Mafia Capitale, per Alemanno l’accusa è di corruzione e finanziamento illecito

Ignazio Marino gianni alemanno indagato

Inchiesta mafia capitale: la Procura di Roma ha notificato l’atto di chiusura delle indagini all’ex sindaco di Roma Gianni Alemanno. La notifica dell’atto è il preludio del rinvio a giudizio per l’ex primo cittadino, al quale vengono contestati i reati di corruzione e finanziamento illecito. Ad Alemanno potrebbe essere contestato il fatto di aver ricevuto somme di danaro, attraverso la sua fondazione Nuova Italia, per aver compiuto atti contrari ai doveri del suo ufficio. La notifica è stata firmata dal procuratore Giuseppe Pignatone, dall’aggiunto Michele Prestipino e dai sostituti Paolo Ielo, Luca Tescaroli e Giuseppe Cascini.

La figura di Alemanno era emersa nell’ambito dell’inchiesta con la prima ondata di arresti, nel dicembre scorso, e i pm avevano anche contestato il reato di associazione a delinquere di stampo mafioso, che potrebbe essere archiviata. La caduta di quest’ultima accusa è stata accolta con sollievo da Alemanno, che ha dichiarato: “l’avviso di conclusione delle indagini preliminari che mi è stato notificato oggi dalla Procura della Repubblica non contiene più i reati previsti dall’articolo 416 bis del codice penale, ovvero l’associazione a delinquere di stampo mafioso. Dopo dieci mesi finalmente sono stato liberato dall’accusa infamante di essere partecipe di un’associazione mafiosa“.

Alemanno: “La Magistratura mi darà ragione”

Secondo l’accusa l’ammontare dei fondi illeciti ricevuti tra il 2012 e il 2014, tramite l’ex ad di Ama Franco Panzironi, ammonterebbe complessivamente a 125 mila euro: attraverso la fondazione, Alemanno avrebbe ricevuto 75 mila euro sotto forma di finanziamento per cene elettorali, 40 mila euro per la Nuova Italia e circa 10 mila euro in contanti (questi ultimi nell’ottobre 2014, due mesi dalla prima ondata di arresti). Oltre ad essere soddisfatto per l’archiviazione dei reati legati al 416-bis, Alemanno respinge le accuse e dichiara che si difenderà in ogni modo: “ convinto che la Magistratura mi darà giustizia con la stessa onestà intellettuale con cui oggi ha archiviato per me l’ipotesi di reato di associazione a delinquere di stampo mafioso”.

Sempre secondo l’accusa le somme percepite sarebbero state erogate da Salvatore Buzzi, boss delle cooperative, in accordo con Massimo Carminati, l’ex terrorista di estrema destra dei Nar ed ex membro della Banda della Magliana, i personaggio chiave dell’inchiesta, che ha svelato il sistema criminale di gestione dei centri di accoglienza per immigrati e dei campi nomadi nella capitale.

 

Ilaria Porrone