Cos’è la pigione, cosa comprende e quando va pagata. La guida rapida

Pubblicato il 18 Gennaio 2021 alle 06:16 Autore: Claudio Garau

Pigione o fitto: che cosa intende la legge con questo termine e cosa di fatto comprende. Quando va pagata e come è quantificato l’ammontare

Cos'è la pigione, cosa comprende e quando va pagata. La guida rapida
Cos’è la pigione, cosa comprende e quando va pagata. La guida rapida

Nella terminologia e nel gergo dei rapporti contrattuali che hanno ad oggetto immobili, come ad esempio negozi, abitazioni, magazzini o uffici, vi sono espressioni più o meno tecniche che trovano menzione nei testi dei contratti del settore (locazione, affitto ecc.). Qui di seguito vogliamo porre attenzione sul concetto di “pigione“: se ne sente spesso parlare nei rapporti tra proprietario ed locatario (nel gergo comune l’affittuario o inquilino), ma esattamente cos’è? Vediamolo nel dettaglio.

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Pigione: di che si tratta e come viene calcolata

Dare una definizione di pigione non è certo complicato: altro non è che il canone in denaro pagato per i beni locati (art. 1587 c.c.). Sinonimo di tale termine è la parola “fitto”, da intendersi come la controprestazione, sempre in denaro, versato e dovuta dal soggetto affittuario, sulla base del contratto di affitto (art. 1639 del c.c.). È chiaro insomma che la pigione è costituita dal canone di locazione, inteso come corrispettivo versato ogni mese, e previsto nero su bianco nel contratto di locazione finalizzato all’uso dell’immobile da parte del locatario. Per legge, la pigione vale soltanto se prevista nel contratto di ambito immobiliare: pertanto, se il proprietario dovesse domandare una quota superiore “in nero”, non risultante quindi nella scrittura privata regolarmente registrata, non pagarla non comporterebbe il rischio di sfratto per l’inquilino. Piuttosto, quest’ultimo avrebbe diritto ad avere indietro i soldi eventualmente versati per la pigione “in nero”, fino a 6 mesi dalla riconsegna delle chiavi dell’abitazione. Ma come si calcola il canone o pigione?

Ebbene, l’ammontare del denaro da versare come pigione dipende dalla tipologia di contratto di locazione sottoscritto da proprietario e locatario (ovvero chi di fatto usa i locali oggetto di contratto, ad es. come abitazione o per la propria attività commerciale):

  • contratti a canone concordato, cioè di durata triennale più due anni di automatico rinnovo alla prima scadenza: la pigione è definita tramite accordi di natura sindacale;
  • contratti a canone libero, cioè di durata quadriennale più altri quattro anni di automatico rinnovo alla prima scadenza: la pigione è stabilita in libertà, ovvero senza particolari vincoli.

Fitto e spese condominiali

Va rimarcato che dal calcolo della pigione vanno escluse le spese condominiali, ovvero quelle che in gergo tecnico sono definite “oneri accessori”: sono anch’esse pagati mensilmente dall’inquilino al proprietario, ma appunto costituiscono una “voce di spesa” distinta dal fitto o pigione.

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Concludendo, chiarito che la pigione va consuetudinariamente pagata alla scadenza concordata dalle parti, ovvero ogni mese, il versamento del denaro come corrispettivo per il godimento dell’immobile può avvenire anche in contanti (e non solo con bonifico o assegno), ma entro – come sappiamo – i limiti massimi di tracciabilità che dal primo luglio 2020, scenderanno da 3000 euro a 2000 euro, per poi scendere ancora a partire dal primo gennaio 2022 (limite massimo 1000 euro). Inoltre, colui che si avvale dei locali del proprietario in qualità di inquilino di un appartamento o negozio potrà richiedere ed ottenere una quietanza di pagamento che attesti di fatto il versamento del fitto o pigione ed anche delle spese condominiali.

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L'autore: Claudio Garau

Laureato in Legge presso l'Università degli Studi di Genova e con un background nel settore legale di vari enti e realtà locali. Ha altresì conseguito la qualifica di conciliatore civile. Esperto di tematiche giuridiche legate all'attualità, cura l'area Diritto per Termometro Politico.
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