Licenziamento su Whatsapp: come funziona e quando è valido per legge

Pubblicato il 18 Gennaio 2021 alle 05:50 Autore: Claudio Garau

Licenziamento su Whatsapp: è legittimo allontare il lavoratore dal luogo di lavoro con un messaggio online? Il punto della giurisprudenza

Licenziamento su Whatsapp: come funziona e quando è valido per legge

Abbiamo già parlato numerose volte del tema del licenziamento, in considerazione della sua ovvia attualità: non di rado infatti il datore di lavoro decide di interrompere anzitempo il rapporto di lavoro che lo lega al lavoratore. Ne abbiamo parlato ad es. qui, facendo riferimento ad alcuni esempi pratici di licenziamento per giusta causa, e ne abbiamo parlato qui, con riferimento a quanto stabilito dalla Cassazione, con riferimento all’illegittimità del licenziamento per malattia. Di seguito però vogliamo vedere l’argomento da un altro punto di vista: è possibile e valido il licenziamento via Whatsapp? cosa dice la giurisprudenza in proposito? Facciamo il punto.

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Per rispondere al quesito appena citato, dobbiamo partire da un dato incontrovertibile: la comunicazione del licenziamento resa al lavoratore deve essere fatta sempre per iscritto. Il licenziamento orale non ha infatti alcun valore per il diritto del lavoro e chi viene licenziato solo oralmente, potrà ottenere il reintegro sul luogo di lavoro. Si tratta di un principio affermato dall’art. 2 della legge n. 604 del 1966. Solitamente la forma usata è la raccomandata a.r. (che garantisce al mittente-datore di lavoro la prova del ricevimento della missiva, ovvero la prova del licenziamento scritto) o un telegramma, oggi però le moderne tecnologie suggerirebbero che una via altrettanto efficace e veloce potrebbe essere quella del licenziamento tramite sms o messaggio Whatsapp: ci si interroga però sulla validità di tale soluzione, in considerazione delle norme vigenti.

Si sono creati dei dubbi in materia, in quanto la legge, pur disciplinando nel dettaglio tutto il formale iter di licenziamento, sul piano delle modalità di comunicazione dello stesso al lavoratore, non è molto dettagliata. Anzi. Le regole del diritto del lavoro non specificano infatti se è necessario comunicare il licenziamento con raccomandata o una comune lettera, o ancora se può bastare un avviso scritto consegnato a mani. Ecco allora che i casi della giurisprudenza, ancora una volta, hanno integrato le norme di legge, attraverso conclusioni dei giudici che risolvono i dubbi e le lacune dovuti a norme di legge non sempre esaustive.

Il punto è capire quale portata va data al termine “documento” che comunica il licenziamento: è da intendersi solo quello di carta oppure anche quello elettronico (messaggio sms, Whatsapp o email)?

Ebbene secondo la giurisprudenza, al fatto di comunicare il licenziamento con un messaggio online, non consegue per forza l’invalidità del licenziamento. Insomma, una comune e-mail o un messaggio Whatsapp possono comportare un valido licenziamento, a patto però che sussista una “prova legale” di ricevimento della stessa comunicazione. Non basta però la semplice “email di ricevuta” che diversi software di posta elettronica producono in automatico (a meno che non si tratti di un messaggio tramite Pec, spedito dalla casella di posta del datore di lavoro a quella – eventuale ed analogamente certificata – del lavoratore licenziato).

La suddetta prova legale del ricevimento può essere ottenuta, osservando il comportamento del lavoratore, successivo all’invio della comunicazione. Anche, ad esempio, dalla manifestazione dell’intenzione di opporsi in via giudiziaria alla decisione del datore di lavoro, può dedursi la prova del ricevimento della comunicazione scritta da parte del lavoratore.

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Le argomentazioni della giurisprudenza valgono in generale per le comunicazioni via internet, ed anche per quelle via Whatsapp. In buona sostanza, è valido anche il licenziamento con messaggio su Whatsapp, a patto che sia possibile acclarare che il messaggio è effettivamente arrivato al destinatario e da quest’ultimo è stato letto. Pertanto tirando le somme, secondo la giurisprudenza, per aversi validità del licenziamento via Whatsapp è necessario però un elemento: la lettera di contestazione del licenziamento, che di fatto prova la comunicazione. Tale lettera rappresenta l’impugnazione stragiudiziale e, al contempo, rappresenta anche e soprattutto la prova della lettura del messaggio Whatsapp di licenziamento. Ciò che serve insomma per rendere valida e legittima la decisione dell’azienda (pur contestata dal lavoratore). Per giungere a questa prova è quindi decisivo il comportamento del lavoratore.

Concludendo, sulla scorta del contributo della giurisprudenza – in primis quella della Cassazione – si può affermare che il licenziamento via Whatsapp non è di per sè invalido: rileva però la prova scritta del licenziamento, che va conseguita per dimostrarne la validità, in caso di contestazione.

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L'autore: Claudio Garau

Laureato in Legge presso l'Università degli Studi di Genova e con un background nel settore legale di vari enti e realtà locali. Ha altresì conseguito la qualifica di conciliatore civile. Esperto di tematiche giuridiche legate all'attualità, cura l'area Diritto per Termometro Politico.
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