Mondiali Russia 2018: Guerrero, la vertigine non è paura di cadere ma voglia di volare

Pubblicato il 27 Giugno 2018 alle 09:00 Autore: Lorenzo Annis
Mondiali Russia 2018

Mondiali Russia 2018: Guerrero, la vertigine non è paura di cadere ma voglia di volare

Sochi, 26 giugno 2018, ore locali 18:05 circa.

Paolo Guerrero – capitano dell’ormai eliminato Perù – con una girata mancina leggermente deviata da un difensore australiano insacca la rete del definitivo 2-0.

Nel paese andino il tempo si ferma. Quarant’anni.

Tanto è passato dall’ultima vittoria de “La Blanquirroja” ad un Mondiale, competizione da cui mancava dal mitico Spagna ’82, quello di Paolo Rossi, che viene omaggiato dalla famiglia Guerrero dando il suo nome al proprio figlio.

Nacque un anno e mezzo dopo, allo scoccare del 1984, il primo gennaio nella capitale Lima.

Un carattere forte lo contraddistingue, sul campo il migliore giocatore peruviano assieme a Claudio Pizarro della storia recente e, probabilmente, non solo.

Mondiali Russia 2018: Guerrero e il volo europeo

18 anni sulle spalle e la chiamata del Bayern Monaco. Impossibile declinare.

Anche se la paura di volare certamente ha tentato di frenarlo.

Paura nata quando il fratello della sorella, tale José González Ganoza, morì nel disastro aereo che coinvolse la squadra dell’Alianza Lima nel 1987.

Lo zio amato non c’era più. La colpa di tutto ciò era proprio di un aereo e a soli tre anni lo si accetta ancor di meno.

Ma la vita continua, il viaggio è lungo e la speranza è tanta.

In Baviera trova proprio il connazionale Claudio Pizarro e, dopo qualche anno di apprendistato con la seconda squadra esordisce in Bundesliga.

Dopo due stagioni in cui ha realizzato 13 gol in 44 presenze va all’Amburgo, restando così in Germania.

Diversi infortuni lo frenano, tra cui il più grave occorsogli con la sua nazionale.

9 settembre 2009. Venezuela. La diagnosi è rottura del crociato.

L’amore per la sua patria è talmente forte che, al rientro da questo stop forzato, risponde alla richiesta di un tifoso dell’Amburgo di tornarsene in Perù tirandogli addosso una bottiglietta d’acqua.

Altro episodio controverso quando nel 2012 abbatté volontariamente con un intervento killer da dietro il malcapitato portiere dello Stoccarda Sven Ulreich.

Otto giornate di squalifica e tanti saluti al contenimento della rabbia.

Mondiali Russia 2018: Guerrero sul tetto del mondo

In Europa non riuscirà mai ad esplodere veramente.

Da qui la decisione di tornare vicino casa, in Brasile, al Corinthians.

Qui inizia a segnare raffiche di gol, tra cui quello probabilmente più importante della sua carriera. O meglio, fino a ieri.

16 dicembre 2012. Al Mondiale per Club, dopo aver garantito il successo al Timao due giorni prima nella semifinale contro l’Al-Ahli, el depredador si ripete nella finale contro il Chelsea consegnando i brasiliani alla storia.

Vittoria del titolo e tanti saluti al tifoso dell’Amburgo.

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Mondiali Russia 2018: l’amore incondizionato di un predatore per la sua patria

Per la sua nazionale Paolo Guerrero farebbe di tutto.

Esordisce nel 2004 in Bolivia a nemmeno ventuno anni compiuti.

Ad oggi ha totalizzato 91 presenze, 35 gol (neanche a dirlo il miglior marcatore nella storia della nazionale peruviana) e due titoli di capocannoniere della Copa America, nel 2011 e 2015.

La qualificazione al Mondiale poi, il sogno di una vita.

Sogno che ha rischiato di essere infranto per colpa di un tè.

Mondiali Russia 2018: la squalifica di Paolo Guerrero

Lo scorso 5 ottobre, dopo la partita delle qualificazioni contro l’Argentina, viene trovato positivo alla benzoilecgonina, metabolita della cocaina.

Professatosi innocente, viene inizialmente squalificato inizialmente per un anno, pena ridotta poi a sei mesi.

Dopo aver dimostrato che la causa è da ricercarsi in un tè tipico peruviano che avrebbe contenuto la sostanza al suo interno venendo dunque contaminato, viene prosciolto.

Ma la questione non si chiude ancora.

Lo scorso 14 maggio gli viene comminata una seconda squalifica, stavolta di ben quattordici mesi.

Mi hanno distrutto un sogno”. Sono parole di disperazione le sue.

Il Mondiale è svanito. Almeno sembra.

Il primo giugno infatti, una lettera firmata gentilmente dai capitani di Francia, Danimarca ed Australia, sue avversarie nel girone mondiale, lo fa riabilitare consentendogli di volare in Russia al fianco dei suoi compagni per giocarlo davvero questo Mondiale.

Il primo della sua carriera, a 34 anni. Non c’è comunque niente di meglio per uno come lui.

Mondiali Russia 2018: l’ultimo ballo di Paolo Guerrero

Contro l’Australia il gol veramente più importante della sua carriera, dopo aver fornito l’assist per il momentaneo vantaggio.

Assieme al Perù saluta già la Russia dopo sole tre partite ma forse in fondo non importa.

Esserci è stato già un onore, figuriamoci apporre la firma sulla prima vittoria mondiale del nuovo millennio.

El Depredador ora torna a casa e poi in Brasile nel suo Flamengo, conscio probabilmente del fatto che questo sia stato il suo primo e ultimo ballo. Il più bello, il più insperato.

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L'autore: Lorenzo Annis

Nato il 1° luglio del 1996, è nel Termometro Politico dal 2017. Scrive prevalentemente di sport dividendosi tra pallone e pedali, le sue più grandi passioni sportive.
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