Escher, il rigore onirico in mostra a Roma

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Cosa accomuna matematici e hippies? La passione per un artista capace di fondere “architetture” naturali con spazi geometrici, svelando scenari altri, in cui l’esattezza dei numeri si sposa con la spinta propulsiva dei ricordi e della creatività. Stiamo parlando di Maurits Cornelis Escher (1898 –  1972), incisore e grafico olandese, a cui è dedicata una mostra intitolata semplicemente “Escher”, in corso a Roma presso il Chiostro del Bramante fino al 22 febbraio 2015.

L’esposizione, curata da Marco Bussagli, si compone di oltre 150 opere dell’artista, molte delle quali litografie e xilografie, la cui grandezza è in genere compresa tra i trenta e quaranta centimetri. Tra i suoi lavori più celebri in mostra, ci sono Mano con sfera riflettenteGiorno e notteAtro mondo II e Casa di scale (relatività).

LA DUPLICITA’ DI ESCHER

«Sono andato nei boschi di Baarn, ho attraversato un ponticello e davanti a me avevo questa scena. Dovevo assolutamente ricavarne un quadro!». Così Escher spiegava com’era nata la litografia Tre mondi, in cui profondità e riflesso si trovano sullo stesso piano, quello dell’acqua, che rende possibile l’incontro (e la contaminazione) di elementi solo apparentemente contrastanti: realtà e sogno, invenzione e percezione visiva.

La mostra intende sottolineare questa duplicità, suggerendo che una pluralità di sguardi è fonte di ricchezza, perché dà profondità alla conoscenza dell’esistenza, in tutte le sue manifestazioni. Così, lungo un percorso denso ma giocoso, il visitatore riesce a cogliere l’origine delle opere di Escher, facendo (letteralmente) proprio il punto di vista dell’artista. Ci si ritrova quindi a sperimentare illusioni ottiche probabilmente familiari a livello inconscio, ma delle quali si coglie la portata sorprendente solo dopo averne preso consapevolezza. L’esposizione offre infatti tre tipi di esperienze percettive: distorsione, profondità ed effetti optical.

Pozzanghere che ricordano crateri, scarabei che sembrano scalare le montagne, bucce che si dipanano come nastri di Mobius: sono solo alcune “istantanee” prodotte dall’immaginario di Erscher. L’influsso della Gestalt, che studiava la percezione attraverso elementi matematici e psicologici, è evidente.

ESCHER E L’ITALIA

Ma quale fu l’evento che diede un’impronta indelebile allo sguardo dell’artista? Sicuramente il periodo trascorso in Italia, che gli donò colori e spaccati di ogni tipo, dalla campagna senese al mare di Tropea, dai rilievi di Castrovalva ai monti antropomorfi di Pentadattilo. Decisiva fu l’esperienza di luoghi così diversi dalla soffice e orizzontale Olanda, cui seguirono Cordova e l’Alhambra, e le tassellature di quei monumenti moreschi riportarono alla luce il suo interesse per l’art nouveau.

I figli dei fiori erano come ipnotizzati dai suoi lavori, al punto di riprodurli su gadget di ogni tipo, finchè nel 1969 Mick Jagger scrisse ad Escher chiedendogli un disegno per la copertina del nuovo album. L’artista non gradì l’atteggiamento fin troppo confidente assunto dall’altro e rifiutò. Tuttavia, è suggestivo provare a immaginare quali frutti sarebbero potuti nascere da questa collaborazione. Magari un’altra pietra miliare che non avrebbe  avuto niente da invidiare al leggendario album dei Velvet Underground e Nico “confezionato” insieme ad Andy Warhol.

Francesca Garrisi