Firme false a listino Formigoni, 2 anni e 9 mesi a Podestà

Si conclude con una condanna a due anni e nove mesi di reclusione per Guido Podestà il processo di primo grado, che aveva visto il presidente della Provincia di Milano (ancora in carica per gli affari correnti) accusato di aver falsificato 926 firme per favorire la candidatura di Formigoni alla guida della regione Lombardia.

La vicenda nasce quando Repubblica racconta che l’elenco dei candidati nel listino di Formigoni fosse stata presentata solo pochi giorni prima della presentazione. Durante un incontro ad Arcore i vertici del centrodestra infatti avrebbero operato un “rimpasto” in corsa ed in questa occasione sarebbe stata inserito nella lista anche il nome di Nicole Minetti.

Dall’inchiesta nasce la segnalazione da parte dei radicali, ed il caso finisce nelle mani del procuratore aggiunto Robledo, che aveva chiesto per i consiglieri provinciali indagati pene superiori ai quattro anni di carcere. Il reato che Robledo contestava era quello di Falso Ideologico e nella dura requisitoria finale aveva parlato in relazione alla vicenda, di “ferita grave per la democrazia” ed affermando che “ai cittadini sia stata sottratta la libertà di scelta della loro rappresentanza”.

Nonostante Potestà abbia sempre affermato la propria innocenza e i suoi legali, Paolo Veneziani e Gaetano Pecorella, avessero proposto un’istanza alla Cassazione per legittimo sospetto, in quanto il procedimento è stato al centro dello scontro interno al Tribunale di Milano fra Robledo e il procuratore capo Edmondo Bruti Liberati, le numerose testimonianze, fra cui determinante quella di Clotilde Strada,   hanno convinto il Giudice di Milano a condannare Podestà e gli ex consiglieri provinciali Massimo Turci (due anni e sei mesi), Barbara Calzavara (due anni e sei mesi) e Nicolò Mardegan (un anno e un mese), anche se per il reato meno grave di “falso in materia elettorale”. I condannati inoltre sono stati sospesi dai pubblici uffici e dai diritti elettorali, e dovranno liquidare alla Provincia di Milano, costituitasi parte civile nel processo, 100mila euro.

Podestà tuttavia ribadisce la propria innocenza e dopo la lettura della sentenza ha convocato una conferenza stampa affermando: “Contro di me sono state dette solo menzogne. Non c’era una sola prova del mio coinvolgimento” e nel contempo annunciando: “Sul sito www.guidopodesta.it sará disponibile online il dossier “Che Italia è questa”, in cui metto a disposizione tutta la documentazione che dimostra la mia assoluta estraneitá dai fatti che mi sono stati contestati”.