Processo Stato-mafia, Napolitano: “Lieto di dare contributo”

Pubblicato il 1 Novembre 2013 alle 10:48 Autore: Gabriele Maestri
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Ora è confermato: Giorgio Napolitano testimonierà nel processo sulla “trattativa Stato-Mafia” e “sarebbe ben lieto di dare, ove ne fosse in grado, un utile contributo all’accertamento della verità processuale”. Lo scrive lo stesso Presidente della Repubblica, in una lettera al Presidente della Corte d’Assise di Palermo, di cui l’ufficio stampa del Quirinale dà notizia.

La disponibilità di Napolitano viene data “indipendentemente dalle riserve sulla costituzionalità dell’art. 205, comma 1, del codice di procedura penale”, disposizione che prevede che l’eventuale testimonianza del Presidente della Repubblica sia assunta “nella sede in cui egli esercita la funzione di capo dello Stato” (dunque al Quirinale). I predecessori di Napolitano, dunque, avevano espresso dubbi sulla legittimità costituzionale della norma, ma la lettera dissipa i dubbi, per cui il Capo dello Stato sarà ascoltato nella sua sede.

giorgio napolitano

La stessa nota, però, precisa anche i dubbi di Napolitano sull’effettiva utilità della sua testimonianza. “Il Presidente – continua il testo della comunicazione – ha nello stesso tempo esposto alla Corte i limiti delle sue reali conoscenze in relazione al capitolo di prova testimoniale ammesso”.

Come è stato precisato quando sono state divulgate le liste dei testimoni, Giorgio Napolitano nel processo sulla trattativa Stato-mafia potrà essere sentito esclusivamente – così ha deciso la Corte d’assise di Palermo – con riguardo alle “preoccupazioni” espresse dal suo ex consigliere giuridico, Loris D’Ambrosio, scomparso un anno fa, in una lettera del 18 giugno del 2012. Nella lettera, D’Ambrosio accennava a “episodi del periodo 1989-1993” e manifestava il suo “timore di essere stato considerato un ingenuo e utile scriba di cose utili a fungere da scudo per indicibili accordi“.

In precedenza, la Corte costituzionale (nella sentenza che doveva risolvere il conflitto di attribuzione tra il Quirinale e la Procura di Palermo, sulla distruzione delle intercettazioni di conversazioni telefoniche di Napolitano con l’ex ministro Nicola Mancino) aveva espressamente indicato l’art. 205 del codice di procedura penale per l’assunzione della testimonianza del Presidente della Repubblica.

Gabriele Maestri

L'autore: Gabriele Maestri

Gabriele Maestri (1983), laureato in Giurisprudenza, è giornalista pubblicista e collabora con varie testate occupandosi di cronaca, politica e musica. Dottore di ricerca in Teoria dello Stato e Istituzioni politiche comparate presso l’Università di Roma La Sapienza e di nuovo dottorando in Scienze politiche - Studi di genere all'Università di Roma Tre (dove è stato assegnista di ricerca in Diritto pubblico comparato). E' inoltre collaboratore della cattedra di Diritto costituzionale presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Parma, dove si occupa di diritto della radiotelevisione, educazione alla cittadinanza, bioetica e diritto dei partiti, con particolare riguardo ai loro emblemi. Ha scritto i libri "I simboli della discordia. Normativa e decisioni sui contrassegni dei partiti" (Giuffrè, 2012), "Per un pugno di simboli. Storie e mattane di una democrazia andata a male" (prefazione di Filippo Ceccarelli, Aracne, 2014) e, con Alberto Bertoli, "Come un uomo" (Infinito edizioni, 2015). Cura il sito www.isimbolidelladiscordia.it; collabora con TP dal 2013.
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