I risultati del sondaggio Giovani e Lavoro in collaborazione con La Stampa

sondaggio giovani e lavoro

I risultati del sondaggio Giovani e Lavoro in collaborazione con La Stampa

 

Che cosa viene fuori da questi dati? Una immagine un po diversa da quanto personalmente mi aspettassi. Innanzitutto non è vero (a meno che i rispondenti non abbiano mentito, ma che senso avrebbe in un sondaggio online completamente anonimo?) che i giovani italiani vogliono a tutti i costi stare vicini ai genitori, solo il 14% complessivo ammette questo.

Non è una percentuale piccolissima ed è comunque di più della percentuale di tutti i giovani “inattivi” negli altri paesi, il che vuol dire che pure se si accontentassero tutti quelli che vogliono andare via o sono disposti a farlo se trovassero lavoro (cosa comunque difficile) resterebbe comunque una percentuale di immobilità maggiore che in altri paesi europei. Quindi magari non sono così “mammoni” come si pensa (almeno nelle intenzioni) ma lo sono certamente di più di quelli di altri paesi europei, eppure non sembra essere questo il principale problema. Quelli che accetterebbero qualsiasi cosa purché il posto sia fisso sono già di più ed arrivano quasi al 24%, mentre quasi il doppio invece dice di non importarsene del posto fisso ma quello che conta è fare qualcosa che gli piaccia e dia soddisfazioni personali, il che ci dice che le frasi di Monti sono condivise da moltissimi giovani che non fanno del posto fisso un tabù come si potrebbe pensare. E ora veniamo alle note dolenti: se una gran parte andrebbe via pur di lavorare e accrescere la propria professionalità perché non lo fanno? Per quello che è forse il vero problema del “familismo”. I giovani non vogliono stare vicini alla famiglia per questioni di affetto o nella propria città di origine per comodità, o per lo meno non solo per quello.

Dalla domanda sull’istruzione viene fuori infatti che oltre il 90% considera la formazione e lo studio qualcosa di fondamentale, ma solo il 18% dice di avere tutti gli strumenti e ben il 43,5% lamenta l’inefficienza del sistema scolastico/universitario (forse anche oltre i demeriti del nostro sistema mi verrebbe da dire). Insomma la ragione sembra essere che questi non si sentono adeguati, forse sono timidi, insicuri, certi che la formazione che hanno ricevuto valga poco, con una bassa propensione al rischio (quelli che rinucerebbero esplicitamente alla rete di protezione dell’articolo 18 sono poco più del 30%), con un basso spirito di avventura (solo il 27,6% andrebbe via in ogni caso) e con basso spirito di sacrificio (solo 13% ha scelto la risposta che includeva questa parola) e pure piuttosto confusi (basti guardare l’altissimo numero di “non so” in alcune domande).

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Insomma il quadro di insieme ci consegna dei giovani che per buona parte sembrano vagare per il campo cercando di capire dove è il pallone e correndo (chi più chi meno) all’impazzata, con un po’  di paura di farsi male o di stancarsi troppo, ma soprattutto traspare in buona parte di loro una certa dose di sfiducia forse soprattutto in se stessi. In conclusione il vero problema non è l’attaccamento ai genitori se non per una percentuale comunque superiore alla media europea ma comunque non decisiva, ma piuttosto che buona parte di loro sembra essere stata tenuta finora sotto una campana di vetro o non è stata adeguatamente preparata ad affrontare la vita e ora che serve che loro facciano i gol che i vecchi non riescono più a fare vagano per il campo smarriti e senza una meta chiara.

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