La previdenza degli onorevoli

Pubblicato il 3 Dicembre 2011 alle 13:11 Autore: Matteo Patané
onorevoli

La classe politica italiana non si smentisce, e ancora una volta offre il peggio di sé alla vigilia dei nuovi importanti sacrifici che il Governo Monti chiederà alla popolazione su temi fiscali e previdenziali.
Il famoso trittico tra rigore, crescita ed equità che tanti entusiasmi e speranze del discorso di insediamente del nuovo Presidente del Consiglio, che tante speranze aveva susscitato dopo le dimissioni di Berlusconi, pare – almeno stando alle voci che si stanno diffondendo prima del chiarificatore CdM di lunedì 5 dicembre – infatti essere finito almeno in parte nel dimenticatoio, dal momento che tutte le indiscrezioni sono mirate sui temi del ritorno dell’ICI, della mini-patrimoniale, della rivalutazione delle rendite catastali e soprattutto di una nuova riforma previdenziale.
Molto rigore, un po’ di equità, ma sicuramente per le misure relative allo sviluppo economico sarà necessario attendere – salvo clamorose smentite lunedì prossimo.

Un punto in particolare desta però speciale attenzione, ed è stato ripreso recentemente anche dai media: secondo la revisione dei regolamenti di Camera e Senato promossa dai rispettivi Presidenti Fini e Schifani, infatti, anche per i parlamentari – massima espressione della cosiddetta “Casta” – scatterà l’adeguamento al sistema contributivo, e soprattutto la data del ricevimento del vitalizio verrà fissata a 60 anni di età per coloro che hanno più di un mandato alle spalle, e 65 per gli eletti attualmente al primo mandato. Questo, naturalmente, se la proposta verrà effettivamente resa esecutiva.
Una situazione molto simile, a quella che il Ministro Fornero disegna per i milioni di contribuenti italiani che non hanno la fortuna di sedere in Parlamento.
Di fatto si verrebbero a delineare tre situazioni differenti tra loro: da un lato gli ex-parlamentari, per i quali resterebbe una situazione invariata; dall’altro invece vi sono i parlamentari in corso, per i quali si applicherebbero le nuove regole, e all’interno di questo calderone si devono distinguere coloro che hanno già maturato gli attuali quattro anni, sei mesi e un giorno e che avrebbero quindi diritto alla pensione con le attuali regole, che vedrebbero negarsi dei “diritti acquisiti”, e dall’altro i parlamentari che non hanno ancora maturato tale anzianità di servizio.

Un mix di situazioni che consentono numerosi appigli contro una norma che sta causando una vera e propria rivolta in Parlamento, con toni e argomenti che raccontano più di mille analisi la distanza siderale tra elettori ed eletti, e che evidenziano la differente importanza che la nostra classe politica assegna ai propri problemi personali e a quelli del Paese.

Una proposta demagogica per indorare la pillola agli italiani che dovranno subire i tagli delle pensioni. 

 

A me della pensione non frega niente, ma l’operazione deve iniziare dal 1945, perché chi propone i tagli è in Parlamento da decenni. 

 

Prima facciano chiarezza sui loro conflitti di interessi, poi ci chiedano i sacrifici.

 

Siamo furibondi. Fini e Schifani non pensino di fare questa operazione sulla testa delle nuove generazioni. 

(per continuare la lettura cliccare su “2”)

Per commentare su questo argomento clicca qui!

L'autore: Matteo Patané

Nato nel 1982 ad Acqui Terme (AL), ha vissuto a Nizza Monferrato (AT) fino ai diciotto anni, quando si è trasferito a Torino per frequentare il Politecnico. Laureato nel 2007 in Ingegneria Telematica lavora a Torino come consulente informatico. Tra i suoi hobby spiccano il ciclismo e la lettura, oltre naturalmente all'analisi politica. Il suo blog personale è Città democratica.
Tutti gli articoli di Matteo Patané →