DAL BLOG Trasporti: i diritti negati degli utenti

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DAL BLOG Trasporti: i diritti negati degli utenti

L’incidente nella metropolitana di Roma – una donna rimasta incastrata in una porta e trascinata per un lungo tratto – è uno di quegli avvenimenti che dicono molto più della loro natura casuale. Ogni sistema complesso, come può essere il servizio di trasporto pubblico di una grande città, contiene in sé elementi di rischio che, forse, non possono essere del tutto eliminati. Previsti e prevenuti sì però.

Per questo le procedure di funzionamento di una metropolitana devono essere estremamente rigorose così come la guida degli autobus che percorrono le strade. L’incidente è, quindi, casuale per definizione. Tuttavia, deve essere previsto.

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Nel mondo del trasporto collettivo siamo abituati a sentir una sola voce, quella dei sindacati. Al centro ci sono sempre le rivendicazioni dei lavoratori e la parola magica “diritto” è un passepartout che giustifica tutto.

Spesso si chiama diritto il semplice interesse dei singoli ad ottenere condizioni di lavoro più favorevoli. Di diritti degli utenti o dei doveri non si parla. Ovviamente non si possono dimenticare i manager e i vertici; di solito, sostenuti da qualche padrino politico). Questi non rivendicano e non parlano di diritti, semplicemente hanno molti modi per tagliare la fetta della torta che più conviene a loro e tutto viene coperto con la massima discrezione.

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Se questo è vero a livello nazionale nel caso romano si aggiunge la tradizione di malgoverno delle aziende dei servizi. Ebbene ciò che è accaduto nella stazione Termini della metro B non stupisce chi utilizza i mezzi pubblici nella Capitale.

I macchinisti della metropolitana che un paio d’anni fa attuarono uno sciopero bianco di un mese contro l’obbligo di timbrare il cartellino sono visibilissimi nelle cabine di guida mentre parlano al telefono o chiacchierano con altre persone che non dovrebbero esserci. I loro colleghi che guidano i bus sono stati fotografati e filmati tante volte mentre conducono mezzi pieni di gente e armeggiano con cellulari e tablet. Che qualcuno mangi in cabina appare, quindi, assolutamente plausibile.

Dovremmo prendere atto che, ormai, nel campo dei trasporti pubblici la vera controparte delle lotte sindacali è costituita dagli utenti dei servizi; gli unici che subiscono i disagi degli scioperi o della trascuratezza con la quale il servizio è svolto.

Dovremmo anche prendere atto che la moltiplicazione delle sigle sindacali con la conseguente possibilità di proclamare scioperi di gruppi limitati di lavoratori che, però, hanno l’effetto di paralizzare il servizio ha reso obsoleta la normativa che disciplina lo sciopero nel trasporto pubblico.

Cosa bisogna fare? Cambiare strada rendendo più difficile proclamare uno sciopero, pretendendo prima l’elenco delle adesioni in modo da poter organizzare i servizi alternativi ed eventualmente chiedendo un voto dei lavoratori a favore dello sciopero prima della sua proclamazione.

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Cambiare strada anche quando non si sciopera. Per esempio il macchinista che non si è accorto della donna rimasta incastrata se veramente stava mangiando in cabina mentre conduceva dovrebbe essere licenziato.

Nel trasporto pubblico romano che fa capo ad Atac si è creato un tale intreccio di interessi e di collusioni che difficilmente potranno essere contrastati fino a che rimane la proprietà pubblica dell’azienda monopolista del servizio.

Il cambiamento vero si potrà avere mettendo sul mercato l’appalto del servizio; facendo del Comune un mero regolatore e committente. Togliendogli quindi la possibilità di mettere le mani nella gestione dell’azienda.

Gli unici che hanno avuto il coraggio di prendere un’iniziativa che tagli l’intreccio politico affaristico intorno al trasporto pubblico romano sono stati i Radicali che hanno promosso un referendum perché sia messo a gara il servizio (http://mobilitiamoroma.it/).

La raccolta delle firme è in corso e ci sono sicuramente milioni di romani interessati a che le cose cambino. Non saranno interessati i dipendenti di Atac probabilmente. Ma ormai è tempo che i cittadini si ribellino anche a loro.