Intesa con il Cav, i bersaniani contro Renzi: “Un errore, rispetto per la nostra gente” Segretario Pd “Leggere prima di commentare”

Pubblicato il 20 Gennaio 2014 alle 11:40 Autore: Gabriele Maestri
berlusconi

Intesa con il Cav, i bersaniani contro Renzi: “Un errore, rispetto per la nostra gente”

Inutile dire il contrario: ogni volta che Matteo Renzi incontra Silvio Berlusconi fa rumore. Un sacco di rumore. E se i più avranno dimenticato il primo “momento a due” datato 2005 – quando il trentenne presidente della provincia Renzi era andato a salutare per mera cortesia in prefettura il capo del governo Berlusconi, piuttosto contrariato per la mancata riuscita dell’operazione politica del fidato Maurizio Scelli – nessuno ha scordato il secondo abboccamento, nientemeno che nella tana del lupo, ad Arcore.

QUELLA VOLTA AD ARCORE – Il Cavaliere era di nuovo presidente del consiglio (anche se di due legislature dopo), il giovane fiorentino era diventato sindaco di Firenze, ma soprattutto aveva acquisito già l’etichetta del “rottamatore” che lo aveva reso insopportabile (a torto o a ragione) per chi nel Pd occupava una posizione di vertice. Quell’incontro nella residenza milanese di Berlusconi portò a Renzi la possibilità di salvare il bilancio di Firenze, ma si attirò una quantità impressionante di critiche dal suo partito.

Renzi all’epoca di Arcore

La pagina di Facebook del sindaco del giglio si riempì di critiche, anche da parte di alcuni sostenitori. Per i più scontenti quel viaggio ad Arcore era stato “una pessima idea: inutile per Firenze, visto che il regime berlusconiano è agli sgoccioli, dannosa per il PD e rovinosa per lo stesso Renzi, che ha pesantemente incrinato la fiducia degli elettori di centrosinistra nei suoi confronti”. La risposta del primo cittadino già allora fece scuola: “Capisco la critica sul luogo simbolo, ma se il premier mi dà appuntamento ad Arcore, vado ad Arcore. Penso che il Pd dovrebbe lavorare per cambiare il premier, non per cambiare il luogo degli incontri”.

I DUBBI DI BERSANI – A distanza di tre anni e mezzo, in effetti è cambiato il premier – anche se non era quello votato dai simpatizzanti alle primarie, cioè Bersani, né il suo sfidante, ossia lo stesso Renzi – le parti si sono in qualche modo invertite e sono cambiati anche i luoghi. Il Berlusconi che sabato è arrivato al Nazareno non è certo alla canna del gas com’era il sindaco Renzi nel 2010, ma ha accolto l’occasione di una nuova visibilità e di un riconoscimento da parte del leader del maggior partito avverso con la fame di chi digiuna da mesi. E lo ha fatto più volentieri – forse – anche perché il segretario del Pd era già stato ad Arcore.

bersani

Per questo è passato sopra a tutto, anche all’idea di dover andare a una specie di piccola Canossa, tollerando persino la foto del Che e di Fidel. Questo dettaglio, però, per una parte non piccola del Pd è del tutto insignificante: l’abboccamento di sabato è visto nel modo più negativo possibile, proprio come quello del 2010. Lo stesso Pierluigi Bersani, che allora era segretario e aveva notato che “sarebbe stato meglio Palazzo Chigi se si trattava di discutere di un problema di Firenze. Esistono delle sedi, sennò si può capire male”, ora che ha ceduto il posto a Renzimantiene un giudizio negativo: la sede forse stavolta era giusta, ma per l’ex segretario si deve tenere conto della “sensibilità della nostra gente”. Che, a quanto pare, tutto vuole meno che la rilegittimazione di Berlusconi.

LE CRITICHE DEI BERSANIANI – Non stupiscono vari altri commenti di area bersaniana-cuperliana, che segnalano senza dubbi come l’incontro sia rimasto sullo stomaco a molti. Perché non c’è solo la vergogna diffusa a mezzo stampa da Stefano Fassina. Ci sono i commenti di bersaniani di ferro come Alfredo D’AttorreNico Stumpo, che chiedono un referendum tra gli iscritti a partire dalla legge elettorale, ma non mirano certo solo a quello: “Il segretario si appella al voto delle primarie – nota D’Attorre – ma se passano le liste bloccate è un tradimento del popolo delle primarie perché significa riesumare il Porcellum. La gente ha eletto Renzi non per fare quello che gli pare”.

eugenio scalfari nel mirino di grillo

Si scalda anche Massimo D’Alema, che in via preventiva aveva già scritto: “Imboccare una scorciatoria che porti al voto nella primavera del 2014 e la caduta immediata del governo Letta rimetterebbe in gioco Berlusconi”. E se qualche inattesa apertura arriva dai “giovani turchi” (“No all’antiberlusconismo becero – ha detto Matteo Orfini – non ho condiviso l’uscita di Fassina, ma neppure quanto ha detto Cuperlo”), è dura la stroncatura di Eugenio Scalfari: “Non si può essere in ‘piena sintonia’ con un pregiudicato. Berlusconi è risorto e di fatto è entrato nella maggioranza – ha detto a Lucia Annunziata -. Oggi il vero scontro è tra Letta e Renzi, che vuole sostituirlo e per farlo ha tirato in mezzo Berlusconi. Di fatto riabilitandolo”.

Oggi in direzione nazionale si capirà qualcosa di più della proposta renziana sulla legge elettorale e sulle riforme, potendosi discutere con cognizione. Di certo, al momento il segretario Pd vede davanti a se una strada piena di buche e ostacoli.

Renzi “invito esperti di leggi elettorali a leggere prima di commentare” – Matteo Renzi, dopo le tantissime opinioni espresse da esponenti politici e costituzionalisti sulla ipotesi di riforma della legge elettorale invita, tramite Twitter, gli “esperti di leggi elettorali a leggere le carte prima di commentare”.

 

L'autore: Gabriele Maestri

Gabriele Maestri (1983), laureato in Giurisprudenza, è giornalista pubblicista e collabora con varie testate occupandosi di cronaca, politica e musica. Dottore di ricerca in Teoria dello Stato e Istituzioni politiche comparate presso l’Università di Roma La Sapienza e di nuovo dottorando in Scienze politiche - Studi di genere all'Università di Roma Tre (dove è stato assegnista di ricerca in Diritto pubblico comparato). E' inoltre collaboratore della cattedra di Diritto costituzionale presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Parma, dove si occupa di diritto della radiotelevisione, educazione alla cittadinanza, bioetica e diritto dei partiti, con particolare riguardo ai loro emblemi. Ha scritto i libri "I simboli della discordia. Normativa e decisioni sui contrassegni dei partiti" (Giuffrè, 2012), "Per un pugno di simboli. Storie e mattane di una democrazia andata a male" (prefazione di Filippo Ceccarelli, Aracne, 2014) e, con Alberto Bertoli, "Come un uomo" (Infinito edizioni, 2015). Cura il sito www.isimbolidelladiscordia.it; collabora con TP dal 2013.
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