Il 2013 della politica: ecco tutti i protagonisti

Pubblicato il 31 Dicembre 2013 alle 18:31 Autore: Alessandro Genovesi

Il 2013 della politica: ecco tutti i protagonisti

Tra poche ore calerà il sipario su uno degli anni più ricchi di avvenimenti della recente storia politica italiana. Ripercorriamone gli eventi attraverso gli uomini politici che hanno caratterizzato questi ultimi dodici mesi. Rigorosamente in ordine alfabetico.

ALFANO ANGELINO – “Gli manca il quid”. Eh sì, per Alfano il 2012 si era chiuso nel peggiore dei modi, prima lanciato da Berlusconi come candidato premier del centrodestra e subito dopo fatto accomodare in panchina e liquidato dallo stesso Cavaliere, accortosi che la leadership non era propriamente la principale dote del suo delfino. E invece l’ex guardasigilli il quid ce l’aveva. E l’ha dimostrato tra settembre e novembre quando, dietro le continue minacce al governo dei berlusconiani, non ha condiviso il ritorno a Forza Italia e ha strappato con Silvio, fondando il “Nuovo centrodestra”, essenziale per la tenuta del governo. I propositi per il 2014 sono più che buoni: scindere la destra dal berlusconismo e dare finalmente al paese quella “sezione italiana del Ppe” che non ha mai avuto. Insegue la Merkel, rischia di diventare “Alfini”.

BERLUSCONI SILVIO – Checché se ne dica, è sopravvissuto anche quest’anno. Indietro di 10 punti, perde le elezioni dello 0,4%, rende ingovernabile il Senato e obbliga il Pd alla grande coalizione. Va da Santoro e diventa il prim’attore della campagna elettorale, inventandosi la gag dell’anno (la pulita della sedia di Travaglio). Da gran piazzista qual è, tiene per un semestre il governo sulla graticola e fa abolire l’Imu, poi passa all’opposizione e rifonda Forza Italia. Condannato in via definitiva per reati gravissimi, paralizza le attività parlamentari per 4 mesi, finché il Senato, dopo infinite sedute da psicoanalisi, ne vota la decadenza.

berlusconi

BERSANI PIERLUIGI – Il grande sconfitto del 2013 è lui. Ha il paese in mano e un vantaggio quasi incolmabile nei confronti del Pdl. Se lo mangia tutto e il 26 febbraio spiega il risultato elettorale con una frase da brivido: “Siamo arrivati primi ma non abbiamo vinto”. Dopo due mesi passati a correre dietro a Grillo, finisce travolto dalle faide interne del Pd nella turbinosa vicenda dell’elezione del Presidente della Repubblica e a fine aprile si dimette. Autore del peggior slogan elettorale di sempre: “Smacchiamo il giaguaro”.

GIACHETTI ROBERTO – Poco conosciuto ai più, diventa noto al grande pubblico per l’ammirevole quanto strenua lotta al Porcellum. Volendo ragionare per immagini, Giachetti è lo studente che a piazza Tienamen si para davanti al carro armato Porcellum. Fa 69 giorni di sciopero della fame invocando la riforma elettorale e lo interrompe solo quando la Consulta dichiara incostituzionale la legge.

grillo

GRILLO GIUSEPPE – La sera del 25 febbraio uno Tsunami si abbatte sulla politica italiana. Dopo una campagna elettorale giocata tutta all’attacco e arringando le piazze ribollenti di rabbia contro la “casta”, l’ex comico non sbaglia l’appuntamento della vita: soffia almeno 5 punti percentuali al Pd, impedendogli la vittoria e porta il Movimento 5 Stelle al 25% dei voti, un risultato straordinario. Da quel momento Grillo diventa incontenibile: chiude ad ogni accordo di governo proposto da Bersani, si sbatte come un matto per cacciare Berlusconi dal Senato, bombarda dal blog il governo e individua un nuovo, grande nemico: Giorgio Napolitano.

KYENGE CECILE – Primo ministro di colore della storia repubblicana, nata in Congo ma con cittadinanza italiana, si batte fin da subito per la tutela degli immigrati. Oggetto di vergognosi attacchi razzisti da parte della Lega Nord (“sembra un orango” copyright Roberto Calderoli) non si fa intimidire e va avanti a testa bassa, mettendo lo ius soli al centro della sua azione politica.

LETTA ENRICO – Il “giovane nipote” di Gianni si prende, a sorpresa, la poltrona più ambita di tutte. Numero due di Bersani, sale a Palazzo Chigi in seguito agli accordi tra il segretario Pd e Berlusconi e grazie alla sapiente regìa di Letta zio. Attentissimo a non tirare la corda con nessuno, passa 6 mesi da vero equilibrista, dando un colpo al cerchio e uno alla botte. Fa una sola mossa da grande politico, ma è quella giusta: stringe un patto d’acciaio con Alfano, addirittura lo convince a mollare Berlusconi, garantendosi così una sicura maggioranza parlamentare. Passato il Cav all’opposizione, tira un sospiro di sollievo e promette un cambio di passo nel 2014. Vedremo. Celebre il suo “ho le palle d’acciaio” dichiarato ad un giornale irlandese.

letta-alfano

MONTI MARIO – L’annus horribilis, senza se e senza ma, del Professore. Acclamato come il salvatore della patria al suo insediamento a Palazzo Chigi, in un anno brucia tutto il patrimonio di consenso verso gli italiani. Visibilmente a disagio nei panni del politico, decide malauguratamente di fondare un partito, anzi, una “Scelta Civica”, scegliendosi come compagni di viaggio Fini e Casini. E’ l’inizio della fine: va in tv con un cagnolino, prenota un posto nel futuro governo Bersani, si propone come nuovo interlocutore nel Ppe al posto di Berlusconi. Le urne gli consegnano un poco lusinghiero 10%. Litiga con Casini e si dimette da presidente da Scelta Civica. Un disastro.

NAPOLITANO GIORGIO – Re Giorgio è ancora sul trono. Nonostante tutto.  È la prima volta nella storia d’Italia che un Presidente della Repubblica viene rieletto. Molti gliene fanno una colpa perché aveva promesso che non avrebbe accettato un secondo mandato. Per correttezza, però, si dovrebbe aggiungere che Bersani e Berlusconi, in quei tormentati giorni d’aprile, sono saliti al Quirinale implorando il Presidente di tornare.

renzi

RENZI MATTEO – E’ lui il politico dell’anno. Tutte le sue fortune iniziano il 2 dicembre del 2012 quando perde le primarie contro Bersani e, fiutando l’aria che tira, fa l’unica cosa intelligente: si smarca, sta in silenzio, aspetta.  Il vento cambia e da quel momento ogni evento sembra destinato ad avvantaggiarlo: il Pd non vince le elezioni, Bersani è bruciato, gli elettori sono smarriti, non si riesce ad eleggere il nuovo Capo dello Stato. Ed ecco, è quello il momento per scendere in pista. “Votare Marini è un dispetto al paese”. Bum. Salta il primo candidato al Quirinale proposto da Bersani. Poi salta anche Prodi (non per colpa di Renzi però). Torna Napolitano, si fanno le larghe intese. Viene fissato il congresso del Pd. Tutto gira a favore del sindaco di Firenze, che coglie la palla al balzo: “L’Italia deve cambiare verso, mi candido alla guida del partito”. Bum. Le primarie parlano chiaro: è lui il leader della nuova sinistra, non c’è storia per gli avversari. Gli elettori gli danno il 68%, l’ala ex comunista è sbaragliata, il simpatico e bravo Civati è ridotto a testimonianza. Matteo si prende tutto e avvisa: “Detteremo l’agenda al governo, o fa quello che dice il Pd oppure finish”. Più chiaro di così.

SALVINI MATTEO – Il “comunista padano” e focoso europarlamentare della Lega Nord approfitta del vuoto di potere all’interno del Carroccio e si candida alle primarie per la segreteria. Prende l’82% dei voti perché gareggia contro nessuno, dato che lo sfidante si chiama Umberto Bossi. Promette battaglia fin da subito. Le prime mosse, intanto, non sono delle più incoraggianti: sposta nettamente a destra il partito stringendo un patto internazionale con il Front National di Marine Lepen, lo xenofobo Partito delle Libertà olandese e addirittura Russia Unita, la forza politica di Vladimir Putin.

L'autore: Alessandro Genovesi

Classe 1987, laureato in Giurisprudenza presso l'Università degli Studi di Udine, è da sempre appassionato di politica e di giornalismo. Oltre ad essere redattore di Termometro Politico, collabora con il quotidiano Il Gazzettino Su twitter è @AlexGen87
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