Il Bangladesh e l’epopea del grande telaio globale

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La recente carneficina perpetrata dal terrorismo islamico internazionale a Dacca, ha portato alle luci della ribalta mondiali la complessa situazione geopolitica del Bangladesh: grande telaio globale, fucina ed epicentro di una attività industriale che fa comodo agli indotti di buona parte dell’Occidente.

Bangladesh: un processo di laicizzazione in itinere

Gli antichi territori del Bengala e del Bangladesh vivono da almeno un cinquantennio buono un processo di laicizzazione tormentato e difficoltoso, cominciato con la guerra d’indipendenza e la successiva separazione dal Pakistan di ispirazione musulmana nel 1971. Il Paese è uno dei più fedeli alleati politici, economici e strategici dell’India, nazione dalla quale ha assorbito non soltanto le politiche di gestione lontane dalle monarchie islamiche conservatrici e retrive, ma anche delle propedeutiche economiche aperte al libero mercato. Esportazioni commerciali in primis.

L’attentato, che ha registrato la morte di nove nostri connazionali, compiuto nella capitale, Dacca, sottolinea a penna rossa una destabilizzazione strutturale ancora imperante, figlia del radicalismo islamico più truculento, che nell’estremo Oriente del Bengala fonde le sue origini sia con i gruppi egemoni di Al-Qaeda, sia con le diverse fronde oltranziste vicine allo Stato islamico. In Bangladesh, così come in Malaysia e nelle altre aree del Sud-Est asiatico, si cerca di colpire un sincretismo tra Islam moderato e politiche liberali difficilmente accettabile dalle istanze del fondamentalismo.

L’epopea economica del grande telaio globale: il Bangladesh agli occhi del mondo

Vi sono due elementi discriminanti per comprendere bene le dinamiche economiche e produttive di Dacca. Il primo è il tessuto sociale, il secondo, il valore aggiunto delle esportazioni tessili. Parallelamente ad un ceto estremamente frastagliato e pieno di sacche di povertà assoluta, il paese, governato dal primo ministro Sheikh Hasina, ha nella storia recente basato le proprie fortune sull’accoglienza di investitori stranieri ed imprenditori occidentali per la costruzione di una élite colta ed economicamente sviluppata.

Il settore tessile e dell’abbigliamento ha fatto da catalizzatore e da propulsore per lo sviluppo portando il Pil interno del Bangladesh ad un incremento annuo del 7%. In pochi anni il volume degli affari intorno al settore manifatturiero è passato da 4,8 a 20 miliardi di dollari grazie all’impiego di una forza lavoro composta da cinque milioni di persone, rappresentante l’80 per cento delle esportazioni tessili mondiali. Tali valori collocano Dacca al secondo posto quale esportatore globale, alle spalle della Cina.

Purtroppo non è tutto oro ciò che luccica. L’industria del Bangladesh, seppur a ritmi di produzione e di export elevati, non gode di una sufficiente domanda interna. Inoltre le precarie condizioni di sicurezza degli edifici delle fabbriche e le inique prassi lavorative imposte alla manovalanza, cancellano in buona parte i diritti di una classe sostanzialmente indigente. Il reddito medio pro capite annuo è inferiore ai duemila dollari.

L’antico Bengala si trova oggi a dover affrontare una nuova Rivoluzione industriale prima ancora che politica, civile e liberale. Non sarà un sentiero semplice da percorrere, ma dopo gli ultimi sanguinosi avvenimenti, il tragitto sembra ormai segnato.

Riccardo Piazza