Biblioteche libere di digitalizzare le opere in catalogo?

Pubblicato il 13 Giugno 2014 alle 16:02 Autore: Guido Scorza

Le biblioteche possono digitalizzare i libri che hanno in catalogo e porli a disposizione degli utenti, in versione digitale, attraverso appositi terminali, consentendo, peraltro, a questi ultimi di stamparne copie negli stessi limiti ed alle stesse condizioni, nel rispetto dei quali, è già possibile fotocopiare le edizioni cartacee.

E’ questa la sintesi delle conclusioni dell’Avvocato Generale della Corte di Giustizia dell’Unione Europea in un procedimento di straordinario rilievo al quale, infatti, stanno partecipando – oltre alle parti del giudizio all’origine della controversia – numerosi Governi, tra i quali quello italiano e, soprattutto, le associazioni europee più rappresentative di biblioteche e editori.

La “pietra europea dello scandalo” è rappresentata dalla decisione di una biblioteca tedesca di porre a disposizione dei suoi utenti, previa digitalizzazione, la copia di un testo scientifico, autorizzando, addirittura, i propri utenti ad estrarne copie su una pennetta USB.

La casa editrice del testo in questione ha reagito citando in giudizio la biblioteca e contestandole la violazione dei propri diritti d’autore specie in ragione del fatto che la stessa biblioteca aveva rifiutato di accettare una proposta formulatale dall’editore di acquisto di licenze per la versione digitale del testo in questione.

Si è arrivati così davanti ai Giudici della Corte di Giustizia ai quali, nei giorni scorsi, l’Avvocato Generale ha suggerito di considerare il diritto di riproduzione in digitale – ovvero di digitalizzazione – esercitato al fine di rendere fruibile un’opera cartacea attraverso i terminali della biblioteca come parte integrante del diritto di comunicazione al pubblico e, dunque, della libera utilizzazione – rispetto a tale ultimo diritto – espressamente prevista per le biblioteche.

Secondo l’Avvocato generale, per bilanciare i diritti degli autori e le esigenze di libera circolazione delle opere, sarebbe, tuttavia, ragionevole – in assenza di ogni indicazione specifica nella disciplina europea – che per effetto della digitalizzazione la biblioteca non divenisse comunque in grado di porre a disposizione dei propri utenti, in digitale, un numero di copie di ogni singola opera, superiore a quelle della versione cartacea di cui dispone effettivamente.

La digitalizzazione – non di intere collezioni ma di singole opere – in altre parole non potrebbe mai essere giustificata dalla volontà di moltiplicare le copie di un determinato libro del quale una biblioteca dispone.

Al riguardo, l’Avvocato Generale, sottolinea come solo l’eventuale perfezionamento di un contratto di licenza che precluda espressamente tale eventualità o che la subordini a taluni termini e condizioni potrebbe limitare la libertà delle biblioteche di procedere come fatto dalla biblioteca tedesca all’origine della vicenda.

La semplice proposta da parte dell’editore di un contratto di licenza idoneo ad escludere tale eventualità, invece, non sarebbe sufficiente.

Quanto alle facoltà da riconoscere agli utenti, secondo l’avvocato generale, i Giudici della Corte di Giustizia, dovrebbero escludere che una biblioteca possa autorizzare gli utenti ad estrarre una copia digitale dell’opera consultata a mezzo terminale mentre potrebbero convenire sulla legittimità della scelta di rendere stampabili parti dell’opera in questione per analogia alla vigente disciplina in materia di repografia – ovvero fotocopie – in quanto, nella sostanza, si tratterebbe di attività funzionalmente simili e fungibili.

Non resta, a questo punto, che attendere la decisione dei Giudici della Corte di Giustizia che potrebbero “dare una spinta” importante alla digitalizzazione del patrimonio delle biblioteche europee senza, peraltro, comportare effettivi grandi sacrifici per gli editori.