Mattarellum sì o no? Il Pd litiga sulla legge elettorale

Pubblicato il 15 Novembre 2013 alle 11:46 Autore: Gabriele Maestri
Il M5S svela il lobbista

Se Atene piange, Sparta non ride, anche quando potrebbe sentire di nuovo profumo di vittoria. Perché, mentre nel Pdl ogni dichiarazione alle agenzie e ai media sembra buona per scatenare una scissione fulminante (che però è già stata sfiorata più volte), nel Pd in preda alla furia congressuale ci si scanna anche sulla legge elettorale che dovrebbe mandare (definitivamente, si spera) in pensione il Porcellum.

Lo strumento di lotta ha la forma del Mattarellum, il sistema in vigore fino al 2005, con cui si è votato tre volte (1994, 1996, 2001). Dopo vari mesi in cui, per la maggioranza nel Pd, quel sistema non era il migliore possibile, ora i principali candidati alla segreteria, Gianni Cuperlo Matteo Renzi sembrano pronti a riutilizzarlo. Provocando la reazione di Pippo Civati: “Da mesi sono l’unico pro Mattarellum. Improvvisamente lo diventano anche Cuperlo e Renzi, quando il renziano Franceschini ha bocciato il Mattarellum e il cuperliano D’Alema è da sempre a favore del proporzionale”.

civati il Pd litiga sulla legge elettorale

Altrettanto piccata la risposta di Cuperlo: “La riforma della legge elettorale è un tema troppo serio per essere affrontato con l’opportunismo che traspare da certi comportamenti e da certe dichiarazioni. Eliminare il Porcellum è una necessità politica e istituzionale. Purtroppo, l’unica cosa che Civati fa è attaccare gli altri candidati”.

Non perdono l’occasione per intervenire i renziani attraverso Andrea Marcucci: “Bene che Cuperlo oggi si schieri decisamente contro proporzionale e Porcellum. Parli con chiarezza anche ai suoi sostenitori, che fino a ieri sembravano di diverso avviso”. In ogni caso, “se esiste una maggioranza per ripristinare il Mattarellum – precisa Marcucci – siamo disponibili a verificarla”.

franceschini il Pd litiga sulla legge elettorale

Dario Franceschini però non cambia idea sul Mattarellum: “Se qualcuno vuole tenere le larghe intese per sempre non c’è sistema migliore. Con tre forze che non superano il 30 per cento, quello sarebbe l’esito scontato: la totale ingovernabilità”. Per il ministro è meglio aspettare la Corte costituzionale, ma la posizione non convince Roberto Giachetti, che continua lo sciopero della fame per la cancellazione del Porcellum: “Nonostante l’opinione autorevole di Franceschini che vorrebbe correggere l’attuale legge, il Pd ha scelto una direzione diversa. Se ne farà una ragione”.

Franceschini però non ci sta e risponde al suo collega di partito: “Io non voglio proprio correggere il Porcellum e la mia posizione è quella votata e decisa più volte dal partito: il doppio turno di collegio, l’unico sistema che garantisce la stabilità anche in un sistema purtroppo non più bipolare”. Lo stesso segretario Pd, Guglielmo Epifani, conferma che il partito “non si rassegna e continuerà a sostenere la sua proposta di riforma elettorale bocciata in commissione”.

roberto giachetti il Pd litiga sulla legge elettorale

Tiene il punto anche Cuperlo: “Il sindaco di firenze ci ha promesso che presenterà la sua proposta sul sindaco d’Italia ma, a parte le contraddizioni con la costituzione italiana che non ha un impianto presidenzialista, non può tacere sulla vera questione che ha di fronte il Parlamento: bisogna fare comunque ogni sforzo per eliminare il Porcellum oppure no?”.

I NUMERI E I TEMPI

Il fatto è che, al momento, al Senato il Pd consentirebbe di raggiungere la maggioranza necessaria per far passare l’ordine del giorno di Roberto Calderoli (estensore e aspirante carnefice del Porcellum) che impegnerebbe il Parlamento a un ritorno al Mattarellum, sia pure con alcune modifiche: il passaggio sarebbe assicurato con i voti di Lega, Pd, Scelta civica e Sel. E mentre il Pd litiga sulla legge elettorale, qualcuno lucida il pallottoliere e continua a fare i conti.

In ogni caso, i tempi per la discussione non sono brevi: se mercoledì prossimo si riunirà l’ufficio di presidenza della commissione Affari costituzionali, di mezzo c’è la discussione della legge di stabilità che monopolizzerà i lavori della settimana entrante. E se si potrebbe arrivare a un voto il 26 novembre, incombe la scadenza molto più delicata del voto sulla decadenza di Berlusconi, fissato proprio per il giorno successivo.

L'autore: Gabriele Maestri

Gabriele Maestri (1983), laureato in Giurisprudenza, è giornalista pubblicista e collabora con varie testate occupandosi di cronaca, politica e musica. Dottore di ricerca in Teoria dello Stato e Istituzioni politiche comparate presso l’Università di Roma La Sapienza e di nuovo dottorando in Scienze politiche - Studi di genere all'Università di Roma Tre (dove è stato assegnista di ricerca in Diritto pubblico comparato). E' inoltre collaboratore della cattedra di Diritto costituzionale presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Parma, dove si occupa di diritto della radiotelevisione, educazione alla cittadinanza, bioetica e diritto dei partiti, con particolare riguardo ai loro emblemi. Ha scritto i libri "I simboli della discordia. Normativa e decisioni sui contrassegni dei partiti" (Giuffrè, 2012), "Per un pugno di simboli. Storie e mattane di una democrazia andata a male" (prefazione di Filippo Ceccarelli, Aracne, 2014) e, con Alberto Bertoli, "Come un uomo" (Infinito edizioni, 2015). Cura il sito www.isimbolidelladiscordia.it; collabora con TP dal 2013.
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