Cina: cosa sta avvenendo nel Pacifico?

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Le ultime notizie rese pubbliche dagli apparati della comunicazione militare della Cina lasciano poca libertà all’interpretazione. Il Celeste Impero ha avviato una serie di azioni logistiche e strutturali per una occupazione sempre più pervicace delle cosiddette “Isole artificiali”, lembo di terra tra gli arcipelaghi delle Paracel e delle Spratly, situato all’interno di quella porzione di Oceano Pacifico conosciuta come Mar Cinese Meridionale. Queste coste sono da lungo tempo al centro di un contenzioso internazionale, riguardante la loro attribuzione di sovranità, che vede schierate da una parte le rivendicazioni geografiche di Pechino e, dall’altra, quelle degli Stati Uniti d’America. A nulla dunque sembrano essere servite le mediazioni della Comunità internazionale che in questi mesi avevano auspicato una risoluzione bilaterale tramite la creazione di una “Zona Franca” libera dal controllo e dall’influenza delle due superpotenze.

Cina e Usa: l’oggetto del contendere

Le Isole Paracel e Spratly, che la Cina dall’alto della sua aggressiva pretesa di potere chiama già Xinsha e Nansha, rappresentano due avamposti importanti per la navigazione commerciale e per le tratte delle esportazioni delle merci sia verso l’Indonesia centrale, a Sud, che verso il Giappone ad Est. Recentemente Pechino si è impegnata nell’implementazione di una barriera di atolli artificiali, agglomerati affioranti di terra, fango e rocce sedimentarie proprio in corrispondenza dei due arcipelaghi, blindando di fatto un viatico essenziale per il libero scambio, a tutto svantaggio degli Stati Uniti che in quelle Colonne d’Ercole vedono delle ghiotte opportunità di crescita e sviluppo d’influenza non soltanto militare, ma soprattutto industriale.

Secondo il quotidiano britannico The Guardian, il Pentagono avrebbe intrapreso delle manovre strategiche di difesa, ad oggi definite di esercitazione, controllo e sorveglianza, al fine di reclamare il proprio diritto di sovranità relativamente alle acque contese. Aerei da ricognizione americani avrebbero ripetutamente sorvolato il Mar Cinese Meridionale, sfidando apertamente la giurisdizione di Beijing, all’interno di quella che il Celeste Impero ha definito “Zona per lo sfruttamento economico” (naturalmente il proprio e non quello altrui, con buona pace del tanto agognato status di economia di mercato).

Cina: la questione energetica

L’azzardo globale che la questione delle Paracel e delle Spratly pone sulla scacchiera internazionale è di quelli da giocata importante. Nessuno può permettersi puntate al ribasso, non sarebbe saggio, specie quando in ballo vi è la supremazia economico-commerciale di una fetta sostanziosa del Pacifico e dell’approvvigionamento energetico nucleare.

Per ovviare alle difficoltà di trasporto del combustibile fossile dalle isole artificiali alla terraferma, un nuovo progetto delle autorità centrali di Pechino, il “CSIC 719”, prevede infatti la costruzione di alcune centrali nucleari galleggianti, vere e proprie navi con tanto di reattore, le quali dovrebbero sfruttare gli impianti di desalinizzazione dell’acqua di mare, già costruiti nei pressi delle isole contese, per sviluppare enormi quantità di energia direttamente in loco. Ne dà conto il Global Times, giornale filogovernativo, insieme ai costi della titanica operazione. La prima flotta sarà formata da 20 unità navali per un costo totale di 3 miliardi di yuan (circa 460 milioni di dollari).

Ecco i modelli in scala, basati su una produzione industriale russa, della centrale nucleare galleggiante (sullo sfondo) e di una unità di desalinizzazione ausiliaria (in primo piano).

By FelixMaqueta central nuclear flotante Uploaded by ChNPP, CC BY 2.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=15172568

Riccardo Piazza