Governo gialloverde, osteggiato in partenza – DAL BLOG

Pubblicato il 16 Maggio 2018 alle 14:58 Autore: Piotr Zygulski
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Governo gialloverde, osteggiato in partenza – DAL BLOG

Questo “governo gialloverde” ahimè non partirà. L’“ahimè” – ci tengo a precisarlo – è un mio sospiro esclusivamente personale, che non impegna in alcun modo la testata in cui scrivo né il progetto Nipoti di Maritain che dirigo, dove altri hanno posizioni ben differenti. Anche se non si condividesse l’“ahimè”, chiedo perlomeno di prendere in considerazione quanto dico.

Il M5S vuole davvero il governo gialloverde?

Il “governo gialloverde” non partirà innanzitutto perché il Movimento 5 Stelle intimamente non vuole allearsi né con il PD né con la Lega, sebbene voglia far vedere che si stia impegnando “con responsabilità” per dare la colpa agli altri nel caso non si formasse il governo. Da tempo penso che il M5S, infatti, viva il sogno di ogni sinistra e destra radicale: avere un peso tale da influenzare la politica senza dover scivolare verso il centrosinistra o il centrodestra e “inciuciare” con loro.

La mano tesa da Di Maio prima a Matteo Salvini e poi a Maurizio Martina mi sembra un grande bluff per far scoppiare le contraddizioni interne al centrodestra e al centrosinistra, che sull’ipotesi di un contratto di governo – pillolina fatta ingoiare per qualche giorno agli elettori grillini – si sono abbastanza sfaldati, prima l’uno succubo di Berlusconi, poi l’altro succubo di Renzi.

Mattarella vuole davvero un governo?

Ma il “governo gialloverde” non partirà soprattutto perché il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha ammesso di essere contrario ideologicamente alla richiesta di una maggiore sovranità nazionale. Di fatto è anche lui corresponsabile dello stallo: anziché agevolare la formazione dell’esecutivo come sarebbe suo compito, pare stia stroncando proposte di nomi su cui ci poteva essere ampio consenso (penso a Giulio Sapelli) e punti del contratto condiviso che nella mia valutazione potrebbero dare ampio respiro all’Italia, tra i quali: la cancellazione di parte del debito pubblico non tramite tagli ai servizi pubblici ma finalmente con qualche click della Banca Centrale Europea; la possibilità di uscire dalla trappola dell’euro; il disimpegno dalle missioni militari all’estero anche per ridiscutere l’atteggiamento verso la Russia.

Certamente non si tratta di magie, ma di processi che potrebbero venire guidati tecnicamente meglio di quanto generalmente si ipotizza; anche se ad alcuni appaiono sprovvedute, ho il sentore che le due forze politiche maggiori non si affidino a sprovveduti. Le proposte più regressive della Lega (l’incostituzionale “flat tax”) e del M5S (certe palesi ingenuità sul reddito di cittadinanza) verrebbero riaggiustate, anche perché, come sottolinea l’economista “di sinistra” Sergio Cesaratto: «Salvini ha portato in Parlamento gente che capisce bene l’economia . La sinistra non li porterà mai, non prendiamoci in giro. Ed io comincio a stancarmi».

“Ce lo chiedono gli italiani”

Questo dialogo tra Lega e M5S che insieme superano il 50% nelle intenzioni di voto, pur con tutti i suoi limiti e con il beneficio del dubbio di quanto ci possa credere davvero Di Maio, poteva rappresentare l’estremo tentativo di esercitare la Politica, tenendo conto del senso comune degli italiani. In questo, Francesco Cancellato, direttore di Linkiesta.it, a mio avviso ci azzecca: Lega e M5S possono mediare con ragionevolezza le istanze populistiche della massa «passivo-aggressiva», ma nella sostanza se ne “infischiano” – evito l’espressione di Cancellato – delle affinità/divergenze tra Renzi e Franceschini, dei mercati e delle istituzioni internazionali.

«I loro elettori, a geometria variabile, si aspettano molte delle cose contenute in quel programma. Se non le otterranno, almeno in parte, si incazzeranno ancora di più. E la loro domanda politica rimarrà inalterata», avvisa giustamente Cancellato.

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Il compito della politica

Allora è chiaro che il compito della politica non è disprezzare tale senso comune come fanno dall’alto della loro spocchia molti giornali, bensì accompagnarlo a maturità. Perché non serve accanirsi demonizzando le reazioni scomposte, ma ascoltarle per individuare la causa e – come auspica Davide Penna, redattore di Nipoti di Maritain – raggiungere il fine della politica che è la «realizzazione della persona umana». Senza di esso ogni ideale si tramuta in ideologia che giustifica la disuguaglianza.

E l’ideologia di un governo “neutro” che incombe dietro al ricatto dell’aumento dell’IVA – di fatto, sarebbe un governo tecnico balneare – sembra funzionale ad un’ulteriore anestesia; sappiamo bene che in politica nulla è neutro; neutralità di fronte all’ingiustizia in casa mia si chiama connivenza. Dietro l’ideologia della neutralità vi sta solo lo sfruttamento di parte; e lo sfruttamento non è lo specchietto per le allodole dell’IVA, ma lo squilibrio strutturale dell’unione europea e dell’eurozona. Anziché neutralità servirebbe forse solo un poco di coraggio.

Una politica svuotata

E forse qualcuno ci ha provato. Nell’eventuale caso partisse il governo gialloverde, quei punti “scomodi” che ho prima menzionato forse verrebbero sbianchettati ma resterebbero impliciti; certi “ambienti” – e qui mi pare che Berlusconi e il PD abbiano le medesime referenze, ma forse il centrosinistra è ancor più “agganciato” ad essi – non potrebbero permetterselo. Si andrebbe ad un governo tecnico forzatamente europeista o a nuove elezioni. Ormai anche i polli sanno che il voto non può determinare la direzione dell’Italia; viene preso come una sorta suggerimento: se piace, è strumento di legittimazione; se non piace, viene cestinato. La Politica sembra essere diventata impraticabile: senza la sovranità del Popolo non ci sono le precondizioni per esercitarla.

Il vincolo esterno che svuota la politica

Questo dovrebbe preoccuparci: perché se le cose non si riescono a risolvere pacificamente dall’interno, è inevitabile che si risolveranno violentemente da fuori. Non penso necessariamente ad un ritorno di un certo “fascismo eterno” o a una “dittatura militare” che al momento verrebbe mal digerita, quanto piuttosto a quel sentimento di inferiorità che spinge gli italiani ad affidarsi sempre ad un “vincolo esterno”, ad un intervento straniero provvidenziale, come se le altre nazioni potessero camminare sulle proprie gambe e noi no, vuoi per la “mafia”, vuoi per la “corruzione”, vuoi per l’“analfabetismo funzionale”, o altri pretesti che periodicamente vengono agitati.

Un auspicio

Eppure per governare il paese, oltre al bruciato Sapelli, pure il M5S aveva proposto buoni economisti nella manica. Penso a Fioramonti, a Roventini, alla Mazzuccato ben gradita alla sinistra. Vorrei allora concludere con un commento che al di là delle polemiche congiunturali, coglie un punto fondamentale; lo scrive Gabriele Guzzi, amico bocconiano eretico:

«Quello che sta succedendo oggi però supera ogni record. Leggo giornalisti/politici che scherzano, fanno meme, quasi desiderando che lo spread aumenti, che i mercati mettano ordine e che la commissione intervenga. Siamo la generazione dei meme, senza com-passione, che non sa quindi soffrire insieme, ma che si mette di lato a compiacersi nella sua presunzione sarcastica».

Lui crede che si possa auspicare di meglio, passando così dal compiacimento alla compassione, o almeno alla comune passione politica. Vorrei tanto poterlo fare anche io, e con me spero molti altri.

Piotr Zygulski per il blog Nipoti di Maritain

L'autore: Piotr Zygulski

Piotr Zygulski (Genova, 1993) è giornalista pubblicista. È autore di monografie sui pensatori post-marxisti Costanzo Preve e Gianfranco La Grassa, oltre a pubblicazioni in ambito teologico. Nel 2016 si è laureato in Economia e Commercio presso l'Università di Genova, proseguendo gli studi magistrali in Filosofia all'Università di Perugia e all'Istituto Universitario Sophia di Loppiano (FI), discutendo una tesi su una lettura trinitaria dell'attualismo di Giovanni Gentile. Attualmente è dottorando all'Istituto Universitario Sophia in Escatologia, con uno sguardo sulla teologia islamica sciita, in collaborazione con il Risalat Institute di Qom, in Iran. Dal 2016 dirige la rivista di dibattito ecclesiale Nipoti di Maritain. Interessato da sempre alla politica e ai suoi rapporti con l’economia e con la filosofia, fa parte di Termometro Politico dal 2014, specializzandosi in sistemi elettorali, modellizzazione dello spazio politico e analisi sondaggi.
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