Cambio orario di lavoro con Covid: cosa può fare il datore di lavoro?

Pubblicato il 18 Gennaio 2021 alle 06:14 Autore: Claudio Garau

Orario di lavoro modificato per ragione di tutela della salute contro l’epidemia da Covid-19: il datore di lavoro può cambiarlo unilateralmente?

Cambio orario di lavoro con Covid cosa può fare il datore di lavoro
Cambio orario di lavoro con Covid: cosa può fare il datore di lavoro?

In questi ultimi mesi di emergenza sanitaria per coronavirus, è emersa con forza la necessità di attuare delle modifiche sostanziali alle regole tipiche in tema di salute e sicurezza sul luogo di lavoro. Laddove ciò è stato possibile, il Governo ha incentivato l’uso dello smart working (come abbiamo già evidenziato qui), detto anche telelavoro o lavoro agile, sia negli enti pubblici che nelle aziende private. Nelle situazioni in cui invece non è stato possibile avvalersi di dipendenti occupati da casa nelle mansioni lavorative, si è optato per qualcosa di differente, ovvero la modifica dell’orario di lavoro. Vediamo nel dettaglio.

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Orario di lavoro: che cosa è cambiato?

Tutti ben sappiamo delle regole di emergenza, introdotte nelle ultime settimane, con una serie di decreti dell’Esecutivo. In particolare, rilevano – in materia di diritto del lavoro e tutela della salute degli occupati – le misure previste dai protocolli di sicurezza, onde evitare la diffusione dei contagi da Covid-19. Una su tutte: la regola del distanziamento minimo tra i colleghi di lavoro e tutti coloro che, a vario titolo, si trovano all’interno di luogo di lavoro (ente pubblico, azienda, locali commerciali ecc.). Se – come accennato – non sempre è stato possibile servirsi dello smart working perché talvolta la particolare natura delle mansioni non consente l’utilizzo di pc e connessione internet, la soluzione alternativa per cui si è optato è stata quella di modificare e cambiare gli orari di lavoro, con una specie di turn over tra i dipendenti e collaboratori.

A fondamento della novità “emergenziale” data dalla modifica dell’orario di lavoro, vi sono sia un apposito documento tecnico INAIL, sia alcuni protocolli sottoscritti da imprese e sindacati. In base alle conclusioni delineate in tali atti, va rimarcato che le raccomandazioni sono tutte mirate a favorire la rimodulazione dell’attività dei prestatori secondo una modifica dell’orario di lavoro, reso differenziato, più elastico e collegato a veri e propri piani di turnazione. Tradotto in termini pratici, ciò ha significato e significa che il datore di lavoro di una certa azienda ben può – unilateralmente – modificare l’orario di lavoro, allo scopo preciso di rispettare il numero massimo di membri del personale all’interno dei locali dell’impresa o dell’ente pubblico, evitando quindi rischiosi assembramenti. Per questa via, è così possibile non violare la nota regola del distanziamento sociale, non soltanto in ufficio, ma anche all’ingresso ed all’uscita dei luoghi di lavoro.

Perché il datore di lavoro può modificarlo?

Il punto è proprio questo: si tratta di una modifica dell’orario di lavoro, non concordata con il singolo lavoratore o con i lavoratori. Infatti, è in gioco una modifica unilaterale del numero di ore di lavoro, mentre la regola generale – come abbiamo già notato in dettaglio qui – prevede che la detta modifica debba avvenire con accordo delle parti del contratto di lavoro.

In verità, tale modifica unilaterale non sembra violare alcuna norma di legge, dato che la ragione che la determina tiene conto di esigenze non soltanto aziendali, ma anche e soprattutto dei lavoratori: insomma si tratta di una modifica che appare corroborata da correttezza e buona fede e, in particolare, che guarda alla tutela della salute dei dipendenti, e della stessa collettività che con essi può aver a che fare (art. 32 Cost. sul diritto alla salute del singolo e della collettività). È chiaro quindi che l’esigenza di protezione sanitaria è in grado di legittimare l’estensione dei poteri datoriali in tema di orario di lavoro.

Ma attenzione: quanto detto finora vale però con riferimento all’orario di lavoro a tempo pieno: infatti, in caso si tratti di lavoro a tempo parziale, la citata modifica unilaterale non avrebbe un fondamento giuridico. Infatti, in quest’ultimo caso, l’orario di lavoro sarebbe legittimamente modificabile soltanto con accordo tra datore e lavoratore: ciò in quanto il dipendente potrebbe certamente essere impegnato in altre attività (necessità familiari, seconda occupazione ecc.) nelle altre ore della giornata.

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Concludendo, la situazione è comunque in divenire e vi saranno, con tutta probabilità, aggiornamenti e nuove interlocuzioni con i sindacati, su un argomento – quale quello della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro – che continua ad essere delicato, anche ora in fase 2, e presumibilmente in futuro con la fase 3 dell’emergenza sanitaria. Inoltre – sulla linea di quanto detto finora – si pone il decreto rilancio che, all’art. 88 comma 1, ha previsto la possibilità di accordi di modifica orario di lavoro, oltre che appositi corsi di formazione finanziati da un fondo ad hoc (come già abbiamo visto qui con riferimento alla cassa integrazione coronavirus).

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L'autore: Claudio Garau

Laureato in Legge presso l'Università degli Studi di Genova e con un background nel settore legale di vari enti e realtà locali. Ha altresì conseguito la qualifica di conciliatore civile. Esperto di tematiche giuridiche legate all'attualità, cura l'area Diritto per Termometro Politico.
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