Visita fiscale Inps: interruzione malattia forzata, quando scatta

Pubblicato il 9 Aprile 2019 alle 06:04 Autore: Daniele Sforza

Il medico abilitato a effettuare la visita fiscale Inps può legittimamente interrompere la malattia, riducendo la prognosi redatta sul certificato medico.

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Il lavoratore dipendente pubblico o privato che si assenta per malattia è soggetto a visita fiscale Inps, in base alle fasce orarie di reperibilità previste dalla normativa di riferimento. Orari che sono differenti, lo ricordiamo sempre, per pubblici (9-13; 15-18) e privati (10-12; 17-19). Il medico di base redige il certificato che poi viene inoltrato all’Inps e che contiene la diagnosi e la prognosi. Che differenza c’è tra queste due terminologie? Semplicemente la diagnosi definisce la malattia da cui è affetto il lavoratore, sulla base dei sintomi osservati. La prognosi, invece, riguarda la durata della malattia.

Visita fiscale Inps: medico può ridurre prognosi?

E proprio su questo punto può sorgere un dubbio importante. Il medico fiscale che viene a effettuare la visita può intervenire nella riduzione di una prognosi già redatta dal medico curante? Insomma, in breve, il medico fiscale può ridurre i giorni di malattia? La risposta a questa domanda è affermativa. Infatti il medico può confermare o ridurre la prognosi, sulla base di quanto osservato, assicurando così un rientro anticipato a lavoro del dipendente. Non vi è dunque alcuna illegittimità nel comportamento di un medico fiscale che vada a ridurre la prognosi, in quanto, secondo lui, lo sviluppo della fase patologica sta volgendo al termine e non necessita pertanto di ulteriori giorni di riposo come asserito dalla prima prognosi.

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Visita fiscale Inps: il lavoratore può rientrare in anticipo?

Nell’eventualità un lavoratore assente per malattia guarisca prima e voglia dunque tornare in anticipo a lavoro, come funziona? Precisiamo subito che il lavoratore non può ridurre la prognosi di suo pugno. La persona in questione, infatti, non è un medico e non ha le competenze per farsi un’auto-prognosi. Inoltre, tornando a lavoro in anticipo, andrebbe a mettere a rischio la salute dei suoi colleghi, ma non solo. Il problema si potrebbe porre anche nei confronti dell’Inps, che continua a erogare un’indennità che di fatto non spetta più.

Come stabilito dalla circolare Inps n. 79/2017, per tornare a lavoro in anticipo il dipendente ha bisogno di una rettifica. Infatti, il lavoratore “potrà essere riammesso in servizio solo in presenza di un certificato medico di rettifica della prognosi originariamente indicata”. L’obbligo nei confronti dell’Inps si traduce invece nella comunicazione del termine del periodo di malattia, tramite la rettifica stessa del certificato telematico.

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L'autore: Daniele Sforza

Romano, classe 1985. Dal 2006 scrivo per riviste, per poi orientarmi sulla redazione di testi pubblicitari per siti aziendali. Quindi lavoro come redattore SEO per alcune testate online, specializzandomi in temi quali lavoro, previdenza e attualità.
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