Prodi consiglia Letta “Non abbia paura, tenti una sortita”

Pubblicato il 2 Febbraio 2014 alle 11:02 Autore: Redazione
romano prodi

“Un consiglio a Enrico Letta? Di tentare una sortita. Di prendere iniziative anche contestate. Di non avere paura di mettersi in una controversia”. Così l’ex premier Romano Prodi, che in un’intervista al Corriere della Sera ribadisce di non voler fare il Presidente della Repubblica: “Il Paese è cambiato. C’è un nuovo mondo. Occorrono persone nuove che lo interpretino. La nuova politica, per linguaggio, contenuto, velocità, supera la mia capacità di comprensione. Non sono un uomo 2.0”. Prodi spiega di non aver “mai avuto rapporti politici di nessun tipo, salvo quello di spettatore divertito”, con Grillo e Casaleggio. Il M5S “è un movimento di protesta che si manifesta in varie forme in tutti i Paesi europei, tranne che in Germania. La Merkel è stata molto abile ad assorbire il populismo, riassicurando i tedeschi a scapito del resto d’Europa. Anche per questo – osserva – Italia, Francia e Spagna dovrebbero reagire presentando un programma alternativo nei confronti della Germania. Noi abbiamo gli stessi interessi, ma ognuno pensa di essere più bravo degli altri. Dai consigli europei si esce con le stesse decisioni con cui si è entrati”. La Germania, aggiunge Prodi, “la fa da padrone e continua per la sua strada, anche se molti osservatori, tedeschi e non tedeschi, pensano che l’eccessivo surplus renda il rapporto di cambio dell’euro insopportabile per gli altri Paesi. Un surplus minore aiuterebbe l’economia di tutta l’Europa”. Il successo delle forze antieuropee che si profila alle elezioni del 25 maggio “sarà senz’altro una scossa. Questa del resto è la storia d’Europa. L’Unione ha sempre avuto uno scatto dopo le crisi. La prima volta accadde con la sedia vuota di De Gaulle. Oggi la sensazione è ancora più forte perchè abbiamo sul collo il fiato della Cina, dove fortunatamente il costo del lavoro continua a crescere”, dichiara Prodi. Il costo del lavoro, sottolinea, “non è il problema dell’Italia. Il problema è il modo in cui si lavora. È la paralisi del sistema produttivo. È la mancanza di una politica industriale”.




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