Mediaset vs Youtube: il giudice mette i paletti

Pubblicato il 23 Febbraio 2014 alle 13:38 Autore: Guido Scorza

La vicenda è ormai nota ed è quella nell’ambito della quale Mediaset, nell’ormai lontano 2008, ha trascinato YouTube davanti al Tribunale di Roma chiedendo che quest’ultimo condannasse Big G a versarle oltre 500 milioni di euro – cifra poi raddoppiatasi nel corso del giudizio – a titolo dirisarcimento del danno arrecatole attraverso la pubblicazione di migliaia di spezzoni delle proprie trasmissioni televisive.

Ad oltre cinque anni dall’inizio del giudizio e quando ormai l’epilogo sembrava quasi scontato, il Tribunale di Roma, con una bella ordinanza dello scorso 14 febbraio ha raffreddato le aspettative della società del Cavaliere, chiarendo che prima di decidere vuole capire esattamente se e quando, in relazione a ciascuno dei video oggetto di contestazione, Mediaset abbia segnalato a YouTube in modo puntuale il carattere illecito di ogni singolo video.

Nel provvedimento – carico di prudenza e buon senso – il Presidente della Sezione specializzata di proprietà intellettuale del Tribunale di Roma, Tommaso Marvasi ricorda che la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha, ormai, messo stringenti paletti alla possibilità di ritenere un provider – come YouTube – responsabile dei contenuti pubblicati dagli utenti e saldamente ancorato tale eventualità alla circostanza che il provider, ricevuta una segnalazione qualificata, puntuale e circoscritta non sia, poi, tempestivamente attivato per porre fine alla violazione.

Ed è proprio questa la strada che il Tribunale di Roma sembra intenzionato a seguire prima di risolvere una delle questioni più delicate e complesse nel lungo confronto tra vecchi e nuovi protagonisti del sistema mediatico.

E’ per questo che il Presidente del Collegio – nonché relatore della causa – Tommaso Marvasi ha convocato i consulenti tecnici d’ufficio perché lo aiutino ad identificare, per ciascuno dei video oggetto di contestazione, se e quando Mediaset ne abbia chiesto a Google la rimozione e, naturalmente, se e quando Google vi abbia provveduto.

Nessuna anticipazione, naturalmente, circa la decisione finale ma sembra evidente che il Tribunale di Roma non ha intenzione di chiamare Google a rispondere della pubblicazione di contenuti dei quali Rti non gli abbia, tempestivamente segnalato, in maniera puntuale – ovvero previa indicazione della relativa url – il carattere illecito, chiedendogliene la rimozione.

Non è, infatti, difficile leggere tra le righe dell’Ordinanza il fermo convincimento del Tribunale circa l’impossibilità – alla stregua del diritto europeo, come di recente interpretato dalla Corte di Giustizia Ue – di ritenere sussistente, anche solo indirettamente, un obbligo generale di sorveglianza in capo all’internet service provider.

E’ una decisione, anche se interlocutoria, quella del Tribunale di Roma che riavvicina il nostro Paese all’Europa dove, tra l’altro, proprio nei giorni scorsi, i giudici spagnoli della Corte d’Appello di Madrid hanno confermato la sentenza con la quale, nel 2008 il Tribunale aveva integralmente respinto le domande proposte da Telecinco nei confronti di YouTube nell’ambito di una vicenda sostanzialmente gemella a quella cui si riferisce il giudizio pendente dinanzi ai giudici capitolini.

Il provvedimento, tra l’altro, conferma, ancora una volta, quanto sia azzardata l’idea alla base del recente Regolamento varato dall’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, di garantire la tutela del diritto d’autore online nell’ambito di procedimenti sommari, che dovrebbero concludersi in sole quattro settimane.

Come è possibile che l’Agcom riesca a definire in una manciata di giorni, questioni analoghe a quelle alle quali i giudici specializzati in proprietà intellettuale dei nostri Tribunali, dedicano anni di lavoro?

E’ una domanda destinata a rimanere senza risposta.

Per ora val la pena di accontentarsi di salutare con favore – a prescindere dall’esito e da chi dei contendenti si ritenga aver ragione – una decisione nella quale i giudici dimostrano di voler davvero capire prima di giudicare e, soprattutto, di aver ben colto l’esigenza, specie quando si parla di Internet, che  il nostro Paese proceda nel solco indicato dall’Europa.