Legittimo Impedimento: la sentenza

Pubblicato il 19 Gennaio 2011 alle 18:17 Autore: Francesca Petrini
riforma della Giustizia tribunale

Cosa dice e che effetti avrà la sentenza della Consulta sul legittimo impedimento?

 

È una storia lunga quella che vede protagonista la Corte costituzionale, negli anni più volte investita del compito di esprimersi su scudi giudiziari e leggi salva Premier. Se ne è trattato recentemente qui su Termometro Politico, ricordando il lodo Schifani bocciato dalla Consulta nel gennaio 2004 (la cui approvazione consentì comunque la sospensione e lo stralcio del processo Sme), la legge Cirielli del 2006, anch’essa bocciata dalla Corte in merito alle norme sulla prescrizione breve, ed in particolare la previsione di poterle applicare anche ai processi in corso (tra cui ovviamente quelli di Berlusconi), la legge Pecorella 2007 che, azzerata dalla Corte, impediva l’appello per il pm che “perde” il processo, ed infine il lodo Alfano 2008, bloccato dalla Consulta nell’ottobre del 2009, istitutivo di uno scudo giudiziario per le quattro più alte cariche dello Stato.

Così arriviamo allo scorso giovedì ed alla bocciatura del c.d. “legittimo impedimento” (legge n. 51 del 2010), votata dalla maggioranza con l’astensione dell’Udc ad aprile 2010. In sostanza, la Corte costituzionale in parte approva la legge, in parte la boccia. È lasciato in piedi l’impianto generale della legge, come sottolineato dagli esponenti del Pdl, ovvero il principio secondo cui il Presidente del Consiglio può godere di un legittimo impedimento a non comparire in udienza; ma tutto è riportato alla Costituzione, e in particolare al rispetto degli articoli 3 e 138, secondo cui i cittadini sono uguali di fronte alla legge e non possono essere introdotte con legge ordinaria immunità e prerogative1.

legittimo impedimento

Il voto finale sulla legge smentisce ogni pronostico: la Corte è compatta e a larghissima maggioranza (12 a 3) cassa la speciale procedura che stabiliva di fatto un automatismo tra l’autocertificazione di un “impedimento continuativo, continuato e correlato” alle attività di governo e l’obbligo del giudice a rinviare il processo (art. 1, commi 3 e 4 della legge n. 51/2010)2. Tale meccanismo di autocertificazione, garantito dal segretario generale di Palazzo Chigi, valevole per sei mesi e prorogabile tre volte, è stato dichiarato incostituzionale per palese violazione degli articoli 3 e 138 della Carta costituzionale, laddove “non prevede che il giudice valuti in concreto l’impedimento addotto”. Qui chiaramente il riferimento è all’articolo 420-ter del codice di procedura penale3 sull’impedimento ordinario, in cui invece il giudice “valuta liberamente” l’eventualità del rinvio: la legge quindi è resa coerente con l’istituto del legittimo impedimento che già esiste nel codice di procedura, per cui se un imputato ha un valido motivo per rinviare il processo, il giudice fissa un’altra data. Ciò che rimane in vita è il comma 1 dell’articolo 1 della legge in oggetto4, ma solo se l’elenco degli impedimenti del Presidente del Consiglio è riportato alla valutazione del giudice come accade a tutti i normali cittadini: il giudice sicuramente dovrà tenere in debita considerazione la posizione di Presidente del Consiglio, ma la corretta chiave interpretativa della disposizione di cui al comma 1 dell’articolo 1 della legge sul legittimo impedimento fa riferimento alla remissione della valutazione allo stesso giudice.

 

La sentenza sarà scritta dal relatore Sabino Cassese all’incirca nei prossimi 15 giorni e, se anche bisognerà attendere qualche settimana per conoscere nel dettaglio le motivazioni della stessa, risulterà di certo molto articolata poiché in parte interpretativa, in parte additiva ed in parte di parziale incostituzionalità. Già da ora ci si può interrogare sulle conseguenze che tale giurisprudenza comporterà. Il costituzionalista e senatore del Pd, Stefano Ceccanti, ha già chiarito come “la Corte non ha espanso i poteri dei singoli giudici ma li ha attribuiti a sé stessa”, con ciò paradossalmente portandosi nel vivo di un conflitto politico cui la Corte ha cercato di sottrarsi proprio con la sentenza in oggetto, evitando, non a caso, una bocciatura tout court della legge. Nel bilanciare gli interessi della giustizia e quelli del potere esecutivo, come ha messo in rilievo Giovanni Bianconi in un articolo apparso sul Corriere della Sera dello scorso 14 gennaio, la Corte costituzionale ha ancora una volta invocato il “principio di leale collaborazione” tra poteri dello Stato, come fece nel 2005 regolando un conflitto tra Camera dei deputati e Cesare Previti e nel 2009 bocciando il Lodo Alfano. Stante ciò, e dati i tempi che corrono nel paese, non ci sembra un azzardo pronosticare che, ogniqualvolta il giudice obbietterà la legittimità dell’impedimento “invocato” da Palazzo Chigi, invitando dunque il Presidente del Consiglio a comparire in udienza penale, gli avvocati di quest’ultimo non si faranno remore nel sollevare il conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato per ritornare dunque di fronte alla Corte costituzionale. Si tratterà in definitiva di corsi e ricorsi giudiziari tali da determinare un guinness dei primati nella sezione assenze del Presidente del Consiglio dalle udienze nei processi che lo vedono imputato? Staremo a vedere.

 


 

1Art. 3 della Costituzione: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.

2Art. 138 della Costituzione: “Le leggi di revisione della Costituzione e le altre leggi costituzionali sono adottate da ciascuna Camera con due successive deliberazioni ad intervallo non minore di tre mesi, e sono approvate a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera nella seconda votazione. Le leggi stesse sono sottoposte a referendum popolare quando, entro tre mesi dalla loro pubblicazione, ne facciano domanda un quinto dei membri di una Camera o cinquecentomila elettori o cinque Consigli regionali. La legge sottoposta a referendum non è promulgata, se non è approvata dalla maggioranza dei voti validi. Non si fa luogo a referendum se la legge è stata approvata nella seconda votazione da ciascuna delle Camere a maggioranza di due terzi dei suoi componenti”. Art. 1, commi 3 e 4 della legge 7 aprile 2010, n. 51: “3) Il giudice, su richiesta di parte, quando ricorrono  le  ipotesi di cui ai commi precedenti rinvia il processo ad altra udienza. 4) Ove  la  Presidenza  del  Consiglio  dei  Ministri  attesti  che l’impedimento è continuativo  e  correlato  allo  svolgimento  delle funzioni di cui alla presente legge, il giudice rinvia il processo  a udienza successiva al periodo indicato, che non può essere superiore a sei mesi”.

 

3Art. 420-ter c.p.p.: “Quando l’imputato, anche se detenuto, non si presenta all’udienza e risulta che l’assenza è dovuta ad assoluta impossibilità di comparire per caso fortuito, forza maggiore o altro legittimo impedimento, il giudice, con ordinanza, anche d’ufficio, rinvia ad una nuova udienza e dispone che sia rinnovato l’avviso all’imputato, a norma dell’articolo 419, comma 1. Con le medesime modalità di cui al comma 1 il giudice provvede quando appare probabile che l’assenza dell’imputato sia dovuta ad assoluta impossibilità di comparire per caso fortuito o forza maggiore. Tale probabilità è liberamente valutata dal giudice e non può formare oggetto di discussione successiva né motivo di impugnazione. Quando l’imputato, anche se detenuto, non si presenta alle successive udienze e ricorrono le condizioni previste dal comma 1, il giudice rinvia anche d’ufficio l’udienza, fissa con ordinanza la data della nuova udienza e ne dispone la notificazione all’imputato. In ogni caso la lettura dell’ordinanza che fissa la nuova udienza sostituisce la citazione e gli avvisi per tutti coloro che sono o devono considerarsi presenti. Il giudice provvede a norma del comma 1 nel caso di assenza del difensore, quando risulta che l’assenza stessa è dovuta ad assoluta impossibilità di comparire per legittimo impedimento, purché prontamente comunicato. Tale disposizione non si applica se l’imputato è assistito da due difensori e l’impedimento riguarda uno dei medesimi ovvero quando il difensore impedito ha designato un sostituto o quando l’imputato chiede che si proceda in assenza del difensore impedito.

4Art. 1, comma 1 della legge 7 aprile 2010, n. 51: “1.  Per  il  Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri  costituisce legittimo impedimento, ai sensi dell’articolo 420-ter del  codice  di procedura penale, a comparire nelle udienze dei procedimenti  penali, quale  imputato,  il  concomitante  esercizio  di  una o  più  delle attribuzioni previste dalle leggi o dai regolamenti e in  particolare dagli articoli 5, 6 e 12 della  legge  23  agosto  1988,  n.  400,  e successive modificazioni,  dagli  articoli  2,  3  e  4  del  decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 303, e successive modificazioni, e dal regolamento interno del Consiglio dei Ministri, di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 10  novembre  1993,  pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 268 del 15 novembre  1993,  e  successive modificazioni,    delle    relative    attività    preparatorie    e consequenziali, nonché di ogni attività comunque coessenziale  alle funzioni di Governo”.

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L'autore: Francesca Petrini

Dottoranda in Teoria dello Stato e istituzioni politiche comparte, si è laureata in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali ed ha conseguito il titolo di Master di II livello in Istituzioni parlamentari per consulenti d´Assemblea.
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