Egitto, si ad un nuovo smalto costituzionale

Pubblicato il 16 Gennaio 2014 alle 19:03 Autore: Ilenia Buioni
Egitto, si ad un nuovo smalto costituzionale

Egitto si ad un nuovo smalto costituzionale. Una questione di Stato e di religione

L’Egitto si risveglia all’alba di una nuova Costituzione, ma il senso di instabilità e smarrimento persiste, anzi, per molti egiziani dimenticarlo sarebbe pura illusione (Al Jazeera). Sono le prime luci di una vittoria annunciata, ma piegata dal pesante boicottaggio messo in atto dai simpatizzanti  del deposto Presidente Morsi, dagli attentati e dagli scontri solo in parte neutralizzati dai presidi di polizia soprattutto nei pressi dei seggi elettorali.

All’ombra di quello che sembrava essere un ingombrante punto interrogativo – l’affluenza alle urne – i dati non ancora ufficializzati ma dati praticamente per certi dalle principali fonti nazionali parlano di un’approvazione schiacciante in tutti i governatorati in cui è suddiviso il Paese.

Tra coloro che si mostrano cautamente soddisfatti da una Costituzione non perfetta ma pur sempre perfettibile, si levano le reazioni di chi ritiene, piuttosto, che l’Egitto sia di fatto costretto ad abbracciare ideali in cui non si rispecchia la maggioranza musulmana, espulsa dalla vita politica a meno che non rinunci alla propria religione (Al Ahram). Le polemiche che infiammano il web sono radicate sulla convinzione che l’Islam non rappresenti semplicemente una religione, ma sia l’essenza stessa della moralità, della politica, dell’economia: in una parola, dello Stato.

Di tutt’altro avviso è invece l’Istituto del Cairo per gli Studi sui Diritti Umani, che non nasconde il disappunto per un testo ancora assai distante dagli standard internazionali di democrazia e salvaguardia dei diritti dell’uomo.

Egitto, si ad un nuovo smalto costituzionale

Una rivoluzione in pillole

Le dimissioni di Mubarak, un governo di unità nazionale e delle elezioni democratiche: erano desideri e aspirazioni, insomma, i germogli della Primavera che tre anni fa sbocciava al Cairo quasi all’improvviso, per poi spegnersi tra i colori cupi della transizione.

Le provocazioni animavano da tempo i blog, quando il 25 Gennaio 2011 dieci mila cittadini gremivano per la prima volta le piazze di tutto il Paese, dal Nord del Sinai ad Aswan. La piovra umana incontenibile, impetuosa portava il volto dei ragazzi di Piazza Tahrir, che giorno dopo giorno scioglievano le resistenze delle forze armate, aggrappandosi all’idea di una Rivoluzione del Gelsomino all’egiziana. La porta della dittatura si chiudeva per sempre l’11 Febbraio, quando Hosni Mubarak rassegnava le sue dimissioni dopo quasi un trentennio e lasciava il potere all’esercito.

In un clima di effimera festosità, la Rivoluzione offriva al popolo le prime elezioni democratiche; in Giugno 2012 Mohamed Morsi – esponente del Partito di Giustizia e Libertà, l’ala politica dei Fratelli Musulmani – vinceva le presidenziali con il 51% dei voti.

Tra l’entusiasmo per l’emancipazione e la diffidenza verso i partiti più progressisti, i Fratelli Musulmani sembravano gli unici a poter rendere la Rivoluzione concreta, palpabile.

Era in verità un traguardo anticipato, che portava il sapore del contrattempo. Persisteva l’idea che Morsi potesse ridisegnare il volto dell’Egitto, ma la classe politica dominante non brillava certo per moderazione e mancava, inoltre, la consapevolezza dei gravi problemi preesistenti, dalla crisi economica alle lotte settarie.

Il Presidente si attribuiva amplissimi poteri e dal Novembre 2012, forti manifestazioni di malcontento fiorivano tra gli strati di una società gonfia di indignazione. A distanza di poche settimane, un referendum popolare approvava il testo della nuova Costituzione, nata prematuramente e forzata da tendenze autoritarie.

Il 3 Luglio 2013, a seguito delle proteste popolari consumate nel sangue, la deposizione di Morsi è stato l’epilogo di un (semi)golpe attuato dalla Giunta militare.

Poi la formazione di un Governo provvisorio, quanto mai traballante,  fino a che – un mese fa – l’Assemblea Costituente finiva di compilare la nuova Carta costituzionale: la pietra miliare della svolta politica guidata dal Generale Al-Sisi (The Telegraph).

Parecchie domande, poche risposte certe

In occasione del precedente referendum del 2012, la neonata Costituzione dell’era Morsi rubava consensi in parte inaspettati, strappati un po’ per obbedienza alla tradizione e poco per reale convinzione. Così, con un velo di malcelata delusione, un quotidiano di rilevanza nazionale  denunciava l’incapacità degli Egiziani di far sentire il proprio “no” alla volontà politica dei Fratelli Musulmani (The Egyptian Gazette).

Che quel “sì” fosse o meno cieco come un atto di fede, i detrattori sostenevano che il testo costituzionale stesse per consegnare il Paese nelle mani degli islamisti, confermando l’Islam come religione di Stato ed improntando l’intero sistema normativo al rispetto della Sharia. Semmai, le divergenze sostanziali rispetto alla precedente Costituzione del 1971 investivano gli ampi privilegi assicurati alla scuola coranica di Al-Azhar,  in materia di interpretazione e monitoraggio delle leggi.

Trascinato da non troppe certezze, in due giorni il popolo egiziano ha approvato una nuova Carta costituzionale, scegliendo di credere a chi promette l’applicazione moderata della Sharia, la tutela dei diritti delle donne e delle minoranze religiose.

Tra i punti che sollevano le maggiori perplessità si distingue dapprima il potere delle forze armate di nominare per i prossimi otto anni il Ministro della Difesa, come anche la possibilità che i civili subiscano un processo avanti alle Corti militari.

Inoltre il Parlamento ha facoltà di rimuovere il Presidente eletto e perseguirlo per determinati crimini. Al di là delle riforme che investono le istituzioni, è proibita – come già nella Carta del 1971 – la formazione di partiti politici di ispirazione religiosa. E una grossa incognita pende soprattutto sui salafiti di Al-Nusra (The New York Times).

Il 2014 è stato inaugurato da un voto macchiato di sangue e solcato da consueti interrogativi. Dopo il referendum, il potere tornerà nelle mani del popolo? Quanto tempo occorre ancora prima che si spazzino via i residui dell’epoca passata? I diritti dei cittadini esistono concretamente o sono solo nero su bianco?

La ratifica della Costituzione “ha lastricato la strada che porterà alle prossime elezioni politiche” (Al Arabija). Una risposta, chissà, potrebbe affacciarsi allora tra qualche mese.

 

Luttine Ilenia Buioni