Libri consigliati: La strada interrotta, di Patrick Leigh Fermor

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#Libriconsigliati: La strada interrotta, di Patrick Leigh Fermor

Con La strada interrotta, Adelphi 2015, Patrick Leigh Fermor chiude un ciclo. Ad onor del vero, la sua grande impresa immaginifico-letteraria, che ne fa senza dubbio uno tra i più piacevoli ed intriganti Marco Polo del Secolo breve, comincia già negli anni ’70. La traversata di fortuna dalla Gran Bretagna fino alle soglie del territorio anatolico e di Costantinopoli viene raccontata da Fermor in un enorme taccuino di informazioni e descrizioni visuali precise, che riempie tre tomi per un arco complessivo di quaranta anni.

Il primo esce, per l’appunto, nel 1976, Tempo di regali, il secondo è invece del 1986, Fra i boschi e l’acqua. Purtroppo la narrazione di quel cimento titanico si arresterà con la morte dell’instancabile viaggiatore nel 2011. Saranno i due esecutori letterari delle memorie, nonché amici dell’autore, Colin Thubron e Artemis Cooper, a tradurre gli ultimi appunti di Fermor, condensandoli nel volume di cui ci occupiamo. Un filo robusto che permette al lettore di seguire un cartiglio preciso anche non avendo letto i primi due capitoli di questa trilogia.

Libri consigliati: La strada interrotta, di Patrick Leigh Fermor

Alla fine del 1933 Patrick Leigh Fermor, all’epoca diciottenne, decide di lasciare Londra con l’inamovibile proposito di raggiungere le magnificenze di quella che un tempo la storia conobbe come la fastosa Costantinopoli, crocevia di culture e, forte dell’eredità lasciatagli da Roma e dal suo impero, nuova signora dei popoli. Il ragazzo abbandona una carriera scolastica indisciplinata e inconcludente senza rancori di sorta, affidandosi alla vecchia Università della vita, munito soltanto di un logoro cappotto militare, due libri di poesia ed un unico finanziamento di una sterlina alla settimana da ritirare presso il fermoposta.

Costantinopoli è l’approdo, ma è anche l’origine. Nella scrittura ciclica e avvolgente di Fermor, i luoghi assumono i levigati contorni della storia e della esperienza narrata. Il protagonista sceglie di non sottrarsi alle difficoltà che la sfida propone alla sua persona avvalendosi della permeabilità della mente e dei sensi, della pazienza dettata dal passo accidentato e curioso, del silenzio e dell’ascolto per bere al calice delle tradizioni, del folclore, dell’apprendimento linguistico, per meglio mordere e masticare l’eco del tempo antropologico.

Ogni sera, una sublime volontà condita da una acribia senza confini lo portano a redigere gli schemi della sua giornata, percorsi imprevisti che non seguono un solo sentiero maestro, poiché il sentiero diviene maestro. La vena di Fermor è inesauribile, somiglia ad uno di quegli enormi filoni auriferi del Klondike che fecero la fortuna di molti cercatori. La strada interrotta fa proprio questo: induce alla rincorsa, stimola l’intelletto e lascia con il fiato grosso al termine della lunga giornata di cammino. Antichi palazzi nobiliari, chiese bizantine, amori, lotte per l’identità nazionale, notti di fortuna e persino la visita alla metafisica Repubblica Monastica del Monte Athos.

Fermor ha la capacità di storicizzare con profondità e arguzia l’ambiente in cui è immerso conferendo ossigeno e respiro anche al più banale dei fenomeni. Alla fine del libro qualcuno si ricorderà ancora del raggiungimento finale chiedendosi della destinazione, ma forse, una volta assorbita questa Odissea contemporanea, tale interrogativo risulterà pleonastico.

Patrick Leigh Fermor, La strada interrotta, Adelphi 2015, pp. 365

@Riccardo_Piazza