Referendum Brexit: non è vincolante, sarà decisivo il Parlamento

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Aggiornamento a cura della Redazione di Termometro Politico

Il governo inglese non potrà attivare autonomamente l’articolo 50 del Trattato di Lisbona. Così ha decretato a larga maggioranza la Corte Suprema britannica. L’uscita dall’Ue dovrà passare al vaglio del Parlamento. L’articolo sottostante risale al 18 giugno. Pochi giorni prima del referendum sulla Brexit, avevamo già evidenziato come il risultato dell’espressione popolare fosse destinato a finire nelle mani di Westminster. I giudici hanno sottolineato che, in base all’European Communities Act del 1972, quello che ha implementato il diritto comunitario nell’ordinamento Uk, il governo può ridiscutere i trattati internazionali ma non l’appartenenza all’Ue, in quanto il provvedimento è una “fonte indipendente” della legge britannica che non può essere ridiscussa senza l’approvazione del supremo organo legislativo.

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Brexit: sarà decisivo il Parlamento

Un dettaglio sconosciuto perfino a molti inglesi e che spesso, anche nelle migliori analisi, passa sotto silenzio ma forse è la cosa più importante da rilevare: anche in caso di vittoria del “Leave” al referendum del 23 giugno, la Gran Bretagna potrebbe rimanere comunque nell’Unione Europea. Infatti, a parte il fatto che ci vorrebbero almeno 2 anni per “uscire” effettivamente nel caso si volesse attivare la procedura prevista dall’articolo 50 del Trattato di Lisbona (quello che regola il ritiro di uno stato dal blocco dei paesi membri dell’Ue), il risultato del referendum (che è consultivo) non è giuridicamente vincolante e il governo di Londra potrebbe, semplicemente, ignorarlo.

Brexit: sarà decisivo il Parlamento

In pratica, nel caso vincesse il fronte di chi vuole il paese fuori dalla Comunità Europea basterebbe mettere la questione ai voti in Parlamento dove – gli ultimi calcoli dei media parlano di 454 contrari e 147 favorevoli alla House of Commons – la Brexit verrebbe definitivamente affossata.

Sarebbe quasi ironico, perché chi sostiene la causa dell’uscita dall’Ue sostiene sia stata svenduta a Bruxelles, ma nell’eventualità di un voto parlamentare contrario rispetto alla volontà espressa via referendum, i 650 deputati britannici potrebbero giustificarsi, innanzitutto, rivendicando l’affermazione della propria “sovranità” –  l’unica a essere “legittima” – sul destino del paese.

Potrebbero verificarsi anche altri casi, politicamente sostenibili, per evitare la Brexit: il Parlamento, dopo aver preso atto del risultato referendario, comunque rigettandolo, potrebbe autorizzare il governo a contrattare diverse condizioni di adesione alla Comunità Europea e poi indire un nuovo referendum al riguardo.

Preoccupati soprattutto dalle conseguenze sulle esportazioni, secondo la BBC, i parlamentari britannici hanno già discusso e approvato il “piano B”. Certo è che, nel caso di vittoria del “Leave”, le possibilità di vedere ancora David Cameron al Numero 10 di Downing Street potrebbero ridursi al lumicino, dunque, non si può escludere la formazione di un governo che provi a rinegoziare un’adesione economica senza, nonostante la botta che comunque verrebbe data all’economia, “libera circolazione delle persone”.