La nascita del RAL, degno erede del CAF

Pubblicato il 31 Dicembre 2013 alle 14:10 Autore: Dario Cafiero
Renzi Alfano Letta la nascita del Ral

La nascita del RAL, degno erede del CAF

Due esponenti del partito di maggioranza ed il principale alleato di governo in una serie interminabile di sussulti che coinvolgono le azioni dell’esecutivo, possibili rimpasti e le partecipate pubbliche.

Cronaca degli ultimi giorni? Sì, con il duo di Palazzo Chigi Letta-Alfano, bombardato mediaticamente dal segretario del principale partito di governo, Renzi. Ma è uno schema che, con parti praticamente identiche, si è già verificato con grandissimo insuccesso per gli italiani (e per il debito pubblico) ormai 25 anni fa.

Alfano e Letta

Il muro di Berlino stava per cadere, ed in un’Italia alla ricerca di un minimo di stabilità (toh, anche oggi!), i due principali partiti dell’ultima tornata elettorale – Dc e Psi – cercano di consolidare quell’infinito potere che hanno in condominio creando una “sottoalleanza”  al più vasto cartello elettorale-parlamentare pentapartitico (altra somiglianza con l’attualità). Allora i protagonisti furono Bettino Craxi, Giulio Andreotti ed Arnaldo Forlani, che andavano a comporre il celebre acronimo CAF. Un’alleanza silenziosa ma potente che in breve tempo riuscì a spartirsi tutto ciò che c’era: correnti, poltrone partitiche, ministeri, partecipate … Una cavalcata inesorabile che tramortì tutto quello che c’era.

Oggi invece abbiamo Matteo Renzi, Angelino Alfano ed Enrico Letta, fermi in un gioco delle parti dove spuntano già parole di routine della prima repubblica come “rimpasto”, “correnti”, “posizioni”. Esempio? Le continue interviste ad esponenti di seconda linea delle varie correnti (penso a Dario Nardella, che può essere assimilato come ruolo e presenza mediatica al Gianni De Michelis degli anni ’80) per dire che “il governo sopravvive se…”, “noi chiediamo che…” o “se non sarà fatto …”. Insomma, un canovaccio consolidato.

Il Caf (Craxi, Andreotti, Forlani)

Allora, come oggi, il tutto avveniva in nome del “cambiamento” per fronteggiare nemici comuni ai tre: se un tempo c’era la crescente Lega Nord, oggi c’è il Movimento 5 stelle (anche se territorialmente molto meno organizzato) o le correnti interne (la sinistra Dc e la sinistra Psi 20 anni fa, tutta la sinistra oggi). Le liti tra le parti sembravano durissime, a tratti aspre a tal punto da far immaginare davvero cadute di governi o scossoni definitivi. Ma tutto risolvibile con l’assegnazione a questo o quel rappresentante di corrente al ministero giusto.

renzi

Eppoi, le proposte per questo cambiamento? Simili anche quelle. Craxi portava avanti la bandiera del presidenzialismo alla francese, Renzi l’abolizione del Senato. E la legge elettorale? Nel 1991 intervenne il referendum che si proponeva di modificare il proporzionale con il maggioritario ad un turno, ed alla fine arrivò il Mattarellum; oggi si invoca il Mattarellum ma alla fine, visto l’iter legislativo iniziato dalla Consulta, c’è il rischio di un ritorno ad un proporzionale quasi puro, soprattutto se si andrà ad agire sulla legge elettorale attuale con la sola cancellazione delle parti ritenute incostituzionali (quindi premio di maggioranza e liste bloccate).

Un giro vorticoso, articolato, fatto di primarie, di ultimatum, di “momenti storici” che sembra … tornare esattamente al punto di partenza.

L'autore: Dario Cafiero

Laureato in Comunicazione politica all'Università di Firenze con una tesi sul linguaggio politico di Mario Monti prima delle elezioni politiche del 2013. Collabora con l'Unità e al Corriere Nazionale, ed alla campagna elettorale regionale 2010 per il candidato di centrosinistra. Dal 2011 all'ufficio stampa della giunta provinciale di Firenze. Appasionato di politica e giornalismo, ultimamente scopre (dal divano) il fantastico mondo del basket
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