Approvato un mezzo Italicum. Viagra per la II Repubblica

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La notizia principale è che ieri alla Camera è stato approvato l’Italicum con 365 voti contro 156, sorretto dalla strana maggioranza PD-FI. La nuova legge elettorale è però una legge dimezzata, riguarda  solo la Camera. La seconda notizia è che la discussione sulla parità di genere è un tormentone destinato a proseguire a oltranza, che pochi capiscono, ma che molti utilizzano come pretesto per menare il can per l’aia, per coprire le cose importanti. E’ certamente più facile parlare di argomenti come il “genere”, il sesso dei candidati, le formule sulle quote rosa con meccanismi complicati per l’alternanza di genere in lista, che addentrarsi nel labirinto normativo della nuova legge elettorale maggioritaria “schiaccia partiti non allineati”.

La presidente Boldrini ha fatto la sua parte, ha sviato l’attenzione dell’opinione pubblica andando domenica in RAI a pontificare sulle quote rosa, pur di non parlare della vera natura dell’Italicum, che emergerà con evidenza una volta che si avrà il testo definitivo in mano.

Settimana scorsa c’è stato un convegno a Roma, all’Istituto Sturzo, dove politologi e politici hanno spiegato la struttura principale e il significato di alcune scelte. Come ad esempio l’incredibile inversione del nesso causale: ora è la riforma elettorale che spinge le riforme istituzionali, la forma di governo e la modifica del bicameralismo. In altre parole, l’accordo sulle regole del gioco rende subalterna la modifica della Costituzione.

Questo a  riprova del fatto che l’accesso al “potere” è ciò che conta, visto che è gestito tramite la legge elettorale.

Non mancheranno le occasioni per approfondire e capire il testo che in Aula alla Camera la maggioranza delle larghe intese, partito Democratico più Forza Italia, ha fatto di tutto per non discutere nel merito, con un frettoloso esame degli emendamenti.

Però, come è stato detto dagli autori dell’Italicum, al convegno di venerdì scorso dal titolo “L’Italicum, dall’accordo politico al progetto di legge”, è una legge a metà visto che riguarda solo la Camera e non il Senato. Si vede che va bene anche dimezzata, se i gli effetti sono comunque portentosi per un sistema agonizzante come quello attuale, guidato da Renzi. Qualcuno in quella sede, dopo aver sentito le spiegazioni tecniche del politologo Roberto D’Alimonte, ha azzardato il paragone con il viagra, il farmaco che ridona la virilità perduta. In questo caso l’Italicum potrebbe ridonare vitalità alla maggioranza Renzi-Berlusconi, in forte ribasso in vista delle europee del 25 maggio. E’ un dato di fatto che la forza del consenso sta sfuggendo di mano al Cavaliere e a Renzi.

Gli elementi principali dell’Italicum come sono stati ben illustrati dallo “zio”, come si è autodefinito D’Alimonte.

Il tutto è iniziato ai primi di gennaio di quest’anno quando Renzi ha lanciato – con il generoso aiuto dei media – i famosi tre modelli di riforma elettorale (spagnolo, mattarellum rivisto e porcellum corretto) dai quali poi è scaturito l’Italicum. D’Alimonte in qualità di consigliere del Granduca fiorentino, cioè di Matteo Renzi, è stato quello ha lavorato di più al progetto Italicum. D’Alimonte ha subito precisato: “Ho collaborato con Matteo Renzi nella prima fase di stesura della legge elettorale, a gennaio. Condividevo con l’attuale premier la convinzione che per garantire la governabilità del paese fosse necessario elaborare un sistema in grado di trasformare una maggioranza relativa di voti in una maggioranza assoluta di seggi. Poi una volta che il testo è giunto in Parlamento ho partecipato sempre meno“. Passaggio molto impegnativo per il professore, che condivide con Renzi una curiosa attitudine. Poi ha proseguito riepilogando l’iter della trattativa tra Renzi, Silvio Berlusconi e il plenipotenziario Denis Verdini: “Renzi ha preso in autonomia tre decisioni fondamentali. Primo, coinvolgere Forza Italia nella stesura della nuova legge. Poi, proporre a Berlusconi tre modelli su cui scegliere: spagnolo corretto, mattarellum corretto e porcellum rivisto. Infine, il collegamento tra legge elettorale e riforma del Titolo V e del Senato“.

Prosegue svelando chi comanda veramente in Forza Italia “L’iniziale accordo Renzi-Berlusconi sul sistema spagnolo è stato accantonato per l’opposizione dei piccoli partiti e del presidente della Repubblica a un meccanismo con effetti decisamente maggioritari. La svolta c’è stata la mattina del 20 gennaio, quando Verdini ha dato a Renzi il via libera sul doppio turno di coalizione“.

In questo modo è nata l’ossatura dell’Italicum: premio di maggioranza del 15% alla prima coalizione che supera il 37% dei voti, altrimenti si va al ballottaggio. “Io avrei preferito una soglia più alta, tra il 40 e il 50%, e un premio di maggioranza più alto almeno al secondo turno – ha detto D’Alimonte -. Ma i fatto che Berlusconi abbia accettato il doppio turno è un miracolo di Renzi, visto che è convinto che gli elettori moderati al ballottaggio non vadano a votare”.

L’Italicum è stato legato alla riforma del Senato, ma possiede anche una vita propria, certo rimangono sul tappeto molti problemi irrisolti. Come quello delle liste civetta, cioè di quelle liste fasulle, costruite con nomi accattivanti, favorite dal fatto che possono concorrere a far vincere le coalizioni, anche se non hanno possibilità di superare lo sbarramento. I loro voti sono fondamentali per una coalizione, per concorrere alla conquista del premio di maggioranza. “Berlusconi e Verdini – ha spiegato D’Alimonte – non vogliono rinunciare allo 0,5 di Forza Roma o all’1% di Storace. L’unico intervento che si è potuto fare è quello di stabilire che una lista si deve presentare in almeno un quarto dei collegi“.

I dettagli sono ancora da scoprire visto che ieri e l’altro ieri alla Camera c’è stato un gran lavoro sugli emendamenti. Un lavoro che è apparso sovente essere frettoloso e al buio. In conclusione l’opposizione ha definito il testo in vari modi: legge vergogna, legge truffa, algoritmo taroccato, schifezza incostituzionale, legge peggiore del porcellum, omicidio della democrazia e così via.

La maggioranza parlamentare PD-FI è rimasta per tutto il tempo impassibile, muta, pochissimi interventi del relatore forzista Sisto e del piddino Fiano.

Ad un certo punto, durante le dichiarazioni di voto, il grillino Nuti si è alzato di scatto, sdegnato dall’essere chiamato “amico” dal collega del PD, precisando che non ha nulla da spartire con quelli che sono stati definiti “ladri di democrazia”.

Un’evidente esagerazione: i democratici, con i sodali forzisti, sono solo dei consumatori abituali di “potere”, in cerca della loro consueta dose.

 

Daniele Vittorio Comero

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