Il procedimento legislativo da cambiare secondo Letta e Napolitano

Pubblicato il 27 Dicembre 2013 alle 16:48 Autore: Gabriele Maestri

Il procedimento legislativo da cambiare secondo Letta e Napolitano

Se ne parla da tempo, ma finora di operativo è stato fatto piuttosto poco. Eppure, in questo momento, c’è una singolare consonanza tra Quirinale e Palazzo Chigi sulla necessità di cambiare le regole per scrivere le regole, ossia per discutere e approvare le leggi. Meno accordo, forse, sulle modifiche di cui il sistema ha bisogno.

Da una parte c’è il richiamo molto fermo del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ai presidenti delle due Camere, perché siano molto rigorosi nel valutare gli emendamenti a tutte le leggi di conversione dei decreti. Il tutto parte proprio dagli ultimi eventi che hanno riguardato il decreto-legge “salva Roma”, cui – prima della rinuncia da parte del governo su monito informale di Napolitano – “sono stati aggiunti al testo originale del decreto 10 articoli per complessivi 90 commi”.

Letta Napolitano procedimento legislativo

Su questa base, il capo dello stato ha chiesto a Laura Boldrini Pietro Grasso di usare “il massimo rigore nella verifica della ammissibilità degli emendamenti”, rinnovando anche (non senza citare pronunciamenti della Corte costituzionale e interventi da lui già svolti) “l’invito ad attenersi nel valutare l’ammissibilità di emendamenti ai decreti legge a criteri di stretta attinenza all’oggetto del provvedimento, anche adottando opportune modifiche dei regolamenti parlamentari”.

Sulla possibilità di riformare i regolamenti è intervenuta direttamente la Boldrini, ricordando che un gruppo di lavoro ha messo a punto un testo di riforma e potrebbe essere discusso nel corso delle prossime settimane nell’aula. Sulla necessità di intervenire sul procedimento, però, insiste a modo suo anche Letta, che probabilmente non ha in mente una semplice modifica regolamentare.

Letta Napolitano procedimento legislativo

Letta riconosce che “in questo paese è essenziale una riforma complessiva del procedimento legislativo, l’attuale non è più quello di una democrazia moderna”. Il riferimento è innanzitutto al bicameralismo perfetto, per cui per il presidente del Consiglio non è più accettabile avere due Camere che fanno praticamente le stesse cose (con l’unico effetto di allungare i tempi e creare ingorghi). Proprio l’ingorgo di fine anno dimostrerebbe che qualcosa va cambiato.

Per eliminare il ruolo paritario delle Camere, però, è necessario intervenire con legge costituzionale e il discorso rischia di essere molto più complicato. Letta, in più, non riflette su un punto fondamentale: i 10 articoli e 90 commi che hanno appesantito il ddl di conversione del decreto “salva Roma” non sono caduti dal cielo, ma li ha proposti qualche parlamentare. E se sono passati, verosimilmente fanno riferimento in gran parte alla maggioranza. Non ha proprio nulla da rimproverarsi?

L'autore: Gabriele Maestri

Gabriele Maestri (1983), laureato in Giurisprudenza, è giornalista pubblicista e collabora con varie testate occupandosi di cronaca, politica e musica. Dottore di ricerca in Teoria dello Stato e Istituzioni politiche comparate presso l’Università di Roma La Sapienza e di nuovo dottorando in Scienze politiche - Studi di genere all'Università di Roma Tre (dove è stato assegnista di ricerca in Diritto pubblico comparato). E' inoltre collaboratore della cattedra di Diritto costituzionale presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Parma, dove si occupa di diritto della radiotelevisione, educazione alla cittadinanza, bioetica e diritto dei partiti, con particolare riguardo ai loro emblemi. Ha scritto i libri "I simboli della discordia. Normativa e decisioni sui contrassegni dei partiti" (Giuffrè, 2012), "Per un pugno di simboli. Storie e mattane di una democrazia andata a male" (prefazione di Filippo Ceccarelli, Aracne, 2014) e, con Alberto Bertoli, "Come un uomo" (Infinito edizioni, 2015). Cura il sito www.isimbolidelladiscordia.it; collabora con TP dal 2013.
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