Bergamo, si candida Gori: da Mediaset lo sfida Tiraboschi?

Pubblicato il 10 Gennaio 2014 alle 18:52 Autore: Gabriele Maestri
gori

Aveva fatto scalpore il suo impegno accanto a Matteo Renzi, dopo oltre 16 anni passati all’interno della berlusconiana Fininvest-Mediaset e un decennio trascorso da produttore di programmi per Mediaset (ma anche per la Rai e altre tv) con la sua Magnolia. Anche per questo, c’è chi si era stupito di vedere arrivare Giorgio Gori solo quarto alle primarie per i parlamentari nel collegio di Bergamo: un risultato che lo ha tenuto fuori dal Parlamento. Ora però Gori punta dritto alla poltrona di sindaco della sua città.

L’ex direttore di Italia 1 e Canale 5, infatti, è stato indicato dal Pd come candidato al ruolo di primo cittadino per Bergamo: sarà lui a rappresentare i democratici alle primarie di coalizione a fine febbraio, potendo contare certamente sull’appoggio dei “renziani”, ma anche di chi in passato ha sostenuto Bersani, Cuperlo e altri. Lo si è visto quest’oggi alla conferenza stampa di presentazione, in cui Gori ha sottolineato che “Il Pd è unito e non ci sono correnti”. Per lo meno a Bergamo, preciserà poi: “Presentarci divisi avrebbe forse fatto piacere ai giornali…”.

Gori e Renzi

Di Renzi Gori ha lo stile (o forse, visto che l’ambito è la comunicazione, è Renzi ad avere lo stile di Gori, chissà), quindi non ci si stupisce della camicia bianca (senza cravatta), della giacca blu molto renziana, delle cartelle stampa laccate e delle pen drive Usb per distribuire i comunicati stampa; in compenso, la conferenza ha come sfondo la riproduzione del Quarto Stato di Pellizza da Volpedo (che a Ingroia non ha portato benissimo, ma fa nulla).

C’è chi, sentendo l’incipit del discorso di Gori – “Bergamo che amo, dove sono cresciuti i miei figli” – resta fulminato riascoltando il discorso della discesa in campo di Berlusconi, ma l’ex manager tv (e marito di Cristina Parodi, da poco traslocata alla Rai) rassicura tutti, immaginando i pregiudizi che gli si sono attaccati addosso: “Qualcuno pensa che io non sia abbastanza di sinistra, ma sono pronto a dialogare, a farmi conoscere, a lavorare“.

Certamente l’evento di oggi rilancia il personaggio Gori, dopo che i rapporti con Matteo Renzi si erano assottigliati: non a caso, nelle liste per l’assemblea nazionale, Gori non c’era. A dire il vero, i due non si sono sentiti nemmeno in questi giorni, ma il candidato garantisce: “Per interposta persona Matteo mi ha fatto sapere che vede con molto favore questa mia scelta”.

Un’altra sorpresa, però, potrebbe arrivare dal territorio avverso: se in teoria lo sfidante principale di Gori dovrebbe essere il sindaco uscente di centrodestra, Franco Tentorio, avrebbe pensato di scaldare i motori un altro bergamasco, tuttora tra i vertici di casa Mediaset. Si tratta di Luca Tiraboschi, direttore della stessa Italia 1 che Gori aveva guidato dal 1997 al 1998: “Potrei anche scendere in campo con il centrodestra, a livello locale – ha detto al Corriere Bergamo -. Con Gori sarebbe un bel match…”.

Nel frattempo, Tiraboschi all’ex collega non risparmia le prime frecciate: “La dicotomia Gori-Pd potrebbe essere il tema di una puntata di Misteri. Mi sarei aspettato da Giorgio una civica, magari apparentata con il Pd e i catafalchi della sinistra. Non l’adesione totale alla chiesa politica della sinistra italiana…”. Dopo Gori e Giovanni Toti, mancherebbe solo Tiraboschi a fare il numero perfetto dei dirigenti Mediaset in politica.

L'autore: Gabriele Maestri

Gabriele Maestri (1983), laureato in Giurisprudenza, è giornalista pubblicista e collabora con varie testate occupandosi di cronaca, politica e musica. Dottore di ricerca in Teoria dello Stato e Istituzioni politiche comparate presso l’Università di Roma La Sapienza e di nuovo dottorando in Scienze politiche - Studi di genere all'Università di Roma Tre (dove è stato assegnista di ricerca in Diritto pubblico comparato). E' inoltre collaboratore della cattedra di Diritto costituzionale presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Parma, dove si occupa di diritto della radiotelevisione, educazione alla cittadinanza, bioetica e diritto dei partiti, con particolare riguardo ai loro emblemi. Ha scritto i libri "I simboli della discordia. Normativa e decisioni sui contrassegni dei partiti" (Giuffrè, 2012), "Per un pugno di simboli. Storie e mattane di una democrazia andata a male" (prefazione di Filippo Ceccarelli, Aracne, 2014) e, con Alberto Bertoli, "Come un uomo" (Infinito edizioni, 2015). Cura il sito www.isimbolidelladiscordia.it; collabora con TP dal 2013.
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