Tfr e liquidazione: riduzione stipendio in busta paga è ammessa

Pubblicato il 2 Maggio 2019 alle 06:13 Autore: Daniele Sforza

Ultime notizie su Tfr e liquidazione: la Consulta ha definitivamente legittimato la trattenuta del 2,5% applicata dall’Inps sul Tfr dei dipendenti pubblici

Tfr e liquidazione riduzione stipendio
Tfr e liquidazione: riduzione stipendio in busta paga è ammessa

Busta paga, si alla riduzione dello stipendio


Il metodo di calcolo del Tfr per i lavoratori dipendenti pubblici assunti a partire dal 1° gennaio 2001 è legittimo. Inoltre, non viola nessun principio costituzionale. A stabilirlo la Consulta con la sentenza n. 213/2018, pronunciatasi su interpello del Tribunale di Perugia.

Quest’ ultimo aveva sollevato una questione di possibile disparità di trattamento tra dipendenti che percepivano il Tfs e quelli sotto regime di Tfr. Il nodo era nell’applicazione da parte dell’Inps della trattenuta del 2,5% sul Tfr dei dipendenti pubblici. La Consulta ha stabilito che la disparità di trattamento sussisterebbe proprio senza quella trattenuta.

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La chiave di discussione è da trovarsi nella Legge n. 448/1998: qui, all’articolo 26, come riporta PensioniOggi, si stabiliva il criterio per il quale per i dipendenti pubblici in regime di Tfr “come base imponibile ai fini fiscali e previdenziali e del Tfr si debba scomputare dalla retribuzione lorda una somma pari al soppresso contributo del 2,5% gravante sul lavoratore”. Tale disciplina è stata poi legiferata dal Dpcm del 20 dicembre 1999: qui si legge che “ai dipendenti che transiteranno dal pregresso regime di trattamento di fine servizio al regime di trattamento di fine rapporto non si applica il contributo previdenziale obbligatorio nella misura del 2,5% della base retributiva”.

Inoltre, al fine di garantire la parità di trattamento sotto l’aspetto della retribuzione netta complessiva e di quella utile a fini previdenziali, “la retribuzione lorda viene ridotta in misura pari al contributo previdenziale obbligatorio soppresso e contestualmente viene stabilito un recupero in misura pari alla riduzione attraverso un corrispondente incremento figurativo ai fini previdenziali e dell’applicazione delle norme sul trattamento di fine rapporto”.

Secondo il Tribunale di Perugia, quanto sopra riportato andava a violare l’articolo 36 della Costituzione Italiana. Esso recita: “il lavoratore ha diritto a una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa”.

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La Corte Costituzionale ha rigettato la violazione sopra indicata. Quindi, ha stabilito che senza quella trattenuta si verrebbe a creare la disparità di trattamento tra i lavoratori dipendenti in regime di Tfr e quelli in regime di Tfs. Con i primi che sarebbero più avvantaggiati sotto l’aspetto della retribuzione netta. La disparità viene meno anche sotto l’aspetto previdenziale, stando a quanto riportato dal Dpcm del 20 dicembre 1999. Più precisamente, viene meno nella parte in cui si indica un recupero pari alla riduzione tramite relativo incremento figurativo ai fini previdenziali e all’applicazione delle norme sul Tfr.

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L'autore: Daniele Sforza

Romano, classe 1985. Dal 2006 scrivo per riviste, per poi orientarmi sulla redazione di testi pubblicitari per siti aziendali. Quindi lavoro come redattore SEO per alcune testate online, specializzandomi in temi quali lavoro, previdenza e attualità.
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