Attacco terroristico Parigi: il destino della Francia

Pubblicato il 14 Novembre 2015 alle 17:48 Autore: Livio Ricciardelli
attacco terroristico parigi

Attacco terroristico Parigi: molti si saranno sentiti chiedere da colleghi, amici o conoscenti “ma come mai proprio la Francia?”Si tratta di una domanda spontanea ed abbastanza semplice. La tipica domanda genuina a cui sarebbe proprio da senza-cervello (e non soltanto da senza-cuore) non sforzarsi di dare una risposta. Tecnicamente, ed è la prima cosa che ho pensato una volta appresa la notizia ed assodata la matrice islamista dell’azione terroristica, gli assalti di venerdì sera sono una “vendetta” ai raid aerei dell’aviazione francese in SiriaCi sono notevoli differenze tra l’intervento contro l’Isis in Siria e quello in Iraq. L’avversario è lo stesso, ma le modalità ed il quadro giuridico che spingono i paesi ad intervenire sono quanto mai dissimili.

attacco terrorismo parigi destino francia

Attacco terroristico Parigi: il destino della Francia

Possiamo dire che i bombardamenti in Iraq sono animati da una coalizione internazionale “mista” che coinvolge sia paesi europei, sia gli Stati Uniti, sia i paesi arabi della dell’area. L’intervento in Siria invece è stato fino a qualche settimana fa prerogativa di un’asse composta dagli Stati Uniti e dai paesi arabi “moderati”. La Francia, che è tradizionalmente sensibile agli affari siriani almeno dalla Prima Guerra Mondiale, qualche mese fa ha incominciato ad effettuare bombardamenti anche su questo paese seguito a ruota da un annuncio soltanto parzialmente analogo da parte del Regno Unito e ad uno simile (ma dalle finalità eterogenee) della Federazione Russa.

Come ha ricordato in una recente intervista alla Cnn l’ex primo ministro britannico Tony Blair, l’Isis è nata in Siria. E la propria capitale non a caso è Raqqa. L’allargamento dell’aviazione francese su questo fronte dello scacchiere medio-orientale non può che esser mal visto dal Califfato. Qualche giorno fa a pagarne le conseguenze è stata Mosca (seppur sulla tratta Sharm-San Pietroburgo). Oggi è Parigi.

La seconda cosa che mi è venuta in mente, come risposta alla domanda dell’inizio, è quella del multiculturalismo: modalità di convivenza tipica dei paesi europei al centro da sempre di scambi commerciali e di vecchi imperi coloniali. I fallimenti dei vecchi metodi dell’assimiliazionismo e del multiculturalismo (come metodo per far convivere in una medesima comunità nazionale etnie, religioni ed usanze diverse) secondo molti sono la causa dell’emergere di questi lupi solitari che decidono di darsi all’attività terroristica.

Poi però mi sono detto che probabilmente queste due risposte “ultra-tecniche” possono apparire molto parziali. O più che altro incapaci di rispondere al genuino quesito sul perché proprio la Francia debba pagare tutto questo peso, dai giornali satirici ai concerti nei locali della Riva Destra. E allora tra me e me sorge il dubbio. Che forse ci sia anche una motivazione di base che spinge un paese come la Francia a resistere nonostante tutto, a sopportare nonostante tutto.

Un paese, la Francia, una città Parigi, da sempre centro di rivolgimenti nella storia. Di instabilità, di linee di frattura e di rivolte politico-sociali. Uno stato da tutti gli ordinamenti: monarchia, repubblica, consolato, impero, di nuovo monarchia, di nuovo impero, di nuovo repubblica, autoritarismo, di nuovo repubblica e infine repubblica semi-presidenziale. Un paese dalle cinque costituzioni e dalle mille vicissitudini. Che proprio per questo ha maturato nel corso dei secoli un proprio e peculiare concetto di unità della nazione. Di raggruppamento. Di Unione Sacra. Mostrando scetticismo verso tutto ciò che è parziale, che rappresenta una parte. In quanto catalizzatore di quelle divisioni e di quelle asprezze che hanno portato così tanti stravolgimenti e colpi di scena politico-istituzionali nella nazione.

Il paese dal ’58 in poi si è stabilizzato. Ha dimostrato di funzionare e di essere istituzionalmente solido. E’ riuscito, fino ad ora, a dimostrare di sapere rispondere alle sfide dell’estremismo e del revisionismo in materia istituzionale. Ma capita sempre il momento in cui comunque ti trovi la grande sfida del rischio, del nuovo, del pericolo, da sempre presente nel tuo vissuto e nella tua storia nazionale. Forse tutto ciò, tutte queste disgrazie, sono frutto di questo disegno. Di una nuova sfida per un paese che sotto sotto non si crede normale. Che forse ha sempre bisogno di qualche tragico stimolo per marcare la sua storia o la sua parabola nella comunità delle nazioni.

Non so se è così. Forse non lo credo. Forse non è possibile. Ma sono certo che la Francia alla fine, anche questa volta, ne uscirà vincitrice. Nonostante tutto. Perché è abituata a sfide di questo tipo. Perché forse nessun paese ha visto il proprio destino coincidere così tanto con le asprezze e i dubbi della vita di molti.

L'autore: Livio Ricciardelli

Nato a Roma, laureato in Scienze Politiche presso l'Università Roma Tre e giornalista pubblicista. Da sempre vero e proprio drogato di politica, cura per Termometro Politico la rubrica “Settimana Politica”, in cui fa il punto dello stato dei rapporti tra le forze in campo, cercando di cogliere il grande dilemma del nostro tempo: dove va la politica. Su Twitter è @RichardDaley
Tutti gli articoli di Livio Ricciardelli →