretti.

Il fatto che in Giunta in questi giorni il Pdl abbia sostenuto la tesi della incandidabilità come sanzione amministrativa, facendo sua la tesi della Corte d’Appello di Milano, non rischia di impedire il riferimento all’articolo 25, comma 2 della Costituzione, che parla di un soggetto “punito”, quindi di una sanzione penale?

Diciamo che gli argomenti non sono sembrati irresistibili. E’ uno dei motivi per cui io stesso che, onestamente, avevo un pregiudizio positivo verso il voto segreto, mi sono via via convinto che la soluzione dovesse essere un’altra.

senato della repubblica voto segreto decadenza berlusconi

Quindi lei inizialmente era per il voto segreto?

Come le dicevo, culturalmente avevo questo pregiudizio positivo. Del resto, anche tanti osservatori distanti e distratti che ho letto e sentito in questi giorni, hanno detto e scritto che è una guarentigia istituzionalizzata, che va giustamente a difendere non tanto l’oggetto del voto, in questo caso Berlusconi, ma la libertà di chi vota (una differenza che l’opinione pubblica spesso non coglie). Col tempo, però, ho visto che le ragioni giuridiche erano dalla nostra; il modo “timido” con cui l’altra parte ha difeso le sue ragioni mi ha pensare che abbiamo deciso veramente come si doveva fare.

In queste ore il Pdl ha fatto passare l’equazione “voto palese = decadenza di Berlusconi”. Le sembra così scontato?

Beh, se guardo alle dichiarazioni pubbliche mi pare di sì. Non si dovrebbero avere dubbi su quello che avrebbe votato il Pd anche con il voto segreto, a maggior ragione con il voto palese. Vedo che anche Casini, che era tra gli “indiziati” di scelte diverse nel segreto dell’urna, oggi ha criticato il nostro parere di ieri ma si è espresso per la decadenza. Sui M5S non c’è bisogno di dire nulla, quindi i conti sono presto fatti.

L'autore: Gabriele Maestri

Gabriele Maestri (1983), laureato in Giurisprudenza, è giornalista pubblicista e collabora con varie testate occupandosi di cronaca, politica e musica. Dottore di ricerca in Teoria dello Stato e Istituzioni politiche comparate presso l’Università di Roma La Sapienza e di nuovo dottorando in Scienze politiche - Studi di genere all'Università di Roma Tre (dove è stato assegnista di ricerca in Diritto pubblico comparato). E' inoltre collaboratore della cattedra di Diritto costituzionale presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Parma, dove si occupa di diritto della radiotelevisione, educazione alla cittadinanza, bioetica e diritto dei partiti, con particolare riguardo ai loro emblemi. Ha scritto i libri "I simboli della discordia. Normativa e decisioni sui contrassegni dei partiti" (Giuffrè, 2012), "Per un pugno di simboli. Storie e mattane di una democrazia andata a male" (prefazione di Filippo Ceccarelli, Aracne, 2014) e, con Alberto Bertoli, "Come un uomo" (Infinito edizioni, 2015). Cura il sito www.isimbolidelladiscordia.it; collabora con TP dal 2013.
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