Elezioni Francia: l’Unione europea dopo il 7 maggio

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Elezioni Francia: l’Unione europea dopo il 7 maggio

Mancano ormai soltanto quattro giorni al secondo turno delle presidenziali francesi. Emmanuel Macron, candidato di En Marche!, centrista dato per favorito sulla sfidante dell’estrema destra Marine Le Pen, ha pubblicamente dichiarato, qualora fosse eletto, di “aspirare ad un’altra tipologia d’Europa“.

Elezioni Francia: Ue, populismo e rappresentanza

Sul Vecchio continente soffiano gagliardi i monsoni dello scetticismo politico, del populismo. Le elezioni tenutesi prima in Austria poi in Olanda hanno in parte frenato la montante proposta euroscettica. Eppure, tutti i principali partiti politici diffidenti, conservatori, financo apertamente nazionalisti hanno guadagnato parecchi seggi nei rispettivi Parlamenti nazionali, portando alla luce una afflizione generale nei confronti dell’Ue, mai come oggi percepita distratta e lontana.

Le ultime diatribe che in queste ore hanno coinvolto i candidati per la poltrona dell’Eliseo, segnano il guado. Discorsi “ispirati” dalla possente retorica di Clemenceau e paventati “candidati del sistema dell’alta finanza” fanno da battistrada palese. Entrambe le fazioni, in un ritmo sempre più incalzante, cercano di assicurarsi il bacino di voti corrispondente nel solco di una sostanziale cannibalizzazione degli schieramenti tradizionali.

Elezioni Francia: Quale Francia? Quale Europa?

La prova manifesta di questo malcelato punto di flesso ascendente è rappresentata dalle tematiche affrontate nel dibattito pubblico francese. I contendenti plasmeranno, presumibilmente, il successo del loro programma alla luce di una unione politica, economica e monetaria in pieno divenire.

Intervistato dalla BBC, Macron ha confermato la sua fiducia nelle istituzioni comunitarie, non risparmiandone, tuttavia, pesanti critiche di fondo. “Sono europeista, ho difeso costantemente durante questa elezione l’idea di Europa e le politiche europee perché credo sia estremamente importante per il popolo francese e per il nostro posto nella globalizzazione. Allo stesso tempo, dobbiamo però affrontare la situazione, ascoltare la nostra gente. Il malfunzionamento dell’Unione europea non è più sostenibile”.

Cambiare davvero un gigante granitico come l’Europa non è una impresa semplice. Il candidato di En Marche!, qualora diventasse presidente, potrebbe forse spingere alcuni membri storici della scuola economica rigorista verso un ammorbidimento collettivo in vista di una maggiore redistribuzione dei fondi comunitari.

Inoltre, una Francia di tal fatta, sarebbe forse in grado di sottolineare meglio il pesante problema del surplus commerciale. La Germania gode di una partita corrente stabile al 9% del Pil. Il limite espresso nei Trattati comunitari è del 6. L’isolazionismo protezionistico lepenista avrebbe minor effetto sullo Stato dell’arte, ma beneficerebbe di una maggiore incisività sul rilancio della domanda interna e dunque dell’inflazione. Sempre che Madame Le Pen decida di non abbandonare l’Unione monetaria.

Nulla è ancora compiuto. Chiunque sarà il vincitore non avrà vita facile. Il prescelto dovrà, infatti, concentrare i propri sforzi per coagulare una reale forza parlamentare intorno al movimento che incarna. Le elezioni politiche di giugno saranno il vero Cavallo di Troia per scoprire quanto l’Assemblée Nationale arriderà al nuovo Presidente.